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lunedì 16 gennaio 2012

Recensione: Black Magic M66

BLACK MAGIC M66
Titolo originale: Black Magic M66
Regia: Masamune Shirow, Hiroyuki Kitakubo
Soggetto & sceneggiatura: Masamune Shirow (basato sul suo fumetto originale)
Character Design: Hiroyuki Kitakubo
Musiche: Kenyo Katayanagi
Studio: MOVIC
Formato: OVA (durata 48 min. circa)
Anno di uscita: 1987


A causa della caduta accidentale dell’elicottero che li trasportava, due modelli di M-66, potentissimi cyborg guerrieri dalle fattezze femminili, vagano senza meta in un bosco, privi di controllo, distruggendo qualsiasi cosa capiti loro a tiro. Mentre l’esercito cerca di rimediare, prima che gli M-66 raggiungano la città e trovino Ferris, figlia dello scienziato che li ha costruiti e unico obiettivo su cui sembrano misteriosamente sintonizzarsi i loro cervelli sintetici, Sybel, una giornalista freelance, intercetta una trasmissione radio e subito si getta sul luogo del misfatto: diventerà involontariamente l’unica in grado di risolvere la situazione.


L’esordio di Masamune Shirow è ben lontano dalla tortuosità fantascientifica per la quale si farà apprezzare in seguito, con Appleseed e Ghost in the Shell, ma anche in Black Magic, targato 1983, si riscontrano alcuni dei suoi tocchi tipici, dalla preferenza femminile per i suoi personaggi al design dei cyborg, passando ovviamente per il suo famosissimo tratto, già allora espressivo e caratteristico. Black Magic non è però soltanto il primo passo di Shirow nell’universo manga, nel 1987 gli viene infatti offerta l’opportunità di dirigerne una trasposizione animata per un OVA di 45 minuti, in compagnia di Hiroyuki Kitakubo (successivamente alla regia, nel 1991, nel 1995 e nel 2000, di Roujin Z, Golden Boy e Blood: The Last Vampire). Ne nasce un prodotto interessante, scaltro e avvincente, un progetto simpatico e perfetto per la sua durata.

Essenzialmente Black Magic M66 è un OVA d’azione, non ci sono pause nei suoi tre quarti d’ora e il ritmo è ben mantenuto anche da una trama che, per quanto esile (in fondo non vedremo altro che Sybel e Ferris fuggire dagli M-66 prima di affrontarli nello scontro finale), offre un buon meccanismo adrenalinico, ben scritto nel suo dipanarsi di eventi e nella gestione dei personaggi, sicuramente soddisfacente per il pubblico a cui è destinato. La supremazia delle due M66, dotate di ingannevoli linee femminili che non mascherano affatto la loro violentissima perizia nell’uccidere chiunque, è totale, l’esercito non può nulla di fronte alla furia cibernetica di questi nuovi ritrovati tecnologici ed è infatti è una gustosa carneficina, ricca di morti coreografiche e un abbondante spargimento di sangue, lo scenario in cui si muove Sybel, simpatica eroina che garantisce un eccellente tocco ironico alla pellicola sin dalla sua prima apparizione (quando, appena uscita dalla doccia e ancora nuda, capta il segnale radio dell’incidente dell’elicottero ed esce di casa di corsa senza neanche vestirsi). La sua divertente parlantina e l’impavido coraggio dimostrato anche nei momenti più terribili ne fanno un personaggio adorabile e solare, alla quale Motoko Kusanagi, protagonista di Ghost in the Shell, pare contrapporsi proprio per la sua meccanica serietà. È ottima, infatti, l’accoppiata formata con l’impulsiva Ferris: le due diventano protagoniste di una fuga rocambolesca e convincente, mentre attorno a loro crolla letteralmente tutto sotto le mitragliate dei cyborg.


Il resto è composto da una manciata di figure di contorno (il collega di Sybel, il professor Matthews, il “Maggiore”), che garantiscono una cornice più o mena macchiettistica alla vicenda, colorandola ironicamente e spezzando quando necessario, per permettere un po’ di respiro, l’altissimo ritmo degli eventi. Le animazioni sono buone, i disegni sono sempre minuziosi, personali e altamente shirowiani, la regia si barcamena tra momenti ispirati e altri un po’ raffazzonati ma nel complesso funziona egregiamente. Black Magic M66: 45 minuti di puro, fracassone intrattenimento fantascientifico.

Voto: 7 su 10

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