lunedì 7 giugno 2010

Recensione: Mobile Fighter G Gundam

MOBILE FIGHTER G GUNDAM
Titolo originale: Kidō Butōden G Gundam
Regia: Yasuhiro Imagawa
Soggetto: Hajime Yatate, Yasuhiro Imagawa (non accreditato)
Sceneggiatura: Yoshitake Suzuki
Character Design: Hiroshi Osaka, Kazuhiko Shimamoto
Mechanical Design: Hajime Katoki, Kimitoshi Yamane, Kunio Okawara
Musiche: Kouhei Tanaka
Studio: Sunrise
Formato: serie televisiva di 49 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anni di trasmissione: 1994 - 1995


Secolo Futuro, anno 060. Come ogni quattro anni, è giunto il momento del Gundam Fight, il torneo di arti marziali fra Gundam che determinerà quale colonia spaziale ha il diritto di governare su tutte le altre fino alla prossima manifestazione. Questa ricorrenza è nata oltre mezzo secolo prima, per impedire una volta per tutte l'insorgere di nuove guerre che già hanno distrutto il pianeta Terra. Prima che l'evento abbia inizio, Domon Kasshu, rappresentante di Neo Japan e pilota dello GF13-017NJ Shining Gundam, insieme al suo meccanico di fiducia, la bella Rain Mikamura, viaggia da un luogo all'altro della Terra, affrontando tutti i Gundam Fighter in via preliminare, chiedendo a ciascuno di loro se hanno visto da qualche parte suo fratello Kyoji, verso cui nutre un odio smisurato. Quali sono i motivi di questo risentimento? Che ruolo ha, in questo, il minaccioso, demoniaco Devil Gundam? Chi vincerà il prossimo Gundam Fight?

Il 1994 è stato, per la fluviale saga di Gundam, un anno spartiacque per più di un motivo. Mobile Suit Victory Gundam (1993) si conclude nell'indifferenza generale del pubblico e degli acquirenti di Gunpla, rivelandosi, insieme alla serie originale del 1979, il secondo, storico fallimento totale del brand - addirittura il peggiore, vista la mancata "riabilitazione" con un qualche film riassuntivo. In secondo luogo, Bandai, storico, instancabile sponsor di Sunrise, si fonde con quest'ultima1, diventando a tutti gli effetti il nuovo "capo" che detta legge in merito al coniugare il business di giocattoli e modellini con l'animazione. La combinazione delle due cose vede, in piena trasmissione della serie, Bandai incerta sul da farsi, non sapendo se valga ancora la pena investire su una saga che ha perso sempre più pubblico, sia in TV che al cinema, e che col suo ultimo titolo non ha convinto neppure nella vendita del merchandising allegato, e per questo arriva alla conclusione che o ci si reinventa tutto, percorrendo nuove strade narrative, o tanto vale chiudere bottega2: un mese dopo la conclusione di Victory Gundam, quindi, in concomitanza col quindicesimo anniversario della saga, nel 1994 il brand trova una nuova serie televisiva, che dovrà ben rispondere a questa filosofia. Per fare questo, si decide che l'ultimo titolo sarà stato quello definitivo ambientato nella storica Era Spaziale che ha fatto da culla alla saga. Dal nuovo lavoro in poi, tenuto conto della volontà di rivolgere Gundam alle nuove generazioni di telespettatori e di dargli nuova linfa, si varieranno scenari e temi, ambientando le storie in linee temporali nuove di zecca e del tutto autonome. Nasce dunque il primo, storico Universo Alternativo del brand, e Yoshiyuki Tomino, dopo il flop di Victory Gundam, può, con somma gioia, finalmente chiudere  l'esperienza in animazione con l'odiato Mobile Suit bianco (si dedicherà, tuttavia, per tre anni, al manga Mobile Suit Crossbone Gundam) e lavorare su progetti che reputa più interessanti e personali.

