NOIR
Titolo originale: Noir
Regia: Koichi Mashimo
Soggetto & sceneggiatura: Ryoe Tsukimura
Character Design: Minako Shiba, Satoko Miyachi, Yoko Kikuchi
Mechanical Design: Kenji Teraoka
Musiche: Yuji Kajiura
Studio: Bee Train
Formato: serie televisiva di 26 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2001
Titolo originale: Noir
Regia: Koichi Mashimo
Soggetto & sceneggiatura: Ryoe Tsukimura
Character Design: Minako Shiba, Satoko Miyachi, Yoko Kikuchi
Mechanical Design: Kenji Teraoka
Musiche: Yuji Kajiura
Studio: Bee Train
Formato: serie televisiva di 26 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2001
Due donne bellissime e letali, due killer professioniste che si incontrano per caso ignorando quanto il loro passato condivida tragici eventi. Di missione in missione, sempre al soldo di persone misteriose, Mireille e Kirika si troveranno alle prese con l’organizzazione malavitosa dei Soldati, i quali custodiscono ben più di un segreto sulle loro vite…
Se si ponesse l’attenzione soltanto su come Noir (2001) reinventa, o cerca di farlo, il genere action, sarebbe difficile trovare difetti e lacune in questa in questa ben nota produzione Bee Train, ma tolta la superficie autorale, la singolare gestione del ritmo e la splendida colonna sonora, tutti elementi che di fondo servono semplicemente a creare un contorno, una facciata esteriore di gradevolissimo aspetto, resta poco o nulla di realmente interessante. Chiaro che l’eleganza registica di Koichi Mashino e i magnifici brani in bilico tra techno e opera di Yuki Kajiura lasciano piacevolmente soddisfatti, perché indubbie colonne portanti dell’originalità stilistica che contraddistingue questo primo capitolo di una trilogia concettuale formata da Madlax (2004) ed El Cazador de la Bruja (2007) i quali condividono con Noir tematiche, regista e compositrice), ma non è abbastanza se quanto sorregge l’impianto è così fragile, o meglio, così poco sviluppato da far tremare ogni cosa.
Forzatamente episodico, millimetricamente ripetitivo di puntata in puntata, strutturato con identici schemi che si susseguono svogliatamente, non c’è gran coinvolgimento nel vedere come le sorelle Mireille e Kirika sbaraglino eserciti di soldati nemici senza alcuna difficoltà. Di volta in volta, ingaggiate da personaggi più o meno inutili, studiano brevemente la missione, assaltano la consueta villa del cattivone, che uccideranno con facilità dopo aver sterminato chiunque cercasse di fermarle. Nessun rischio, nessun pericolo, sempre liscio come l’olio, tutto viene gestito con eccessiva facilità, in una sbrigativa sparatoria o in un inseguimento sempliciotto, sicuramente piacevoli da vedere se presi a uno a uno, ma sinceramente punitivi quando vengono riprodotti in ogni puntata. Forme irrisorie, quindi, tenute in piedi da canovacci piuttosto incolori (“c’è quello lì da uccidere, uccidetelo!”), utili più che altro per una regia raffinata che, contrariamente a quanto si richiede a una storia action, preferisce concentrarsi sui silenzi, sulle pause, sulle riflessioni, centellinando un ritmo molto pacato, a tratti lentissimo, spesso interrotto da drammatici flashback. Ne esce quindi uno strano squilibrio, un ibrido forse ingiudicabile e forse poco digeribile nel suo atteggiamento ambizioso da una parte e nella sua proverbiale, assoluta mancanza di sostanza nell’altra.
Se si ponesse l’attenzione soltanto su come Noir (2001) reinventa, o cerca di farlo, il genere action, sarebbe difficile trovare difetti e lacune in questa in questa ben nota produzione Bee Train, ma tolta la superficie autorale, la singolare gestione del ritmo e la splendida colonna sonora, tutti elementi che di fondo servono semplicemente a creare un contorno, una facciata esteriore di gradevolissimo aspetto, resta poco o nulla di realmente interessante. Chiaro che l’eleganza registica di Koichi Mashino e i magnifici brani in bilico tra techno e opera di Yuki Kajiura lasciano piacevolmente soddisfatti, perché indubbie colonne portanti dell’originalità stilistica che contraddistingue questo primo capitolo di una trilogia concettuale formata da Madlax (2004) ed El Cazador de la Bruja (2007) i quali condividono con Noir tematiche, regista e compositrice), ma non è abbastanza se quanto sorregge l’impianto è così fragile, o meglio, così poco sviluppato da far tremare ogni cosa.
Forzatamente episodico, millimetricamente ripetitivo di puntata in puntata, strutturato con identici schemi che si susseguono svogliatamente, non c’è gran coinvolgimento nel vedere come le sorelle Mireille e Kirika sbaraglino eserciti di soldati nemici senza alcuna difficoltà. Di volta in volta, ingaggiate da personaggi più o meno inutili, studiano brevemente la missione, assaltano la consueta villa del cattivone, che uccideranno con facilità dopo aver sterminato chiunque cercasse di fermarle. Nessun rischio, nessun pericolo, sempre liscio come l’olio, tutto viene gestito con eccessiva facilità, in una sbrigativa sparatoria o in un inseguimento sempliciotto, sicuramente piacevoli da vedere se presi a uno a uno, ma sinceramente punitivi quando vengono riprodotti in ogni puntata. Forme irrisorie, quindi, tenute in piedi da canovacci piuttosto incolori (“c’è quello lì da uccidere, uccidetelo!”), utili più che altro per una regia raffinata che, contrariamente a quanto si richiede a una storia action, preferisce concentrarsi sui silenzi, sulle pause, sulle riflessioni, centellinando un ritmo molto pacato, a tratti lentissimo, spesso interrotto da drammatici flashback. Ne esce quindi uno strano squilibrio, un ibrido forse ingiudicabile e forse poco digeribile nel suo atteggiamento ambizioso da una parte e nella sua proverbiale, assoluta mancanza di sostanza nell’altra.
Non che manchi una storia più corposa che leghi parte dei 26 episodi, ma tutto ciò che riguarda i Soldati annega in una noia generale dovuta alla mancanza di una forza narrativa degna di questo nome. Troppo uguali gli episodi, troppo frammentari i tasselli del mosaico complessivo, troppo dilatata la progressione, lo sviluppo della vicenda. Un gran peccato, insomma, uno spreco narrativo, una sbadata annacquatura che irrita conoscendo, per esempio, cosa è capace di fare un Goro Taniguchi dopo una sfilza di puntate autoconclusive in cui presentare personaggi e vicende (chi ha detto GUNxSWORD?). In Noir, invece, viene a mancare quel salto, nella sua seconda metà, che rivaluti la pesantezza e la noia della parte iniziale, e non rimane quindi che la bellezza dei disegni del trio Shiba-Miyachi-Kikuchi, perfetti per delineare quella classe, quello snobbismo un poco presuntuoso che caratterizza l’intero progetto.
Voto: 5 su 10
Voto: 5 su 10
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