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lunedì 22 febbraio 2016

Recensione: Miracle Girl Limit-chan (Cybernella)

MIRACLE GIRL LIMIT-CHAN
Titolo originale: Miracle Shoujo Limit-chan
Regia: Takeshi Tamiya, Masayuki Akihi
Soggetto: Shinji Nagashima
Sceneggiatura: Masaki Tsuji, Shunichi Yukimuro
Character Design: Kazuo Komatsubara
Musiche: Shunsuke Kikuchi
Studio: Toei Animation
Formato: serie televisiva di 25 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anni di trasmissione: 1973 - 1974
 

Miracle Girl Limit-chan, la sesta, classica serie majokko della Toei Animation, di un ormai lontano anno 1973, offre storicamente più di un motivo di interesse. Il primo non può che essere, agli occhi di un pubblico buongustaio, la splendida veste grafica, a cura di un ritrovato Kazuo Komatsubara (anche direttore dell'animazione), che bissa lo splendido risultato del precedente DevilMan (1972) con un nuovo, bellissimo lavoro. Il secondo motivo, invece, è la natura prettamente originale di questa serie di maghette, tragica sin dalle premesse nonostante le sue atmosfere apparentemente allegre e spensierate.

Ritorno del genere alle trasmissioni del lunedì sera (dopo la parentesi di Marvelous Melmo, 1972, in Italia I bon bon magici di Lilly), per rimpiazzare all'ultimo Cutie Honey1 poco prima che cominciasse, dal momento che la sexy eroina nagaiana si era scoperta troppo audace e trasgressiva per la fascia delle 19:00, Limit-chan tratteggia una triste storia: morta in un incidente aereo, Satomi Nishiyama rivive, grazie all'amore del padre scienziato, dentro il corpo di un cyborg. La sua coscienza è intatta e la ragazzina gode ora di incredibili capacità (tra cui quelle di assumere qualsiasi fattezza adulta e correre alla velocità della luce), derivate principalmente da sette incredibili gadget, ma nulla è per sempre: avrà un ciclo vitale ridotto rispetto ai suoi coetanei, e per questo dovrà vivere il più intensamente possibile quello che rimane della sua esistenza. Un po' Tetsuwan Atom, un po' la classica maghetta (per i poteri e la mascotte che l'accompagna, un robottino dalle sembianze di panda, animale che, come sappiamo leggendo il commento a Panda! Go, Panda!, era particolarmente al centro dell'attenzione dei bambini in quegli anni) la graziosa Limit - il suo soprannome deriva dal terribile countdown - trascorre il tempo che le rimane tra i banchi di scuola e con la sua inseparabile amichetta Nobuko Osami, sempre pronta a correre in aiuto al prossimo o a scoprire la bellezza della vita.

Nato da un soggetto originale del mangaka Shinji Nagashima2, sotto indicazione della ditta Hiromi Productions che voleva una storia in cui la protagonista usasse sette strumenti miracolosi da trasformare poi in giocattoli da vendere3, Limit-chan, secondo le intenzioni originali del creatore (poi sfruttate nel manga realizzato successivamente), sarebbe dovuto essere ancora più cupo, in quanto la protagonista avrebbe dovuto avere a disposizione solo un anno di vita4. Nella versione animata, probabilmente per alleggerire le atmosfere, la data è spostata a un periodo indefinito e sconosciuto, ma la sostanza - e, soprattutto, la tragicità della cosa - non cambia: la serie, pur dalle finalità chiaramente educative e rivolte ai piccoli, riesce a essere stimolante e commovente. Le avventure quotidiane di Limit si riveleranno preziose: dotata di una maturità superiore a quella dei suoi compagni di scuola, potrà, grazie a questo, giudicare i loro comportamenti con maggiore lucidità, scoprendo le variegate sfaccettature che assume l'animo umano. Fondamentale a riguardo è la figura di Ryuta "Boss" Ichibashi, il bulletto della scuola grasso, strafottente e stupido, che crea guai, semina zizzania e fa il prepotente con i deboli, ma è umanissimo nei suoi comportamenti infantili e sa spesso rivelare, nel privato, anche lati nobili. Idem con patate la migliore amica, inseparabile ma con cui talvolta Limit litiga, spesso per stupide incomprensioni (ma realistiche nel contesto della loro giovane età). Il discorso si allarga a insegnanti, figlie di papà invidiose che vogliono primeggiare a scuola, parenti, etc., e vale in generale per buona parte del microcosmo di personaggi che orbita attorno all'eroina: Limit-chan è un majokko particolare, molto focalizzato sull'analisi comportamentale delle persone e sulla complessità delle dinamiche sociali e dei sentimenti; sono temi che servono proprio, secondo le finalità pedagogiche del prodotto, a far capire a Limit e ai giovani spettatori la complessità dell'essere umano, in modo che accettando questo si accetti di riflesso anche la vita, come fa la tragica eroina che sa bene che non vivrà a lungo e che per questo dovrà vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo, cogliendo quanto di buono possa esistere attorno a lei e non giudicando nulla in modo superficiale.


