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lunedì 15 settembre 2014

Recensione: Space Dandy

SPACE DANDY
Titolo originale: Space Dandy
Regia: Shinichiro Watanabe
Soggetto: BONES
Sceneggiatura: Shinichiro Watanabe (ep.1-9), Dai Sato (ep.2-6-13), Kimiko Ueno (ep.3-4-7-10-12), Ichirou Ohkouchi (ep.5), Michio Mihara (ep.6), Keiko Nobumoto (ep.8), Toh Enjoe (ep.11)
Character Design: Yoshiyuki Ito
Mechanical Design: SATELIGHT (Thomas Romain)
Musiche: Space Dandy Band
Studio: BONES
Formato: serie televisiva di 13 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2014


Non sempre riunire grandi nomi porta a risultati soddisfacenti, è lecito aspettarselo da una semplice logica matematica ma non è raro che a enormi aspettative conseguano invece epocali macerie. In Wolf’s Rain (2003), titolo per me esemplare, l’accumulo di BIG non aveva aiutato una storia tragicamente vuota a dire qualcosa in più del nulla che aveva da offrire, e lo stesso sunto razionale a cui era giusto aggrapparsi lasciava intendere che Dai Sato e Keiko Nobumoto, dopo la bomba Cowboy Bebop (1998), non avessero chissà quale beneficio da trarre l’uno dall’altra per una nuova serie. In effetti la carriera solista li avvantaggia, uno crea il gran successo commerciale di Eureka Seven (2005) e l’altra, con Tokyo Godfathers (2003), sigla forse l’opera più dolce del compianto Satoshi Kon. Ma lo studio BONES non demorde, nel 2014 li accoppia nuovamente insieme ad altri sceneggiatori rinomati, mettendo alle redini del progetto proprio quel Shinichiro Watanabe che nel 1998, con le gesta di Spike Spiegel e della sua crew spaziale, si è creato un posto fondamentale nella storia dell’animazione.

Di certo non è un caso che ritornino anche ambientazioni, concetti e intenzioni, Space Dandy è un omaggio neanche tanto velato a Cowboy Bebop tanto nelle ambientazioni cosmiche quanto nella scoppiettante sequenza di avventure, nell’ironia brillante e nell’importanza musicale, addirittura il protagonista Dandy campa grossomodo facendo lo stesso mestiere di Spike, ma sarebbe ingiusto etichettare come banale autocompiacimento un’opera che in realtà è molto più potente della banale parodia che sembra promettere.

Prendiamo l’episodicità strutturale: l’avventura della settimana, con un inizio e una fine a sé stanti che niente danno all’orizzontalità di una trama che, a dirla tutta, in questa prima serie è del tutto assente, è elemento che dà valore aggiunto all’insieme per l’esaltazione, non solo comica, di quello che succede. Sembra impossibile che, a partire dalla quotidiana caccia a una qualche razza aliena con cui Dandy, avventuriero spaziale all’inseguimento di marziani sconosciuti, e i suoi due aiutanti, un gatto gigantesco e parlante di nome Meow e un robottino tuttofare chiamato QT, possa generarsi una vastità di soluzioni così maestosa da lasciare senza fiato, eppure ogni singolo episodio esplode di invenzioni visive e uditive, ogni avventura trasuda di una meraviglia così genuina e solare, così fuori di testa e imprevedibile che, in più di un’occasione, Dandy e soci trovano la morte alla fine della puntata (per poi tornare vivi e vegeti nella successiva) perché non sono semplicemente ipotizzabili escamotage ancora più estremi dei mostri o delle entità che devono affrontare.


Episodi incredibili come quello iniziale, in cui fronteggiano una sequenza di creature cannibali dalle dimensioni sempre più grandi tanto da non poter essere contenute in un pianeta, oppure quello in cui vecchi elettrodomestici si fondono per creare e nutrire una colossale entità antropomorfa, scoppiano di immagini e sensazioni giocando sì facile sulla semplicità del bigger is better ma gestendo alla perfezione il crescendo umoristico, che mai diventa totalizzante annullando quello che in fin dei conti è e rimane il punto focale di Space Dandy (impreziosito anche dalla matita di Yoshiyuki Ito, schizoide ma esemplare nel contenere le espressioni in deformità mai esagerate): il sense of wonder.

Pur con la mancanza di background che possa in qualche maniera localizzare e dare una qualche forma geografica ai luoghi visitati (non vale citare la fumosa e impalpabile guerra tra i due imperi, Gogol e Jaicro, che si contendono l’universo), ogni pianeta su cui Dandy mette piede e ogni specie aliena da cui deve scappare appaiono straordinariamente casuali nella totale libertà artistica con cui devastano lo schermo a suon di immagini pompate e sonorità strillate che vanno dal rock progressivo alla dance senza dimenticare un retrogusto videoludico a 8 bit che rimane costante in tutta la serie (rigoroso e perfettamente in tema con la serie che i crediti delle musiche siano dati alla misteriosa Space Dandy Band). Gemme come la puntata sulla corsa tra bolidi o il ramen proveniente da una dimensione incomprensibile sono puri stordimenti generati da un equilibrio perfetto tra narrazione e regia, che trova nel pimpante flusso di colori e in un pentagramma frenetico una ricchezza che in animazione non si vedeva, con la stessa forza dinamica, dai tempi di Gurren Lagann (2007) e, in generale, dalla migliore e ormai perduta GAINAX.

