HEIDI
Titolo originale: Shoujo no Alps Heidi
Regia: Isao Takahata
Soggetto: (basato sul romanzo originale di Johanna Spyri)
Sceneggiatura: Hisao Okawa, Mamoru Sasaki, Yoshiaki Yoshida
Character Design: Yoichi Kotabe
Musiche: Takeo Watanabe
Studio: Zuiyo Enterprise
Formato: serie televisiva di 52 episodi (durata ep. 25 min. circa)
Anno di trasmissione: 1974
Anno di trasmissione: 1974
Nelle Alpi svizzere di fine XVIII Secolo, nel piccolo villaggio di Mayenfeld, assistiamo alle travagliate avventure della piccola Heidi, orfana di genitori e trattata come un oggetto dall'insensibile zia Dete, che non esita ad affidarla al proprio padre, burbero pastore/eremita che rifugge il contatto umano e la società, per liberarsi di lei e andare a lavorare a Francoforte. A contatto con la natura, con l'amichetto Peter, con le pecore e gli splendidi paesaggi naturali, la piccola scopre una gioia di vivere che prima non aveva, cambiando anche il carattere del nonno che inizia a volerle bene, ad affezionarsi a lei e ad aprirsi con gli altri. Peccato che arriverà presto il giorno in cui la zia riapparirà di punto in bianco e porterà con sé Heidi a Francoforte, per sfruttarla dandola in adozione alla ricchissima famiglia Sesemann che cerca un'amica per la giovane, malaticcia figlia Clara...
Nonostante le inevitabili maledicenze italiane, da parte di un certo pubblico, sulla serie animata "bambinesca" per definizione, dovuta principalmente agli infantili disegni e le rosse gote ìdella giovanissima protagonista (anche se la cosa fa comunque sorridere, considerando che qualsiasi opera televisiva animata del periodo sempre a quel pubblico era rivolta), Heidi la bambina delle Alpi ha perso ben poco della sua capacità di emozionare e commuovere, ben spiegando il perché dei suoi schiaccianti indici di ascolto (il picco è un 26,9%1), durante l'originale trasmissione giapponese (e che contribuiranno ad affossare quelli de La Corazzata Spaziale Yamato, tralaltro finanziata dallo stesso produttore, Yoshinobu Nishizaki2), e la consapevolezza unanime, in madrepatria come all'estero, che si trattasse di un capolavoro3. Nonostante lo si legga spesso in giro, la serie non appartiene propriamente al "genere" meisaku inaugurato ufficialmente da Nippon Animation con Il cane delle fiandre (Il fedele Patrash, in Italia) nel 1975, anche se è indubbio che rappresenta uno dei più autorevoli e noto antesignani delle trasposizioni giapponesi di romanzi europei. Non stupisce, infatti, che quella Nippon Animation che legherà il suo nome al Sekai meisaku gejiko, come si leggerà più avanti, nasca proprio dalle ceneri della Zuiyo Enterprise che ha animato le avventure della bambina delle Alpi.
La storia di Heidi, basata sull'omonimo, celebre romanzo per piccoli di Johanna Spyri scritto nel 1880, è abbastanza nota e non necessita di spiegazioni (ma per lo stesso motivo è inutile fare rivelazioni ulteriori oltre alla sinossi sopra riportata): è un dramma storico dalle finalità educative, che celebra uno stile di vita umile, sano e spontaneo, comunitario e armonioso con la natura, distante dalla rigida etichetta e severità della vita benestante delle grandi città, almeno per quello che riguarda l'ordine sociale del periodo di stesura del testo. Anche se con qualche lieve modifica (ad esempio l'eliminazione della spiritualità cattolica di cui è impregnato lo scritto), i temi sono molto fedelmente riproposti nella versione animata (pur filtrati dalla sensibilità orientale), estremamente approfonditi dal pensiero di quell'intellettuale "maledetto" (per Hols: Prince of the Sun del '68), il regista Isao Takahata, che, con Heidi, realizza un titolo di alta qualità, riversandovi dentro la sua poetica sulla vita e sull'amore per le piccole cose che si esprimono in un'opera ben riconoscibile e personale, che solo lui - conoscendo quello che realizzerà poi - poteva aver girato.
