Pagine

mercoledì 21 luglio 2010

Recensione: Appleseed (2004)

APPLESEED
Titolo originale: Appleseed
Regia: Shinji Aramaki
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Masamune Shirow)
Sceneggiatura: Haruka Handa, Tsutomu Kamishiro
Character Design: Masaki Yamada
Mechanical Design: Takeshi Takakura
Musiche: Boom Boom Satellites
Studio: Digital Frontier
Formato: film cinematografico (durata 107 min. circa)
Anni di uscita: 2004
Disponibilità: edizione italiana in DVD a cura di Panini Video


Vagabondi in un mondo devastato dall’ennesimo conflitto mondiale, l’agguerrita Deunan e il cyborg Briareos vengono tratti in salvo dalle forze armate di Olympus, città ipertecnologica dove uomini e organismi artificiali convivono inseguendo il sogno di una pace utopica sotto il controllo della potentissima I.A. Gaia. In realtà, c’è un motivo se Deunan è giunta a Olympus, un perché nascosto nel suo passato, una serie di avvenimenti che potrebbero dare spiegazione ai misteriosi attacchi terroristici che minano la stabilità chimerica della città. Perché l’esercito umano odia così tanto i robot? E qual è il vero scopo dei saggi che dialogano con Gaia?

Ci avevano già provato nel 1988, ottenendo un’omonima opera scarsa e tutt’altro che convincente, ma Appleseed, tra i capolavori del mangaka Masamune Shirow, con la sua densa, intricata messinscena cyberpunk ha continuato a stuzzicare l’industria anime fino a quando, nel 2004, esce questo nuovo lungometraggio, realizzato stavolta in cel-shading. Poco ci voleva per superare qualitativamente l’OVA prodotto da Bandai quasi vent’anni prima, del resto trama e personaggi erano pallida ispirazione alla sconcertante mole di elementi che compongono il fumetto, e Shinji Aramaki, pur non riuscendoci, perlomeno tenta la carta di una costruzione narrativa altrettanto complessa, lavorando su una storia che si scosta per buona parte dall’opera originaria ma che ne conserva protagonisti, intuizioni, atmosfere.

L’impatto visivo è devastante. La commistione tra CG e disegni, con questi ultimi che ricoprono i modelli poligonali come vestiti, è impressionante, e le animazioni strappano diottrie secondo dopo secondo. La lunghissima sparatoria iniziale toglie il fiato, così come la spaventosa battaglia finale, e di altissimo livello è ogni singolo fotogramma della pellicola. Siamo di fronte, pur con ormai sei anni sul groppone, a una tra le più sbalorditive realizzazioni grafiche mai sfornate dal Giappone. Tutto ciò non è comunque sufficiente se il meccanismo narrativo si inceppa dopo pochi minuti, lasciando largo spazio a confusione e toppe sgangherate per contenere le falle. Chi si è avventurato nel manga, e in generale conosce l’operato di Shirow, ha ben presente la difficoltà di lettura, dovuta a scelte narrative che necessitano di attentissimi processi mentali per poter decifrare tonnellate e tonnellate di avvenimenti descritti con terminologia esageratamente tecnica. Shinji Aramaki tenta così di replicare lo spirito contorto dell’opera originaria, gettando nel calderone elementi su elementi, molti dei quali poco più che cliché, atti a contestualizzare la storia con un background fantascientifico credibile e adeguato, ma non è poi in grado di tenere a bada la bestia che ha generato.


Si potrebbe riassumere dicendo che questo Appleseed è un lunghissimo, lunghissimo spiegone, altri modi infatti Aramaki non ha trovato per dare chiarimento delle questioni sollevate. Non c’è una costruzione progressiva di eventi, non c’è un crescendo adeguato, semplicemente, di fronte agli snodi centrali di questo pachiderma cibernetico, i personaggi si lasciano andare a irritanti monologhi che spiegano freddamente i segmenti più importanti della trama. È come se, ogni quindici minuti di domande confusionarie e misteriose, intervenisse il regista stesso dicendo: «Non fate quelle facce, mettete in pausa che ora vi spiego io cos’è successo». Non si fa così, non c’è immedesimazione, l’opera perde di realismo, e il morale fatica a risollevarsi nonostante gli splendidi, davvero splendidi momenti action, capaci di sciogliere gli occhi grazie a tanta meraviglia visiva, nonché unici, effettivi motivi per vedere, e probabilmente rivedere, tanto è lo sfarzo grafico, l’Appleseed di Shinji Aramaki. Colonna sonora assolutamente da dimenticare, un fastidioso insieme di terribili, banalissimi brani elettronici, e inascoltabile, come tradizione vuole, il doppiaggio italiano, una serie di voci piatte e incolori che raggiunge esilaranti, ahimè ridicoli vertici con il personaggio di Hitomi.

Voto: 6 su 10

SEQUEL
Appleseed: Ex Machina (2007; film)

Nessun commento:

Posta un commento