Tutto questo funziona così bene che anche nei momenti meno adrenalinici Space Dandy, date le false credenziali con cui può essere etichettato, può mostrare lati impensabili: introspezioni filosofiche e dai tempi dilatati come negli episodi della specie vegetale senziente e del pianeta-libreria, oppure profonda commozione come quando Dandy visita il pianeta natale di Meow e conosce la sua famiglia o quando QT si innamora di una caffettiera. Si tratta di scelte narrative diverse non solo dal punto di vista del distacco concettuale dalla comicità imperante (che comunque rimane proprio per mezzo di quello squisito bilanciamento), ma proprio per la profonda caratterialità che fuoriesce da personaggi che solitamente si prestano a esile ironia slapstick o deformed, mentre qui acquisiscono una personalità vera e tridimensionale, tanto che anche la spavalderia grezza e ignorante di un personaggio favolosamente stupido come Dandy guadagna un inaspettato spessore che fa schizzare il suo carisma a vette inarrivabili.


È a questo punto che si capisce come il grossolano umorismo tra il demenziale e l’ecchi – che spunta senza soluzione di continuità tra un ristorante come il Boobies (e con un nome così non credo serva descriverlo), il vano inseguimento che conduce il gorilla-scienziato Dr. Gel per catturare, per motivi ancora sconosciuti, Dandy, gli ovvi omaggi al robotico e ad altra fantascienza animata o gli interventi del narratore per spiegare buchi di trama o per dare indizi ai protagonisti –, possa risultare gradevole, distensivo e ben centellinato pur nella sua voluta bassezza proprio per l’ampiezza di registri che Watanabe e gli altri sceneggiatori sono riusciti a far convivere in un’opera strampalata e ridicola ma in grado di mostrare facce intelligenti e preziosamente nascoste di un’animazione che troppo, troppo spesso si accomoda su se stessa e pare non abbia voglia, o addirittura non le interessi, reinventarsi.    

Voto: 9 su 10

SEQUEL

9 commenti:

  1. Vero: ci ho rivisto molto Cowboy Bebop... se devo essere sincero la mia mente ha rievocato quel "Qualcosa" che caratterizza Lupin III. Non so perchè ad esser sincero.

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  2. Be', ora che mi ci fai pensare, sicuramente qualcosa lo richiama, l'ironia un po' scema e certi movimenti dei personaggi, perché no :)

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  3. Non mi piace fare valutazioni senza aver visionato completamente un'opera, ma, avendo visto il primo episodio (lo danno su popcorntv, ma non sono riuscito ad andar oltre), pur ipotizzando che nei successivi vi si trovasse il più grande anime della storia, solo per il primo episodio, mi permetto di dire che dare un 9 (9=(10-1), dove 10 è "l'anime che si dovrebbe vedere almeno una volta nella vita", o sbaglio?) ad un opera di questo tipo significa prendere letteralmente ad accettate opere che hanno avuto voti eguali se non inferiori a questo e che, permettetemi, non dovrebbero essere nemmeno nominate nella stessa frase assieme a questo Space Dandy.
    E non fatemi fare nomi, guardate i 10 che avete dato (a giusta ragione) e ditemi se, in tutta coscienza, questo Space Dandy valga solo "un po' meno" d'essi.

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  4. Non capisco mai i confronti, soprattutto poi quando ci sono queste cose di voti, ma davvero, sono così importanti i voti?, è solo un numero dopotutto.

    Ricorda poi che mica li guardiamo insieme, siamo io e Jacopo più Davide, ognuno fa i propri compiti a casa sua.

    A me sembra di aver spiegato bene perché la prima stagione di Space Dandy mi sia piaciuta MOLTO (già la seconda è MOLTO inferiore), il primo episodio per dirti è tipo uno dei miei preferiti.

    Tu potresti per esempio dirmi perché non ti è piaciuto, invece di parlare di voti.

    E per le opere nominate assieme, be', in effetti sì, è un po' vergognoso citare Wolf's Rain e mi dispiace.

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  5. Mi limito a confermare che i voti che diamo sono nostri personali, per nulla concordati insieme. Ognuno ha i suoi metri di giudizio. Eventuali rimostranze sul fatto che non si può dare X ad A avendo precedentemente dato X a B si possono fare solo nel caso di rece da parte dello stesso scrittore (basta guardare in fondo alla scheda chi l'ha scritta) :)

    Nel caso specifico, Space Dandy neanche l'ho visto.

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  6. Invece per me la prima serie di Dandy è discreta. Alterna pochi ottimi episodi ad altri sufficienti che non dicono nulla di fuori dal comune e girati normalmente. La seconda serie invece ha molti buoni - ottimi episodi e pochi più scarsi. Infatti è più tendente a sperimentare. Poi ha una fotografia di solito migliore, ad esempio l'ep 21 se ricordo bene è l'apice. Comunque nel complesso risulta una serie unica e coraggiosa, con un buon 90% degli episodi piacevoli da vedere. E' appena finita e già mi manca ;(

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  7. Vero, nella seconda sperimentano di più ma si è trattato soprattutto di un lavoro visivo, la costruzione narrativa perde molto smalto e le puntate si fanno sì più bizzarre esteticamente ma, boh, almeno per me molto più noiose e poco interessanti. Ce ne saranno un 4-5 sottotono, poi comunque si riprende e la doppietta finale è una bomba.

    Manca anche a me...

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  8. Sono all'episodio 15 e secondo il mio modesto parere è una delle opere filosofiche più grandi di sempre, può non dare questa idea perché mascherata da una certa infantilitá voluta che, sempre secondo me, rende quest'opera ancora più grande, sicuramente è più di nicchia rispetto a cowboy bebop o samurai champloo ma è decisamente all'altezza di quest'ultime

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