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giovedì 16 agosto 2012

Recensione: Vampire Wars

VAMPIRE WARS
Titolo originale: Vampire Senzo
Regia: Kazuhisa Takenouchi
Soggetto: (basato sul romanzo originale di Kiyoshi Kasai)
Sceneggiatura: Hiroyuki Hoshiyama
Character Design: Hiroyuki Kitazume (originale), Hideki Hamasu
Musiche: Kazz Toyama
Studio: Toei Animation
Formato: OVA (durata 55 min. circa)
Anno di trasmissione: 1990


Un terrorista/mercenario freelance, Kousaburo Kuki, è ingaggiato dai servizi segreti francesi per proteggere una ragazza, Kiki, contesa dalla CIA e da una strana organizzazione che trama nell'ombra. Si troverà invischiato in un complotto dove sono di scena civiltà galattiche perdute, vampiri e altre cose brutte...

Arrivato anche qui in Italia in un qualche periodo troppo oscuro da ricordare, Vampire Wars è uno di quei titoli che già osservandone la copertina si capisce c'è qualcosa che non va. Uno di quegli OVA orrendi che, non fosse per l'apporto, tralaltro marginale, di una star dietro la sua realizzazione, mi sarei risparmiato anche con una certa felicità.

Se già dalle premesse iniziali definire confusionaria la trama è farle un complimento, probabile sintesi o antipasto della lunga saga letteraria (undici volumi) dello scrittore Kiyoshi Kasai, è il come è sviluppata che rappresenta l'unico elemento veramente horror di Vampire Wars, decisamente una prova sciagurata da parte dello sceneggiatore Toei Hiroyuki Hoshiyama. A parte che fino alla fine sembra non avere alcun senso e ci si domanda, esterefatti, cosa voglia la CIA dalla ragazza, quello che impietrisce è il ritmo indiavolato con cui si sviluppa l'intreccio, liquidando ogni risvolto di trama in due minuti per poi volare direttamente all'altro rendendo quasi impossibile seguire la storia. Storia che mischia in modo geniale horror, spy-story, noir, dramma e la mitica civiltà perduta di Mu, a cui non manca neanche una scena di sesso, tralaltro accennata e neanche mostrata, slegata dal contesto ma che fa tanto hard-boiled. Script di ridicolaggine pura, ma almeno il trash non manca e ci si può divertire: il protagonista è una sorta di Sylvester Stallone nipponico che nell'apice della storia si butta giù da un elicottero mitragliando in volo i cattivi, protegge una ragazza dall'età di sua figlia che di punto in bianco scopre di amarlo da morire (e lui ricambia) e ci sono pure vampiri biondi che sparano col bazooka e poi spariscono per non apparire mai più. Momenti di genuina ilarità che almeno danno il respiro evitando di non annoiarsi troppo. Il finale è in sospeso, ma visto che non si capisce nulla fino a quel momento conta poco.


Chara design, invece, tra i più francamente orribili possa capitare di vedere: il design dei personaggi è a opera del veterano Hiroyuki Kitazume, il cui solo nome per più di qualcuno potrebbe essere l'unico stimolo alla visione, ma nell'adattarlo in animazione è lo sfigato Hideki Hamasu e la differenza si sente fin troppo. Pur rispettando il design di Kitazume Hamasu toppa clamorosamente proprio i volti che rappresentano il punto di forza dell'artista, rendendoli antiestetici al massimo con orribili, inguardabili grugni. Uno strazio e forse il peggior adattamento animato mai visto a delle bozze di chara design, col risultato di distruggere quello che poteva essere l'unico punto di forza della produzione. Animazioni funzionali (almeno questo), ma colorazioni e aspetto estetico terribilmente blandi e senza motivo d'interesse. Dialoghi pessimi. Recensione forse anche troppo lunga per simile robaccia, se non s'è capito sconsigliato a tutti fuorché agli amanti del trash.

Voto: 4 su 10

3 commenti:

  1. Quell'immagine l'ho già vista, penso sia stato distribuito da Yamato video, quando verso la fine degli anni '90 importava OAV di serie Z

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  2. Abbiamo allora trovato l'artefice di questa sciagura :D

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  3. Un'attimo, ho detto "penso sia" e non "è sicuramente". Purtroppo non ho trovato prove per togliere ogni dubbio, nemmeno facendo una ricerca nelle vecchie riviste come lodoss o animania. Può anche essere stata la Polygram video, che qualcosa della manga video distribuì ma per poco.

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