Per concepire G Gundam (questo il nome scelto per la nuova opera, rivolta, nelle intenzioni a un pubblico molto giovane3), Bandai e Sunrise, dietro consiglio di Tomino4 che propone per loro una serie "molto strana e bizzarra" (alcune indiscrezioni riferiscono che abbia pure fornito le stesse basi del soggetto, ma in mancanza di conferme autorevoli...), si ispirano palesemente all'epocale videogioco Street Fighter II (1991), amatissimo dai ragazzi dell'epoca, e scrivono il soggetto di un un dissacrante, incredibile picchiaduro interpretato dai Gundam, un eclatante rinnegamento delle classiche storie di dramma e guerra viste fino a quel momento. Similarmente al capolavoro CAPCOM, nella storia l'eroe Domon Kasshu, giapponese, deve affrontare i rappresentanti degli altri Stati del globo, ognuno plasmato sugli stereotipi fisici e caratteriali del proprio Paese (il francese tombeur des femmes, l'americano tamarro ed esaltato, il canadese "uomo dei boschi", l'italiano mafioso, etc.), e ciascuno alla guida del proprio Gundam, anch'esso ben riconoscibile e che esteticamente richiama costumi e armi caratteristici. I Gundam Fighter si affrontano quindi nel Gundam Fight, un torneo mondiale creato per l'occasione. Sempre sotto consiglio del creatore di Gundam5, alla direzione è scelto Yasuhiro Imagawa, animatore veterano dello studio e soprattutto acclamato regista e sceneggiatore del bellissimo Giant Robot (1992) che in quegli anni faceva impazzire gli otaku, forse proprio per il suo amore viscerale per il wuxia e i film di arti marziali. Il risultato di questo spiazzante e parodistico Gundam Super Robot, disegnato con stile fighetto e spigoloso e presentato al pubblico, in un intervento dello stesso Imagawa nella rivista Animage, come un (sintetizzando con parole diverse) "ritorno alle origini del concetto di intrattenimento divertente, appassionante e disimpegnato, con quel sense of wonder andato un po' perduto col realismo gundamico"6, sarà estremamente curioso: a dispetto del basso share (4.11%7) conoscerà una buona popolarità presso il pubblico generale e venderà bene nel mercato dei modellini8, ma al costo di spaccare completamente in due sia il pubblico giapponese (quasi tutti i fan storici della saga lo odieranno a morte per il "tradimento" alla saga e i buffi Gundam9), che il suo stesso staff, con moltissimi animatori e collaboratori che se ne andranno durante le prime fasi della storia perché in disaccordo totale con una Bandai mai così "intrusiva" (prima di quel momento) nella stesura della storia, che metteva diktat ovunque per imporre una trama più tendente al contorno "giocattoloso" (per ovvie ragioni) che ai contenuti10.


Nonostante tutto, la serie, per la felicità di Imagawa (che ancora oggi ne è giustamente orgoglioso11), è davvero grandiosa, una delle migliori in assoluto nel panorama gundamico pur con tutte queste polemiche e alcuni difetti oggettivi. Il più eclatante di questi consiste nella ripetitività delle situazioni, data dallo schematismo esasperato delle vicissitudini di Domon, sia durante la preparazione al Gundam Fight sia nel torneo vero e proprio: nella quasi totalità delle puntate che compongono la serie, l'eroe e Rain sono protagonisti di una mini avventura -  nella quale spesso conoscono il prossimo Gundam Fighter da affrontare e le sue motivazioni (il nemico ha quasi sempre qualche dramma personale a cui bisogna porre soluzione) - che culmina, quindi, nel combattimento finale. Conclusione, quindi, molte volte coronata dalla nascita di una nuova amicizia, dopo un processo di comprensione dato dal virile linguaggio dei pugni. Tutto questo per 30/40 puntate buone, infarcite di lungaggini, immancabili power up e match evitabili ai fini di trama. Aggiungiamoci un'immancabile buonismo di fondo nelle singole avventure (tutto si risolve sempre nel migliore dei modi per il Gundam Fighter di turno) e, soprattutto, scontri corti o addirittura cortissimi, due o tre minuti scarsi medi, che vedono i due Gundam attaccarsi con un paio di mosse veloci e poi lo Shining Gundam di Domon chiudere immediatamente la sfida col suo attacco imbattibile, le Shining Finger. Questi schemi risultano alla lunga fastidiosi, e in particolar modo è fastidiosa la brevissima durata dei match, ulteriormente penalizzati dal budget medio/basso stanziato da Bandai che si contraddistingue nell'intenso sfruttamento di disegni statici per sopperire alle mediocri animazioni. Fosse stato prodotto con molti più soldi, ed eliminando dalla trama i combattimenti più futili per dare più spazio e minutaggio a quelli importanti e ricchi di pathos, non c'è dubbio che G Gundam sarebbe uscito addirittura un capolavoro, specialmente per le ambizioni del suo genere di riferimento.