Difficile non affezionarsi a tutti i personaggi, mirabilmente caratterizzati da modi di parlare, agire e pensare. Le loro personalità sono date dalla cura del regista nel dare colore attraverso piccoli dettagli: le urla gioiose di Heidi, le risate del nonno e il caratteristico soprannome "generale" con cui chiama Peter, la fame di quest'ultimo e i suoi sorrisi entusiasti, il pacifico e sonnolento cane di San Bernardo Josef (assente nel romanzo) che sta sempre a sbadigliare, il perenne buon umore del maggiordomo Sebastian, l'angelica gentilezza di Clara e di suo padre... Si vuole bene al cast proprio perché è umano, è genuino, matura e ha sapore di familiarità perché ricorda persone vere e rievoca fedelmente le atmosfere, i vestiari, gli odori e i sapori dell'epoca; è come tornare indietro nel tempo e incontrare i propri bisnonni. Non è un caso che, pur essendo creato palesemente per i bambini, Heidi è tra gli anime degli anni '70 in assoluto meglio invecchiati, capace oggi di farsi amare in uguale modo da grandi e piccoli, a felice testimonianza di una qualità narrativa e di ritratti umani che resistono ostinatamente al cambio di tempo, mode ed età. Il futuro co-fondatore di Studio Ghibli (e anche Hayao Miyazaki lavora nella pellicola, contribuendo in modo determinante all'ottima qualità dei fondali) proprio con Heidi fa conoscere per la prima volta al grande pubblico il suo immenso talento, quello di scrivere storie "sulla vita" dove le relazioni umane, i dialoghi e gli stili di pensiero, che bene esprimono età o classe sociale, assumono un realismo straordinario, al punto che, viste le tematiche e la morale finale comuni, non è proprio difficile inquadrare Heidi come un vero e proprio prototipo dell'acclamato capolavoro filmico Pioggia di ricordi che il regista realizzerà nel 1991.
A occuparsi del resto, ci pensa una confezione tecnica sbalorditiva, tra le più impressionanti del suo decennio: fondali curatissimi e pittorici di paesaggi montani, alberi, colline e città, di stampo quasi fotografico per l'uso dei colori realistici, testimoniano la meticolosità del regista, che ha personalmente viaggiato in Germania e Svizzera per documentarsi sui luoghi4. Le scenografie sono quindi risaltate da uno splendido gusto per la fotografia (giusto far notare che a illustrare la maggior parte dello storyboard è Yoshiyuki Tomino) e grandi animazioni (6.000 rodovetri contro i 3.000 dell'anime medio del periodo5): inutile dire che si sono potute fare queste cose grazie a un immenso budget, frutto della collaborazione tra la neonata studio Zuiyo Enterprise e la tedesca Tauros Film; fondi che, addirittura, nonostante il grosso successo della serie e la cessione dei diritti all'estero, sarà così alto da mandare successivamente in bancarotta lo stesso studio, che si scinderà quindi in Zuiyo (titolare dei diritti di Heidi e quello che ne erediterà i debiti) e, come detto, in Nippon Animation6. Azzeccatissimo anche l'accompagnamento musicale, con una brillante, gioiosa opening che richiama gli elementi del folklore germanofono alpino, tracce musicali su quel tenore (e con quegli strumenti: armoniche, fisarmoniche, etc) e insert song giapponesi particolarmente commoventi. Bisogna far notare però che della serie esistono due colonne sonore, quella originale e una creata per il solo mercato europeo7, quindi è possibile che la seconda arrivata anche a noi possa essere notevolmente diversa.
Nonostante le inevitabili maledicenze italiane, da parte di un certo pubblico, sulla serie animata "bambinesca" per definizione, dovuta principalmente agli infantili disegni e le rosse gote ìdella giovanissima protagonista (anche se la cosa fa comunque sorridere, considerando che qualsiasi opera televisiva animata del periodo sempre a quel pubblico era rivolta), Heidi la bambina delle Alpi ha perso ben poco della sua capacità di emozionare e commuovere, ben spiegando il perché dei suoi schiaccianti indici di ascolto (il picco è un 26,9%1), durante l'originale trasmissione giapponese (e che contribuiranno ad affossare quelli de La Corazzata Spaziale Yamato, tralaltro finanziata dallo stesso produttore, Yoshinobu Nishizaki2), e la consapevolezza unanime, in madrepatria come all'estero, che si trattasse di un capolavoro3. Nonostante lo si legga spesso in giro, la serie non appartiene propriamente al "genere" meisaku inaugurato ufficialmente da Nippon Animation con Il cane delle fiandre (Il fedele Patrash, in Italia) nel 1975, anche se è indubbio che rappresenta uno dei più autorevoli e noto antesignani delle trasposizioni giapponesi di romanzi europei. Non stupisce, infatti, che quella Nippon Animation che legherà il suo nome al Sekai meisaku gejiko, come si leggerà più avanti, nasca proprio dalle ceneri della Zuiyo Enterprise che ha animato le avventure della bambina delle Alpi.
