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martedì 2 aprile 2013

Recensione: Mai Mai Miracle

MAI MAI MIRACLE
Titolo originale: Mai Mai Shinko to Sennen no Mahō
Regia: Sunao Katabuchi
Soggetto: (basato sul romanzo originale di Nobuko Takagi)
Sceneggiatura: Sunao Katabuchi
Character Design: Shigeto Tsuji
 Musiche: Shusei Murai, Minako Obata
Studio: Mad House
Formato: lungometraggio cinematografico (durata 93 min. circa)
Anno di uscita: 2009


Dieci anni dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel villaggio contadino di Hofu, la piccola Shinko stringe amicizia con Kiiko, una timida ragazzina appena trasferitasi da Tokyo. Tra piccole avventure quotidiane le due si divertono un mondo a far volare la fantasia, pensando a se stesse come sarebbero state centinaia d'anni prima durante il periodo feudale...

Il parere del Mistè

Tra atmosfere miyazakiane e svariati premi vinti come film d'animazione dell'anno, risulta difficile credere a quanto sia stato celebrato il lungometraggio del 2009 di Sunao Katabuchi, che vuole parlare di tutto e di più e invece quello che dice lo fa confusamente, con una noia e una freddezza raramente eguagliati in un lungometraggio cinematografico.

Ex collaboratore dello Studio Ghibli, da cui eredita il mood, i temi e lo stile grafico, Katabuchi porta in animazione il romanzo autobiografico della scrittrice Nobuko Takagi, riprendendo Pioggia di ricordi (1991) nella figura della borghese (in questo caso benestante) che trova felicità nell'incontaminato mondo contadino, e Il mio vicino Totoro (1988) nel racconto di formazione riguardante lei e l'amica Shinko, che iniziano a sviluppare le loro personalità e a scoprire il mondo rendendosi conto che non è tutto rose e fiori come sembra. È innegabile il fascino che esercitano tematiche come lo spiritualismo naturale delle comunità rurali, l'amicizia pura e disinteressata dei bambini che travalica classi sociali, il loro mondo sognante, i loro primi contatti con la morte e gli aspetti meno nobili del mondo adulto (come la yakuza), elementi che ben si prestano a tratteggiare riuscite parabole sulla vita, ma ci vuole padronanza dei mezzi nel riuscire a raccontare tutto senza disperdersi, capacità che il regista dimostra di non possedere.

Le due protagoniste Shinko e Kiiko, quelle con cui in teoria lo spettatore dovrebbe empatizzare, sono incolori fin da subito, rendendo vana ogni speranza di interessarsi alle loro vicende. Appiattite da dialoghi banali e reazioni psicologiche a volte credibili e a volte inconcepibili vista la loro età (come nel segmento finale di film, quando Shinko e il compagno di classe Tatsuyoshi vanno a...), raramente le due sono credibili nel loro ruolo, col risultato di penalizzare la loro "scoperta del mondo" che vorrebbe essere il contenuto principale del film. Non c'è un buon lavoro di sceneggiatura, che si disperde in sottotrame che nelle intenzioni del regista forse hanno un senso ma che in verità sembrano non c'entrare nulla (il matrimonio della professoressa, gli intermezzi visionari con cui le due amiche rivivono l'Era Heian), facendo mancare un filo unitario che dia almeno un senso all'evoluzione delle due. Grandi le ambizioni, svariate le intuizioni meritevoli, ma incapacità di mettere tutto insieme in modo riuscito: questo è il problema di Mai Mai Miracle, un lungometraggio tedioso nel suo non riuscire mai a coinvolgere.


Da notare, infine, come anche dal punto di vista della confezione il lungometraggio si presti a diverse critiche, tra un chara design troppo infantile e basico per essere piacevole, uno stacco notevole e antiestetico tra personaggi e (discreti) fondali per colpa di sagome troppo marcate, e animazioni che, sinceramente, pur non essendo propriamente mediocri possono al massimo essere degne di un film televisivo, non certo di uno cinematografico che dovrebbe godere di un budget più alto della media. Anche in queste caratteristiche Mai Mai Miracle esce a gambe rotte se paragonato ai Ghibli a cui fa il verso, ricordandosi solo come un film interessante nelle promesse ma senza arte né parte nel risultato finale, un grande "vorrei ma non riesco".

Voto: 5 su 10


Il parere del Corà

Che Sunao Katabuchi abbia lavorato con lo studio Ghibli appare evidente sin dai primi fotogrammi del suo ultimo lavoro - la coloratissima ricerca estetica e la bonaria atmosfera magica sono da sempre gli elementi-tipo ghibliani per creare sensibili storie di formazione -, e non c'è mezzo, in questo simpatico e scoppiettante Mai Mai Miracle, che non sia già stato ampiamente adoperato nelle lunghe carriere di Miyazaki e di Takahata. Ma pur trovandosi graficamente a distanze abissali, e partendo svantaggiato a causa degli input favolistici che lo rimandano inevitabilmente a big forse troppo grandi per giocare sul terreno da loro stessi creato, Katabuchi compie un piccolo miracolo di inventiva e gioia visiva che nemmeno le colossali mega produzioni a volte riescono a dare.

L'innocente meraviglia di Shinko è infatti ciò che il regista/sceneggiatore sfrutta per colorare la sua storia, ricorrendo a trucchi semplici ma di notevole, quasi commovente effetto, laddove i limiti di budget, nonostante la produzione Mad House, non possono arrivare: la fantasia inarrestabile della piccola protagonista è tale tanto nella caratterizzazione del personaggio quanto nella mera narrazione, e molto spesso la consueta animazione lascia spazio a tecniche fresche che di certo non si limitano soltanto a stimolare visivamente lo spettatore. Schizzi e disegni in bianco e nero che letteralmente trasformano in realtà i buffi pensieri della ragazzina, personaggi che esistono soltanto nella sua immaginazione per poi di colpo camminare accanto a lei, parentesi storiche che frullano concetti e significati per mostrare una vicenda sì semplice ma di spiccata profondità, dove l'amicizia sa sconfiggere ogni cosa, dai pregiudizi alle classi sociali, dall'odio al dolore. Ciò che più piace nel lavoro di Katabuti è proprio la sua capacità di mostrare senza dover per forza raccontare quanto succede, lasciando puro stupore in chi guarda per i continui, variopinti cambiamenti di ritmo all'interno di una narrazione contorta soltanto in apparenza proprio perché spontanea, vivace, priva di rallentamenti.


E' l'ottima sceneggiatura a permettere tutto questo, perché di fronte alla naturalezza con cui si seguono Shinko e Kiko nello loro (dis)avventure quotidiane, ricche di un'ironia dolce e malinconica, altrettanto semplicemente si accettano i bruschi interventi esterni che distruggono l'equilibrio solare e giocoso dell'opera, portando disagio e amarezza come in fondo succede nella realtà di tutti i giorni. La vera crescita delle due bambine è possibile solo grazie ai frammenti di tristezza che devono limitarsi a mandare giù o saper affrontare a testa alta, magari con quella virgola ironica capace di sdrammatizzare anche il più doloroso degli avvenimenti. E sta proprio qui la vera magia di Mai Mai Miracle, nell'autenticità, nella disinvoltura, nella genuinità che molta altisonante animazione ha dimenticato, o anche solo accantonato, in favori di tripudi grafici che soffocano ciò che realmente si vuole comunicare.

Voto: 8 su 10

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