È, in ogni caso, un Gundam indimenticabile e graffiante, specialmente per la sua sbandierata e orgogliosa carica "eretica" e la sua volontà di sputare in faccia a chi all'epoca amava visceralmente la saga per il suo realismo e le tematiche di guerra (e, vedendo come sia in Giappone che in Italia l'opera sarà ancora oggi sepolta da tonnellate di fango spalategli contro dagli appassionati "talebani" del franchise, incapaci di farsi una ragione di una storia priva di conflitti e Newtype, si può ben dire che abbia colpito e affondato il suo bersaglio!). Nella serie, Imagawa si sbizzarrisce in combattimenti estremamente creativi: uomo contro uomo, mecha contro mecha, addirittura uomo contro mecha. Dando libero sfogo alla fantasia, il regista inventa stili di combattimento e di arti marziali (praticati sia dai lottatori che dalle loro unità) tanto impossibili quanto geniali: raffiche di pugni infuocati, fasci di seta serpentiformi, trottole umane, salti lunghi km, calci in grado di spostare grattacieli e acrobazie allucinanti sono punti di forza di una serie leggera che non si vuole minimamente prendere sul serio, estremamente compiaciuta com'è nel suo parodiare Gundam nell'ottica di una storia d'azione grondante stile e potenza, configurandosi come un inno allo sfogo di aggressività, alla sboroneria (onde energetiche infuocate, fortissimi ninja mascherati, Gundam che cavalcano cavalli meccanici, e la modalità Super Mode che dona ai Gundam un'aura dorata simile a un'armatura gialla che richiama volutamente i Gold Saint di Saint Seiya12) e al cameratismo virile tra lottatori. "I don't care", risponde divertito Imagawa13 a chi si lamenta dell'assenza di realismo, delle colonie spaziali dalle forme ridicole, delle migliaia di superficiali leggerezze e ingenuità che costellano la stessa storia,  del mitico Master Asia (uno dei personaggi gundamici più popolari di sempre) che abbatte da solo - e senza guidare la sua unità - centinaia di robottoni alti dieci metri, del fatto che a Domon basti schioccare le dita per far materializzare all'istante la sua unità in qualunque posto si trovi, e di ogni altro genere di assurdità volute appositamente per un titolo orgogliosamente sopra le righe ed esagerato oltre ogni limite. Memorabile e criticatissimo dai fan "ortodossi", poi, è l'allucinante mecha design dei Gundam, comprensivo di Gundam-tori di Neo Spain, Gundam-Joker di Neo Portugal, Gundam-sirene da Neo Denmark, e tantissime altre follie meccaniche (vampiri, mulini a vento, surfisti, addirittura emuli di Sailor Moon...!!). Questa strabiliante varietà, che tanto mal di stomaco ha causato ai puristi dell'Era Spaziale (Okawara dirà che Imagawa gli ha chiesto un design à la Yatterman!14), è ancora oggi il punto davvero forte della produzione, capace di partorire sia i fenomeni da baraccone sopra citati, sia alcuni Gundam tra i più spettacolari e indimenticabili di sempre (il GF13-001NHII Master Gundam, il  GF13-002NGR Zeus Gundam, il GF13-017NJII God Gundam che dà il titolo alla serie, o il terrificante Devil Gundam che è tutt'ora il più potente Gundam che si sia mai visto nell'intera saga, capace di mangiarsi letteralmente la Terra!). Privi dell'obbligo di rifarsi al solito realismo della saga, i mecha designer Sunrise si sbizzarriscono e danno vita a uno sterminato esercito di ben 48 unità gundamiche, pronte a fare la felicità di chi adora il caratteristico look del più famoso e incazzato robot bianco nelle sue più incredibili varianti.

