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lunedì 17 dicembre 2012

Recensione: Round Vernian Vifam

ROUND VERNIAN VIFAM
Titolo originale: Ginga Hyōryū Vifam
Regia: Takeyuki Kanda
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino (basato sul romanzo originale di Jules Verne)
Sceneggiatura: Hiroyuki Hoshiyama, Takeyuki Kanda, Tsunehisa Ito, Yasushi Hirano
Character Design: Toyoo Ashida
Mechanical Design: Kunio Okawara
Musiche: Toshiyuki Watanabe
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 46 episodi (durata ep. 25 min. circa)
Anni di trasmissione: 1983 - 1984


Siamo in un vicino futuro, in cui la colonizzazione terrestre ha traghettato buona parte dell'umanità verso pianeti orbitanti in nuovi sistemi stellari. Nell'anno 2058 scoppia una guerra tra la Federazione Terrestre e i misteriosi alieni Astrogator, conflitto che coinvolge anche il pianeta Creado dove risiedono i fratelli Roddy e Fred. Costretti a evacuare la zona di guerra, loro e altri nove ragazzini finiscono, per vie traverse, col perdere di vista i genitori e, insieme a due archeologi, a trovare rifugio dentro una gigantesca astronave abbandonata da quelle parti, la Janus. Iniziando così a prendere dimestichezza coi comandi e con le armi del vascello in vista della difesa contro gli Astrogator, i piccoli decidono di solcare lo spazio per ritrovare i loro parenti, catturati dai nemici. Ce la faranno? E cosa rappresenta il misterioso, imponente monolite nero ritrovato su Creado e da loro ora custodito?

Succede che, ai tempi della stesura del soggetto di Mobile Suit Gundam (1979), tra le idee papabili di Yoshiyuki Tomino c'è quella di realizzare in esso una versione fantascientifica del romanzo Due anni di vancanze (1888) di Jules Verne cambiandone lo scenario, da un'isoletta sperduta dell'Oceano Pacifico allo spazio siderale. Cosa succederebbe se un gruppo di bambini di età variabile dai 4 ai 14 anni si ritrovasse dentro un'astronave a vagare nel cosmo, sperduto e privo di adulti intorno? E se fosse pure costretto ad autogovernarsi per sperare di sopravvivere? Alla fine dell'idea non se ne fa nulla e la serie del Mobile Suit bianco esce fuori come sappiamo (con le influenze di Fanteria dello spazio), ma qualcosa cambia pochi anni dopo. Forse per una cosa, forse per un'altra (magari la trasposizione filmica dello scritto di Verne, realizzata nel 1982 da Toei Animation e diretta da Masayuki Akihi, potrebbe aver accresciuto la popolarità di quella storia in Giappone), nel 1983 il progetto viene riesumato da Sunrise, che vi aggiunge l'immancabile contorno di robottoni e lo trasforma nella serie televisiva Round Vernian Vifam. Il soggetto rimane accreditato a Tomino ma il regista di suo mette giusto il nome nel copyright, visto che lo sviluppo della storia è totalmente affidato alla direzione di Takeyuki Kanda1. Nonostante il suo valore intrinseco, la popolarità che ottenne2 (a dispetto di uno share tutt'altro che esaltante, del 5.03%3) e il vanto di essere stato, senza dubbio, il più importante antenato dell'acclamato Infinite Ryvius (1999) di Goro Taniguchi, Vifam è tutt'ora inconcepibilmente poco conosciuto dal fandom mondiale di appassionati di animazione: un fato davvero ingiusto per una serie per molti aspettivi avveniristica e riuscita pur con i suoi difetti.

È un robotico davvero anomalo quello di cui si parla, dove spesso le schermaglie tra mecha sono del tutto soppresse per focalizzare l'attenzione sul cast, uno dei primi esponenti del genere (insieme a Baldios il guerriero dello spazio del 1980, a opera di Production Reed) a non prevedere automaticamente una battaglia a ogni episodio. I piccoli protagonisti, plasmati sulle caratterizzazioni e sui rapporti familiari/interpersonali di Jules Verne, sono, una volta tanto, trattati come tali: nell'astronave super-tecnologica in cui trovano rifugio, quasi del tutto privi di guide di riferimento adulte, sono realisticamente spaesati e terrorizzati, persi in sé stessi vista la loro estraneità alla navigazione spaziale e alle attrezzature militari, tanto che dovranno svolgere un lungo addestramento e fare esperienza prima di potersi difendere efficacemente dagli attacchi nemici o viaggiare nello spazio. Faranno così terribilmente fatica a eliminare i primi avversari, a non perdere l'equilibrio guidando gli ingombranti, sensibilissimi robot Vernian, o anche solo a non lasciarsi andare allo sconforto nella loro solitaria ricerca dei propri genitori, finiti chissà dove o addirittura morti. La morte più di una volta fa capolino nelle loro vite, portando via dei cari e fungendo da spauracchio per costringerli a diventare adulti prima del tempo. Quello di Vifam è un nuovo, originale approccio di ricerca al realismo nel genere (almeno nei limiti concepibili dell'epoca), tanto che prima che il protagonista Roddy e i suoi amici riescano ufficialmente a pilotare bene le loro unità e a imparare a navigare, bisogna attendere una ventina di episodi, quasi mezza serie. Questo purtroppo non riscatta le ingenuità che minano le ambiziose fondamenta della storia: a volte stupidaggini facilmente perdonabili visti gli anni di cui si parla, talvolta gravissimi svarioni che ne compromettono irrimediabilmente la credibilità.