La storia di Heidi, basata sull'omonimo, celebre romanzo per piccoli di Johanna Spyri scritto nel 1880, è abbastanza nota e non necessita di spiegazioni (ma per lo stesso motivo è inutile fare rivelazioni ulteriori oltre alla sinossi sopra riportata): è un dramma storico dalle finalità educative, che celebra uno stile di vita umile, sano e spontaneo, comunitario e armonioso con la natura, distante dalla rigida etichetta e severità della vita benestante delle grandi città, almeno per quello che riguarda l'ordine sociale del periodo di stesura del testo. Anche se con qualche lieve modifica (ad esempio l'eliminazione della spiritualità cattolica di cui è impregnato lo scritto), i temi sono molto fedelmente riproposti nella versione animata (pur filtrati dalla sensibilità orientale), estremamente approfonditi dal pensiero di quell'intellettuale "maledetto" (per Hols: Prince of the Sun del '68), il regista Isao Takahata, che, con Heidi, realizza un titolo di alta qualità, riversandovi dentro la sua poetica sulla vita e sull'amore per le piccole cose che si esprimono in un'opera ben riconoscibile e personale, che solo lui - conoscendo quello che realizzerà poi - poteva aver girato.
Difficile non affezionarsi a tutti i personaggi, mirabilmente caratterizzati da modi di parlare, agire e pensare. Le loro personalità sono date dalla cura del regista nel dare colore attraverso piccoli dettagli: le urla gioiose di Heidi, le risate del nonno e il caratteristico soprannome "generale" con cui chiama Peter, la fame di quest'ultimo e i suoi sorrisi entusiasti, il pacifico e sonnolento cane di San Bernardo Josef (assente nel romanzo) che sta sempre a sbadigliare, il perenne buon umore del maggiordomo Sebastian, l'angelica gentilezza di Clara e di suo padre... Si vuole bene al cast proprio perché è umano, è genuino, matura e ha sapore di familiarità perché ricorda persone vere e rievoca fedelmente le atmosfere, i vestiari, gli odori e i sapori dell'epoca; è come tornare indietro nel tempo e incontrare i propri bisnonni. Non è un caso che, pur essendo creato palesemente per i bambini, Heidi è tra gli anime degli anni '70 in assoluto meglio invecchiati, capace oggi di farsi amare in uguale modo da grandi e piccoli, a felice testimonianza di una qualità narrativa e di ritratti umani che resistono ostinatamente al cambio di tempo, mode ed età. Il futuro co-fondatore di Studio Ghibli (e anche Hayao Miyazaki lavora nella pellicola, contribuendo in modo determinante all'ottima qualità dei fondali) proprio con Heidi fa conoscere per la prima volta al grande pubblico il suo immenso talento, quello di scrivere storie "sulla vita" dove le relazioni umane, i dialoghi e gli stili di pensiero, che bene esprimono età o classe sociale, assumono un realismo straordinario, al punto che, viste le tematiche e la morale finale comuni, non è proprio difficile inquadrare Heidi come un vero e proprio prototipo dell'acclamato capolavoro filmico Pioggia di ricordi che il regista realizzerà nel 1991.
A occuparsi del resto, ci pensa una confezione tecnica sbalorditiva, tra le più impressionanti del suo decennio: fondali curatissimi e pittorici di paesaggi montani, alberi, colline e città, di stampo quasi fotografico per l'uso dei colori realistici, testimoniano la meticolosità del regista, che ha personalmente viaggiato in Germania e Svizzera per documentarsi sui luoghi4. Le scenografie sono quindi risaltate da uno splendido gusto per la fotografia (giusto far notare che a illustrare la maggior parte dello storyboard è Yoshiyuki Tomino) e grandi animazioni (6.000 rodovetri contro i 3.000 dell'anime medio del periodo5): inutile dire che si sono potute fare queste cose grazie a un immenso budget, frutto della collaborazione tra la neonata studio Zuiyo Enterprise e la tedesca Tauros Film; fondi che, addirittura, nonostante il grosso successo della serie e la cessione dei diritti all'estero, sarà così alto da mandare successivamente in bancarotta lo stesso studio, che si scinderà quindi in Zuiyo (titolare dei diritti di Heidi e quello che ne erediterà i debiti) e, come detto, in Nippon Animation6. Azzeccatissimo anche l'accompagnamento musicale, con una brillante, gioiosa opening che richiama gli elementi del folklore germanofono alpino, tracce musicali su quel tenore (e con quegli strumenti: armoniche, fisarmoniche, etc) e insert song giapponesi particolarmente commoventi. Bisogna far notare però che della serie esistono due colonne sonore, quella originale e una creata per il solo mercato europeo7, quindi è possibile che la seconda arrivata anche a noi possa essere notevolmente diversa.