Questi intenti, spesso marcati dalle lacrime della ragazzina che piange per il fatto di non essere più un vero essere umano e di non poter invecchiare a lungo come i suoi amici, ben enunciano la serietà dell'opera rispetto alle altre del genere, forse spiegando anche perché il consueto corollario di poteri magici/scientifici non è in primo piano come ci si aspetterebbe, addirittura quasi mai al centro della narrazione. Sarà probabilmente per questo che la serie si chiude dopo soli 25 episodi (una sciocchezzuola per il tempo), denotando chiaramente un flop di ascolti o di vendita di merchandising, e questo è davvero un peccato considerando l'anima della serie e anche lo straordinario lavoro  grafico di Komatsubara, che come di consueto caratterizza il suo dolcissimo chara design in un modo assolutamente unico e delizioso, colorato, elegante ed espressivo, fondendolo benissimo con fondali caratterizzati a tratti (similarmente a Cutie Honey, ma in misura minore) da elementi geometrici e artistici. Alla bella Combattente dell'Amore in effetti Limit-chan deve sicuramente qualcosa, sia per la veste grafica che per l'idea in sé della majokko "cyborg" che usa poteri dati dalla scienza invece che dalla magia, e che può anch'essa trasformarsi cambiando abiti. Molto trascurabili, ahimè, le animazioni, appena funzionali e prive di alcuna fluidità, a testimonianza di un prodotto low budget che è stato tra i primi a sfruttare, per risparmiare ulteriormente su soldi e personale, anche un economico studio d'animazione sudcoreano (negli ultimi cinque episodi5), ma questo nulla toglie a una serie rivolta alle bambine che è oggi apprezzabile sia da loro che dagli adulti,  a patto che questi ultimi transigano su un registro di dialoghi e situazioni, per forza di cose, spesso molto infantile.

Nota: sembra, a leggere più fonti6, che in Italia la serie abbia riscosso, rispetto al Giappone, un enorme successo quando è stata trasmessa nel 1981 col titolo Cybernella. Purtroppo, di quell'adattamento e doppiaggio se ne può parlare solo male: a parte le solite imprecisioni nei dialoghi (che minimizzano, volutamente o meno, i riferimenti alla esigua esistenza che avrà la protagonista), a parte l'eroina che da Limit diventa "Cibernella" (sì, letto proprio così), bisogna parlare anche di voci italiane tremende e sovraccaricate, con spesso e volentieri interpreti maschili che prestano la voce a quelli femminili, con risultati pietosi. Purtroppo, ad oggi Limit-chan è disponibile alla visione solo in questo modo.

Voto: 7 su 10


FONTI
1 Wikipedia giapponese di "Miracle Girl Limit-chan"
2 Guido Tavassi, "Storia dell'animazione giapponese", Tunuè, 2012, pag. 109
3 Kappa Magazine n. 65, Star Comics, 1997, pag. 6
4 Jonathan Clements & Helen McCarthy, "The Anime Encyclopedia: Revised & Expanded Edition", Stone Bridge Press, 2012, pag. 367
5 Come sopra
6 Come sopra, confermato anche dalla Wikipedia inglese di "Miracle Girl Limit-chan"

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