Si possono accettare dei bambini che dopo un addestramento guidano nello spazio un'astronave o pilotano enormi robot diventandone degli assi (del resto, se non si facessero passare queste cose, non ci sarebbe scampo neanche per Gundam ed epigoni vari), ma è difficile reprimere l'incredulità in quei pochi - eppure terribili - sviluppi della storia che mandano a donnine tutto, impossibili da anticipare ma davvero troppo eclatanti per non accorgersene o soprassedere; così come sono difficili da mandare giù intermezzi esageratamente rilassati e festaioli che accolgono i piccoli protagonisti nel loro viaggio (inconcepibili vista la loro età e la loro condizione psicologica), battaglie dove si lasciano andare a spacconerie invece di tremare di paura, o dialoghi e reazioni psicologiche talvolta molto poco plausibili. Vifam presenta tante, piccole stonature, di cui un paio fortissime, che, sommate, mandano all'aria in modo brutale il realismo ostentato fin dal primo episodio, rovinando il soggetto avveniristico di un gruppo di bambini da soli in mezzo a un campo di battaglia. Allo stesso modo anche l'intreccio, nonostante un ottimo ritmo complessivo e la sua splendida imprevedibilità (fino all'ultimo episodio lo spettatore non ha la minima idea del dove andrà a parare la storia, o che conclusione troverà), culminanti in un finale coraggioso e commovente, dissipa per strada diversi spunti notevoli. Si può pensare al mistero dietro al monolite alieno - fisicamente identico a quello di 2001: Odissea nello spazio (1968) -  custodito dentro a Janus che si risolve in una bolla di sapone (sembra importantissimo ma il suo scopo ultimo, al momento debito, è liquidato brevemente e senza ripercussioni), o stesso discorso per l'antagonista Shido Mueller che appare a storia inoltrata (solito clone di Char Aznable che vorrebbe, con il suo sangue misto alieno-terrestre e la sua caratterizzazione ambigua, rappresentare per i bambini una prova dell'umanità dei "cattivi" e delle sfumature degli esseri viventi, ma sembra che gli sceneggiatori non sappiano come gestirlo e alla fine il suo contributo alla trama diventa irrilevante).

Davvero un rammarico queste deficienze narrative, perché Vifam, nonostante i difetti, è una di quelle serie animate fatte davvero col cuore. Dopo un primo approccio al cast abbastanza tremendo (data la natura bambinesca dei giovanissimi che governano la Janus), si inizia gradualmente a prendere confidenza con loro, fino ad affezionarsi tantissimo alla ragazzina timida e insicura, a quella più matura che funge da madre ai più piccoli, al leader del gruppo pieno di ansie e fisime, agli spacconi, alla riservata... Ognuno di loro gode di una personalità estremamente realistica e approfondita, che tiene conto anche del background familiare. Esemplare, ad esempio, la commovente figura della petulante, insopportabile Sharon, che si comporta sempre nel modo più immaturo facendo scherzi crudeli senza riflettere sulle conseguenze, eredità della perdita del padre e della mancanza di attenzione da parte della madre (danzatrice in chissà che tipo di locali); o dello scavezzacollo Barts, biker che annega nella spensieratezza l'esistenza della matrigna, incapace com'è di dimenticare la vera madre defunta; o anche della tenera, gentile e sfortunata Kachua, tragicamente orfana dei genitori persi durante la guerra, che, appresa una sconvolgente verità sulla sua nascita, non sa più cosa vuole dalla vita ed è sospesa tra il tornare sulla Terra insieme agli amici o accettare un destino diverso. Vifam propone uno splendido ritratto di persone che bucano lo schermo coi loro problemi, le reazioni interpersonali e le splendide personalità, contribuendo a suscitare una forte, spesso fortissima empatia. Si parla davvero di una serie retta UNICAMENTE sul fascino dei suoi attori: merito anche del doppiaggio originale giapponese, davvero sentito e di gran livello sia nei momenti tragici che ilari, e anche della soundtrack di Toshiyuki Watanabe, sui generis ma che trova inaspettata forza in un unico, memorabile brano strumentale, così intenso e struggente da dare i brividi nelle (rare) occasioni in cui è utilizzato.