Varietà, fantasia, divertimento: queste le parole chiave che determinano il "percorrere nuove strade" ordinato dai vertici Bandai, e non si può negare che non manchino in una serie fracassona e così amorevolmente, commoventemente eccessiva come G Gundam. Se ancora non bastasse tutto questo, si può citare come il carisma del lavoro si esprima anche in irresistibili ed esaltanti motivetti musicali durante gli scontri, in un cast di protagonisti e comprimari ispirati a livello di design, costumi e personalità (pur con caratterizzazioni ovviamente basiche, da tipico Battle Shounen), in una grande prova vocale da parte dei seiyuu, o nella spettacolare idea che i Gundam replichino le mosse di arti marziali dei loro piloti (sullo stile di Reideen il coraggioso del 1975). Per tutte le numerose ambientazioni della storia, poi, Imagawa sottopone il suo staff a una prova titanica: lo costringe a guardarsi innumerevoli film e telefilm e sfogliare un'infinità di guide turistiche, riviste e libri, per cercare fotografie e descrizioni da cui prendere spunto per illustrare i fondali di ogni singola città ricostruita in animazione, episodio dopo episodio15, caratterizzando con una certa cura e rigore le scenografie (al punto che la famosa, lunga parentesi dell'allenamento di Domon nelle foreste della Guyana è stata, in realtà, un regalo del regista ai suoi uomini per permettere loro di tirare il fiato per oltre un mese di trasmissione, con un'ambientazione unica e tutta uguale e quindi facile da disegnare16).

Vale, infine, la pena spiegare in cosa consiste l'apporto maggiore di Imagawa a questa serie. Appena chiamato da Sunrise, si aspetta, entusiasta, di poter dirigere una serie vicina a Mobile Suit Z Gundam (1985) o Victory Gundam, da lui molti amati, e per questo grande è la sua sorpresa nell'apprendere di dover lavorare invece su un simile picchiaduro17. Proprio per renderlo meno banale e scontato di quello che sarebbe stato, si imporrà a suoi datori di lavoro spingendo per costruirvi sopra una trama che dia più spessore alla semplicistica idea del torneo di arti marziali, e così sarà: è farina del suo sacco l'oscura e drammatica storia che lega le peregrinazioni di Domon18 (la vicenda del Devil Gundam e di suo fratello, gli ambigui Master Asia e Schwarz Bruder e i grandi poteri che cospirano dietro il Gundam Fight), sottotrama che presto arriva a sovrastare e prendere il posto di quella principale, leggera e sopra le righe voluta da Sunrise. A lui, quindi, va il merito di aver sfruttato il contesto di robottoni e mazzate virili per raccontare - coronando il suo sogno di farlo almeno una volta nella sua carriera19 - quella che è, spogliata dagli orpelli robotici, una tenebrosa, apocalittica e riuscitissima storia d'amore (ovviamente fra Domon e l'inseparabile Rain).


G Gundam fa proprio di tutto per rivendicare la sua indipendenza dalla serie madre e in questo risiede la sua bontà: si rivela uno "shounen" ignorante, avvincente e divertente che sa anche trovare momenti d'autore, quasi un trash pirotecnico ed esagerato che si compiace di questo e non ha remore a osare sempre di più, superando ogni volta i livelli dissacratori e infischiandosene delle fortissime polemiche in madrepatria. L'energico eroe Domon (fisicamente plasmato sul mangaka Kazuhiko Shimamoto20, a sua volta tra i chara designer dell'opera, conosciuto dal pubblico italiano per il fumetto Manga Bomber del 2001) è simpatico quanto basta per attirare subito interesse, e le sue avventure, per quanto scontate, sanno ben intrattenere grazie alla cura negli elementi di contorno. È merito anche della sceneggiatura del veterano Yoshitake Suzuki, che, seppur pecchi di fin troppi riempitivi nella prima metà della serie,  nella sua estrema linearità (nulla di accostabile agli ingarbugliatissimi script di Imagawa, se questo poteva fungere da "spauracchio" a chi non sopporta le sue storie cervellotiche) costruisce con cura, episodio dopo episodio, una grande curiosità verso i misteri della storia. Nodi che vengono puntualmente al pettine nell'ultimo arco narrativo della serie, quello migliore (rispetto alla prima parte che è solo un preambolo al Gundam Fight), contraddistinto da un paio di colpi di scena spiazzanti che rovesciano tutte le convinzioni accumulate fino a quel momento, e un'ultima decina di episodi di livello eccelso, che confluiscono in climax magistrali, commoventi ed esaltanti. Un ispirato Imagawa dirige con la sua classe registica di alto livello, sopperendo in parte ai vistosi limiti del budget e arrivando a regalare, all'apice della storia, numerose sequenze di forte impatto scenico ed emotivo.

