lunedì 19 settembre 2011

Recensione: Dead Leaves

DEAD LEAVES
Titolo originale: Dead Ribu
Regia: Hiroyuki Imaishi
Soggetto: Imai Toonz
Sceneggiatura: Takeichi Honda
Character Design: Hiroyuki Imaishi
Musiche: Daisuke Asakura, Fusanobu Fujiyama, Yoshihiro Ike
Studio: Production I.G
Formato: mediometraggio cinematografico (durata 50 min. circa)
Anno di uscita: 2004

 
Retro e Pandy, due strambi criminali, si risvegliano nudi e senza memoria in un luogo sconosciuto. Dopo una rapina in quel di Tokyo per recuperare soldi, cibo e vestiti, sono catturati dalle autorità e spediti nella prigione Dead Leaves, situata in una Luna ormai distrutta. Lì, i prigionieri vengono costretti a bizzarri lavori forzati e corporali, e Retro e Pandy, tra i quali sta sbocciando l’amore, non hanno alcuna intenzione di passare il resto della loro esistenza rinchiusi. Dopo una bollente notte di sesso, decidono così di organizzare una fuga…

Prima di strabiliare il mondo intero con le prodezze visive di Gurren Lagann (2007), prima di ripugnare chi ne attendeva il folle ritorno con l’umorismo straordinariamente cattivo di Panty and Stocking with Garterbelt (2010), quando, insomma, era “solo” un addetto ai lavori con una lunga carriera di assistente in innumerevoli serie, Hiroyuki Imaishi esordiva con questo Dead Leaves, ideato da Imai Toonz futuro mecha designer di Gurren Lagann, assurdo film di un’ora nel quale già si respiravano le intricate, mirabolanti intuizioni registiche che sarebbero presto diventate suo inconfondibile marchio di fabbrica.

Con un’impostazione grafica per certi versi simile all’american style di Panty and Stocking with Garterbelt, con il quale condivide l’estremismo umoristico dato da personaggi sghembi, squadrati, ingabbiati in fattezze deformed che ne risaltano comportamenti e lati caratteriali, Dead Leaves non perde tempo a mettere sul piatto bizzarre portate fatte di un protagonista con una televisione al posto della testa (FLCL docet), una prigione situata su un’impossibile luna semi-distrutta, una serie di personaggi stravaganti con enormi trivelle al posto del pene (elemento poi ripreso felicemente da Gurrenn Lagann) e un macchinario nel quale i detenuti possono fare solo la quantità stabilita di cacca altrimenti vengono uccisi (!). Se possiamo sommariamente definire l’opera come un’indiavolata storia d’amore tra Retro e Pandy con contorno di prigionieri e cavie della pazza combriccola di reclusi, Dead Leaves riesce ad andare tranquillamente oltre a ogni definizione. Troviamo in primis il già citato, stralunato stile grafico, impreziosito da colori scuri (prevalgono il blu e il nero), forti, saturi, estremamente cupi e freddi nonostante la spigliata atmosfera ironica; poi un’impressionante livello splatter e una generale cattiveria nel rapido e sanguinoso body count con corpi che esplodono, perdono pezzi, vengono mutilati senza pietà e con una resa drammatica incredibilmente riuscita sebbene una certa demenzialità non venga mai meno. Infine, ovviamente, il lavoro di Imaishi in cabina di regia.


Furioso, iperveloce, dinamico, pazzo, frentico, privo di limiti, Imaishi dirige come se si trovasse su montagne russe dotate di soli giri della morte. Non un attimo di respiro nell’oretta scarsa di durata: tra sparatorie, esplosioni, morti accidentali e smembramenti si viene investiti da un treno di inaudita velocità che ti scaraventa sulle pareti, ti calpesta e ti rigira a suo piacimento. E l’intreccio, semplice ma un po’ confuso e non del tutto chiarito negli spiegoni finali, risulta in fondo irrilevante di fronte a una tale forza visiva, un motore registico che trascina l’intera opera con una rocambolesca serie di invenzioni che giocano ora sulle allusioni sessuali (onnipresenti, a dire il vero, con varie morbosità, velati tocchi ecchi e simpatiche malizie), ora sugli aspetti più disgustosi del corpo umano e relativi funzionamenti.

Nonostante la buona impressione, Dead Leaves non è ancora comunque un lavoro esemplare come lo saranno le due successive opere di Imaishi. Una grezza spigolosità, una sorta di mancanza di scopo e soprattutto una certa gratuità che, qua e là, appare ingenuamente, fanno di Dead Leaves soltanto un’interessante opera prima e con ampi margini di miglioramento, ma complice la produzione di Production I.G. e il dinamitardo senso del ritmo si lascia guardare con estremo piacere e un gran sorriso sul volto.

Voto: 7 su 10

2 commenti:

marco guarino ha detto...

Quest'anime è un virtuosisismo dell'animazione,... quanti fotogrammi al secondo... tanti tanti ... Hiroyuki Imaishi ha raggiunto il suo scopo non si ha il tempo di pensare mentre l'azione spasmodica si manifesta così fantasiosa e inarrestabile.

Simone Corà ha detto...

E' vero, è qualcosa di travolgente, ti fa quasi bruciare gli occhi. :)

DISCLAIMER

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, viene aggiornato senza alcuna periodicità e pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge 7 marzo 2001 n. 62. Molte delle immagini presenti sono reperite da internet, ma tutti i relativi diritti rimangono dei rispettivi autori. Se l’uso di queste immagini avesse involontariamente violato le norme in materia di diritto d’autore, avvisateci e noi le disintegreremo all’istante.