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lunedì 20 ottobre 2014

Recensione: Space Dandy Season 2

SPACE DANDY SEASON 2
Titolo originale: Space Dandy Season 2
Regia: Shinichiro Watanabe
Soggetto: BONES
Sceneggiatura: Kimiko Ueno (ep.1-7-10), Keiko Nobumoto (ep.2-6-9), Masaaki Yuasa (ep.3), Hayashi Mori (ep.4), Kiyotaka Oshiyama (ep.5), Shinichiro Watanabe (ep.8-13),  Toh Enjoe (ep.11), Dai Sato (ep.12)
Character Design: Yoshiyuki Ito
Mechanical Design: SATELIGHT (Thomas Romain)
Musiche: Space Dandy Band
Studio: BONES
Formato: serie televisiva di 13 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2014


Eroe pieno di sé, pessimo pilota, orgoglioso maschilista e spinto da un discutibile senso dell’umorismo, Dandy è il prototipo del tamarro senza freni, troppo stupido per capire dove sbaglia ma incredibile trascinatore e dotato di un carisma straripante. Per quanto la sci-fi in cui viene calato non sia soltanto un bonario frullare di colori e deformità aliene che ci si potrebbe attendere da un prodotto comico, bensì un lussurioso scenario ricco di inventiva e trovate visive, la concezione demenziale idealizza il buon Dandy in pilastro assoluto, tutto gira attorno alle sue scelte idiote confermandolo come un catalizzatore di simpatici disastri, spesso talmente vasti da comportare la morte sua e dei due soci con cui viaggia da un pianeta all’altro in cerca di razze ancora sconosciute.

Space Dandy (2014) ricomincia laddove era finito, Shinichiro Watanabe ripropone la stessa, inarrestabile colata di avventure strampalate e autoconclusive dal ritmo martellante, e se è confermata la mancanza di una qualche trama orizzontale è palpabile invece il tentativo di cambiamento, un minimo differenziarsi da una soluzione narrativa che era comunque vincente e di grande impatto ma che, quando ci sono di mezzo grandi nomi come Dai Sato, Keiko Nobumoto e Masaaki Yuasa, non è mai abbastanza. Difficile comprendere cosa i vari sceneggiatori abbiano realmente progettato, se si tratti di necessario alleggerimento, di voglia di qualcos’altro o se di semplice difficoltà nella gestione del materiale, rimane tuttavia una pellicola di dispiacere nel percepire il mutamento come una sperimentazione sì molto libera e visionaria, ma che spesso si limita a uno strato visivo che annulla la bontà narrativa della serie precedente.

A contraddistinguere Space Dandy dalle altre tamarrate spaziali che lo hanno preceduto, c’era un non comune spessore narrativo che esplodeva tanto negli episodi più dementi quanto, e soprattutto, nei momenti di maggior riflessione e intimismo, donando alla serie una marcia psicologica e per certi versi anche drammatica che nessun altro prodotto simile poteva vantare. Space Dandy Season 2 non modifica certo la sua forza espressiva (episodi sregolati e imbottiti di idee come quello iniziale, dove Dandy si confronta con i suoi sé di altri universi, si riconfermano brillanti e magnetici), ma è proprio laddove l’originale si scostava un po’ mostrando una personalità superiore, che gli sceneggiatori ridefiniscono lo script per caricare eccessivamente un cannone visivo che, purtroppo, pare invece sparare a salve. Con continue modifiche nello stile grafico, spesso più grossolano, a volte più lavorato e dipinto, e una regia che si alterna tra desolazioni esistenziali colme di silenzi a fratture tachicardiche e inflessioni da videoclip, le puntate meditative del passato sono sostituite adesso da furie visive di grande effetto ma di poca sostanza, tanto che anche nei momenti musicali la Season 2 perde quella sua caratteristica predominante, marchio di fabbrica che da sempre inquadra lo stile di Watanabe. Tra una pochezza di idee sconfortante (il fiume spaziale che si ripresenta concettualmente in più puntate, replicandosi sbadatamente), una triste mancanza di umorismo e di intelligenza citazionista (il terribile episodio sulla dance music), la Season 2 precipita in una parentesi centrale anestetica, dove tutto soffoca nel tentativo di aggrapparsi a nuove soluzioni, purtroppo poco interessanti.


Ciò non toglie meravigliosi alti a una serie che sembrava immune ai bassi, e infatti botte come il vagabondaggio forsennato tra universi alternativi o la mitragliata rock di quando Dandy mette su una band assieme al comandante dell’esercito imperiale, o ancora la raffinata esposizione dialogica nella puntata processuale, l’inevitabile omaggio al 2d videoludico o il mindfuck epocale sulle dimensioni parallele, per non parlare dello straordinario epilogo, in grado di tirare i fili dei concetti e delle tematiche trattate con una logica inarrivabile, lasciano soddisfatti – seppur non del tutto sazi.

Non era forse giusto chiedere di più, è comprensibile come il pensiero dietro a questa seconda serie fosse motivato da risultati incredibili già raggiunti, il trio delle meraviglie ha mescolato il dramma e la filosofia in un’opera demenziale ed era lecito si orientassero verso altro. Ciò che ne esce è purtroppo qualcosa di mediocre che forse funziona solo per il carisma incontenibile di un personaggio e un’ambientazione resi memorabili nella prima stagione, ma a questo punto, dato l’interrogativo con cui si chiude il circo, concedetemi almeno di sperare in un futuro ritorno di Dandy.

Voto: 7,5 su 10

PREQUEL
Space Dandy (2014; TV)

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