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mercoledì 6 ottobre 2010

Recensione: Millennium Actress

MILLENIUM ACTRESS
Titolo originale: Sennen Joyū
Regia: Satoshi Kon
Soggetto: Satoshi Kon
Sceneggiatura: Satoshi Kon, Sadayuki Murai
Character Design: Satoshi Kon, Takeshi Honda
Musiche: Susumu Hirasawa
Studio: Mad House
Formato: film cinematografico (durata 87 min. circa)
Anno di uscita: 2001
Disponibilità: edizione italiana in dvd a cura di Passworld

 
La ristrutturazione di alcuni studios televisivi, da parte del presidente Gen'ya Tachibana, porta alla scoperta di una misteriosa chiave appartenuta all'attrice Chiyoko Fujiwara, da decenni ritiratisi a vita privata. Da sempre infatuato di Chiyoko, Gen'ya decide di sfruttare l'occasione per girare un documentario su di lei, organizzando un'intervista-fiume. Il film si risolve con lei, ormai 74enne, che racconta l'incredibile storia della sua vita, in cui realtà e fantasia si intrecciano: quella chiave è legata alla sua giovinezza, quando da bambina decise di fare l'attrice per inseguire un tormentato sogno d'amore con un ribelle antigovernativo...

Al suo solo secondo lavoro da regista Satoshi Kon realizza certamente, con Millennium Actress, il film più rappresentativo della carriera e della sua poetica, una storia dove dare libero sfogo al suo estro visionario nell'intrecciare realtà, tempo e spazio in sequenze visionarie che sono una gioia per gli occhi. L'idea del racconto dell'anziana attrice è il pretesto per un affettuoso tuffo nel mondo del cinema, dove la giovinezza di Chiyoko è vissuta attraverso tutti i set cinematografici nei quali ha lavorato. Se il lungo racconto ha inizio negli anni 30, quelli dell'imperialismo giapponese dove lei è ancora una ragazzina, successivamente, nel suo prosieguo - quando cioè si sposta a Taiwan per inseguire il suo sogno lavorativo - le ambientazioni vengono calate nell'epoca feudale Meiji, focus del suo primo film, per poi abbracciare visioni da noir, science fiction e così via, in un intrigante seguirsi di visioni celebrative della sua carriera. Un resoconto che spazia tra più epoche, in cui realtà e immaginazione si fondono frammentando passato e presente in un originale gioco di specchi. Intrigante, sopratutto visto che in questi flashback "a tema" non solo Chiyoko, ma anche Gen' ya e il suo aiutante cameramen appaiono e interagiscono, segno che nel presente stanno vivendo l'intenso racconto dell'anziana attrice. Quello che però rappresenta la vera anima di Millennium Actress, più della visionarietà, più delle straordinarie immagini, più della commovente colonna sonora elettronica di Susumu Hirasawa, più dell'inedito sguardo moderno con cui il Giappone odierno rivede il periodo Shōwa, è la delicatezza del suo messaggio. Non è solo la storia di Chiyoko, è la storia dell'Amore visto nella sua sfaccettatura più insolita, quello del sentimento amato in quanto tale. La donna insegue per tutta la vita il suo amato anche quando ha ormai capito che non avrà più alcuna speranza di poterlo abbracciare. La sua è una vita dedicata all'inseguimento di un sogno, e sarà proprio la chiave ad aprire i ricordi del suo cuore facendola arrivare a tale scoperta.


Millennium Actress è film che parla di amore e si fa amare, uno di quei lavori d'autore per cui è facile spiegarsi perché il cinema è arte. Commovente nei suoi messaggi, commovente negli spunti di riflessione di cui è costellato (la vecchiaia, la gioventù, ma anche il ritratto storico di più epoche), commovente nel design elegantissimo e curato in fondali e personaggi, con il chara design di Kon e Takeshi Honda che scolpisce visi, rigorosamente orientaleggianti, di estrema bellezza e umanità. La sensazione interiore che evoca il film è di tranquillità e pace assoluta, una serenità dell'animo che dà ottimismo e mette in pace con se stessi e con il mondo, le qualità più importanti di un autore che, come Kon, fino alla fine ha amato la vita: nonostante i dolori che dà, è bella per chi sa accettarne la durezza e le eventuali ingiustizie come quella che distrugge l'amore di Chiyoko. Anche se è difficile essere completamente d'accordo con una simile visione, non si può non invidiare chi come Kon ha detto, pensato e ribadito questo credendoci fino alla fine, morendo anch'esso in modo ingiusto a un'età così giovane.

Un film, Millennium Actress, di una bellezza tale da annichilire le piccolezze di sceneggiatura, come le difficoltà che talvolta si provano a seguire il dramma di Chiyoko attraverso le mille ambientazioni storiche e i continui siparietti umoristici, talvolta stucchevoli, di Gen' ya e del suo cameramen. Ma rimangono giusto quisquilie. Non è forse il capolavoro del regista ma poco ci manca, e trasuda ugualmente umanità e poesia come nelle sue opere migliori, senza contare le animazioni Mad House che, coerentemente con le ambizioni della pellicola, sono come di consueto di magnifica fludità e realismo. Al punto che rinunciare a una visione simile sarebbe davvero triste, per qualsiasi appassionato di cinema. Lavoro che giustamente ha meritato il suo successo di pubblico e sopratutto di critica, vincendo svariati premi tra cui quello di miglior film d'animazione al Fantasia Film Festival di Montreal (secondo riconoscimento dopo quello di Perfect Blue) e il rinomato Ofuji Award al Mainichi Film Awards.


Uscito in Italia grazie a Passoworld, con un colpevole ritardo di sette anni rispetto al Paese d'origine. Può almeno usufruire di un adattamento perfetto e di un gran lavoro di doppiaggio, una localizzazione una volta tanto di elevato livello che non fa perdere di un'unghia in pathos la forza espressiva del racconto.

Voto: 8 su 10

4 commenti:

  1. http://www.animefan.it6 ottobre 2010 alle ore 17:31

    Secondo me è il miglior film di Kon. Il più maturo, originale ed introspettivo.

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  2. Anche per me è il migliore. Sicuramente quello che mi ha colpito di più. Non sono riuscito ad apprezzare appieno gli ultimi lavori. Vedrò il film che deve uscire postumo. Un saluto

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  3. L'unico film di Kon che mi manca, devo colmare la lacuna il prima possibile. E poi fiondarmi su Paranoia Agent.

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  4. Un 9 poteva tranquillamente starci, è il film che racchiude la poetica di Satoshi Kon alla perfezione.
    E' il suo film più interessante, introspettivo ed intrigante.
    Certo non è semplicissimo da seguire, ma a più visioni...

    Kon con una sceneggiatura in apparenza semplice e scarna ( una vecchia attrice che racconta il suo passato), grazie a scelte di regia ben orchestrate, riesce ad esplorare il legame tra sogno e realtà. Il miglior film di kon.

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