Animazioni come da standard Sunrise di quegli anni, eccellenti, accompagnano un chara design di Toyoo Ashida molto moderno - tanto che la serie sembra provenire dagli anni '90 - ma anche terribilmente infantile nelle fattezze, tale da far rimpiangere l'assenza di un artista di peso maggiore o dallo stile più affine ai temi dell'opera. Sullo stesso livello infantile viaggia anche il mecha design del veterano Kunio Okawara, poco accattivante con questi robot tondeggianti che sembrano portare in testa un capello da baseball. Terribilmente brutte, infine, opening e ending, la prima delle quali cantata interamente in inglese, forse tra le peggiori mai sentite in ambito di produzioni robotiche. Nonostante i pregi e i difetti, Vifam è una di quelle serie che si sanno fare amare anche a prescindere da falle narrative o potenziale mal sfruttato (a un certo punto si ha il coraggio anche di parlare di primi turbamenti sessuali - il rapporto tra Roddy e la bella archeologa Kate - e pubertà, ma la cosa è quasi subito abbandonata e non più ripresa). Un cast estremamente caratterizzato, se davvero è memorabile, basta e avanza a dare dignità all'opera, e Vifam, coi suoi momenti commoventi e divertenti ben dosati e personaggi a cui volere bene, anche se non riesce a farsi prendere sul serio come vorrebbe, rimane una visione di qualità, degna di essere consigliata sia agli amanti di Tomino che agli spettatori occasionali.


Nota storica: proprio con quest'opera Sunrise inizia a seguire la nascente moda  degli OVA, inaugurando la particolare formula, per i suoi titoli televisivi più importanti, di rilasciare, poco tempo dopo la loro conclusione, due episodi home video che ne sintetizzano l'intreccio originale con il classico rimontaggio, e poi, in caso di vendite soddisfacenti, di farne uscire un terzo (o talvolta anche un quarto) che rappresenti un'aggiunta inedita a consistente alla storia, quasi un "premio" ai fan che sono stati disposti a spendere i loro soldi. Nel caso di Vifam, i due riassuntivi del 1984 consistono in A Letter from Kachua e Thirteen Meet Again, mentre quelli nuovi di zecca, entrambi classe '85, sono The 12 People Who Vanished (ottima side-story) e l'epilogo ufficiale "Memories of Kate" - A Tearful Recovery Plan!! (così brutto e dannoso, però, che sarebbe meglio evitare proprio di vederlo, facendo finta non sia mai esistito). Nel 1998, in occasione della morte del regista Takeyuki Kanda, per commemorarlo verrà creata una nuova produzione televisiva, Round Vernian Vifam 13, purtroppo a oggi irreperibile in idioma comprensibile, che, posizionandosi tra gli episodi 22 e 26, racconta una seconda storia collaterale di 26 episodi.

Voto: 7,5 su 10

SEQUEL
Round Vernian Vifam Part I: A Letter from Kachua (1984; OVA)
Round Vernian Vifam Part II: Thirteen Meet Again (1984; OVA)
Round Vernian Vifam: The 12 People Who Vanished (1985; OVA)
Round Vernian Vifam 13 (1998; TV)
Round Vernian Vifam: "Memories di Kate" - A Tearful Recovery Plan!! (1985; OVA)


FONTI
1 Questi retroscena provengono dalla wikipedia giapponese di "Round Vernian Vifam". La cosa me l'ha confermata anche Garion-Oh (Cristian Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit), dopo averla letta nel Roman Album di "Round Vernian Vifam". In alternativa, pag. 46 del report "Japanese Animation Guide: The History of Robot Anime", rilasciato nell'agosto 2013 dall'Agenzia di Affari Culturali giapponese (rimediabile parzialmente tradotto in inglese alla pagina web http://mediag.jp/project/project/robotanimation.html), e pag. 703 di "The Anime Encyclopedia: Revised & Expanded Edition" (Jonathan Clements & Helen McCarthy, Stone Bridge Press, 2012) confermano che Vifam è un remake sci-fi dello scritto di Verne
2 Guido Tavassi, "Storia dell'animazione giapponese", Tunuè, 2012, pag. 190
3 Sito internet (in giapponese), http://toro.2ch.net/test/read.cgi/shar/1336141685/

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