Capolavoro dunque? No, purtroppo no, pur rappresentando comunque una visione consigliata e non avara di momenti commoventi, Heidi soffre di una grande lentezza: diviso principalmente in quattro archi narrativi, trova in ciascuno di esso sempre troppi, troppi episodi per quello che vuole dire, come se volesse protrarre all'infinito ogni momento della vita della piccola protagonista (o meglio, far durare il più possibile gli ascolti, anche se viene da domandarsene il perché visti gli enormi costi di produzione e la situazione precaria dell'azienda). Anche se la qualità di scrittura e l'affezione ai personaggi non vengono mai meno, così come i vari momenti emotivi, viene davvero facile pensare, vista l'imbarazzante linearità della vicenda, che si poteva raccontare tutto con gli stessi esiti ma con venti puntate (forse anche di più) in meno. Ultimo neo, ravvisabile con occhi adulti, è l'ahimè inevitabile, ingenuo entusiasmo con cui Takahata carica idee fin troppo manichee sulla vita di montagna comunitaria lontana dalle grandi città, idealizzandola come un Eden in Terra dove tutti sono felici, si aiutano, preferiscono barattare invece di comprare e conducono una vita sanissima. Largo spazio quindi alla totale soppressione degli elementi meno solari di questo stile di vita, come la macellazione crudele di animali (Heidi ama ogni singola bestia che le sta intorno, ma non la vediamo mai osservarne morire uno), le povere diete alimentari, i pettegolezzi crudeli o lo scherno dei coetanei di Heidi nei suoi riguardi, lei che è una povera montanara che vive col vecchio burbero emarginato dalla comunità (qualcosa viene suggerito, ma è poca cosa). Heidi pecca insomma di un ottimismo fin troppo sognante, ma, considerando che questo deriva principalmente dal romanzo e che comunque il target rimane quello dei bambini, gli si possono perdonare queste cose e apprezzare l'ottimo lavoro psicologico sul cast, e, in generale, lodare i buoni propositi e la commovente storia. Buona visione.
In Italia Heidi trova un successo enorme nel pubblico generalista, che gli garantisce repliche televisive infinite e fantastica popolarità, seppur venga stigmatzzato dai fan di generi più "cool" (robotico, supereroistico, etc) per il look, come già detto, molto infantile. Anche se il doppiaggio italiano della Rai, per l'epoca, è sicuramente ben fatto e non snatura affatto la storia, duole segnalare il cambio o italianizzazione di alcuni nomi (il più noto è il cane Josef che diventa Nebbia), la totale rimozione delle belle insert song che accompagnano i momenti più emotivi e l'aggiunta spropositata di dialoghi nelle scene originariamente silenziose. In Giappone, il successo della serie si esprime anni dopo in una pellicola riassuntiva omonima, diretta da Sumiko Nakao. In Italia, invece, l'intera opera è stata rimontata arbitrariamente in tre film (Heidi a scuola, Heidi va in città, Heidi torna tra i monti), anch'essi proiettati nei cinema (nostrani). Non ho idea di quanto sia stata legale l'operazione.
Voto: 8,5 su 10
ALTERNATE RETELLING
Heidi: The Movie (1979; film)
FONTI
1 Guido Tavassi, "Storia dell'animazione giapponese", Tunuè, 2012, pag. 116
2 Volume 3 de "La regina dei 1000 anni", d/visual, 2008
3 Vedere punto 1
4 Mario A. Rumor, "The Art of Emotion: Il cinema d'animazione di Isao Takahata", Cartoon Club, 2007, pag. 64
5 Saburo Murakami, "Anime in TV", Yamato Video, 1998, pag. 43
6 Vedere punto 1
7 Vedere punto 5, a pag. 42-43
FONTI
1 Guido Tavassi, "Storia dell'animazione giapponese", Tunuè, 2012, pag. 116
2 Volume 3 de "La regina dei 1000 anni", d/visual, 2008
3 Vedere punto 1
4 Mario A. Rumor, "The Art of Emotion: Il cinema d'animazione di Isao Takahata", Cartoon Club, 2007, pag. 64
5 Saburo Murakami, "Anime in TV", Yamato Video, 1998, pag. 43
6 Vedere punto 1
7 Vedere punto 5, a pag. 42-43
Ricordo che da piccolo mia madre mi rompeva sempre: "Vediti Heidi che lo vedevo anch'io da bambina."
RispondiEliminaOggi dico che è un opera ben riuscita. Di fondo è semplice e mette buon umore. Senza dimenticare qualche giusta morale.
Forse anche ai miei figli dirò loro quello che mi diceva mia madre.
Veryy creative post
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