Indubbiamente una buona ventina di episodi riempitivi si potevano evitare senza ripercussioni sulla storia e questo è un dato di fatto, ma nel complesso G Gundam funziona ugualmente benissimo: la sua natura spiccatamente "ignorante" palesa subito le ambizioni del prodotto, che va inteso unicamente come divertissement di gran classe, nato con l'unico scopo dichiarato, e riuscito, di commemorare il marchio tirandone fuori un esponente originale e creativo per rilanciare il franchise. Nel suo genere parliamo davvero di una grande opera, coronata, come merita, da un finale perfetto. Non sarà proprio un caso, quindi, se l'idea di un torneo mondiale di combattimento tra robot farà una certa scuola, ispirando due remake nell'arco di vent'anni, entrambi high budget: Apo Mekhanes Theos Gigantic Formula (2007, Brain's Base) e specialmente, in tempi più recenti, Gundam Build Fighters (2013) sempre di Sunrise, paradossalmente amatissimo dagli stessi fan che hanno sempre osteggiato G Gundam.

Voto: 8,5 su 10

ALTRO
Gundam Evolve../ 03 GF13-017NJII God Gundam (2001; OVA)


FONTI
1 Conferenza del 2002 di Yasuhiro Imagawa all'Università Internazionale della Florida. La sintesi dei suoi interventi è raccolta in un topic del forum Neo Seeker (http://www.neoseeker.com/forums/42/t110743-yasuhiro-imagawa-speaks-so-does-yoshiyuki-tomino-yoko-kanno-tashihiro-kawamotu/#pagetop)
2 Come sopra
3 Come sopra
4 Stessa conferenza di cui sopra, riepilogata in modo più approfondito nel sito Mecha Anime Headquarters. http://www.mahq.net/rants/cons/imagawa/imagawa.htm
5 Come sopra
6 Mangazine n. 37, Granata Press, 1994, pag. 6
7 Sito web (in giapponese), http://toro.2ch.net/test/read.cgi/shar/1336141685/. I bassi ascolti sono confermati anche dal saggio di Guido Tavassi "Storia dell'animazione giapponese" (Tunuè, 2012, pag. 250)
8 Vedere punto 1
9 Come sopra. Riguardo alle ferocissime critiche dei "puristi" di Gundam, la cosa è confermata anche da un'altra intervista a Imagawa rintracciabile sul defunto blog Gunota Headlines (http://aeug.blogspot.it/2006_09_01_archive.html#115846513271697487), da pag. 7 di Mangazine n. 44 (Granata Press, 1995), e da un'intervista a Kunio Okawara pubblicata nel quotidiano "Senkei" nell'agosto 2015, tradotta e pubblicata nella pagina web https://vanishingtrooper.wordpress.com/2015/08/20/interview-with-kunio-okawara-from-the-sankei-newspaper/
10 Vedere punto 1
11 Intervista a Imagawa rintracciabile sul defunto blog Gunota Headlines (http://aeug.blogspot.it/2006_09_01_archive.html#115846513271697487)
12 Intervista a Imagawa presente tra gli extra dei DVD americani della serie (distribuiti da Bandai). In questo caso, vedere File 6 (DVD 6)
13 Intervista a  Imagawa presente tra gli extra dei DVD americani della serie. In questo caso, vedere File 1 (DVD 1) e File 4 (DVD 4)
14 Intervista a Kunio Okawara pubblicata nel quotidiano "Senkei" nell'agosto 2015, tradotta e pubblicata nella pagina web https://vanishingtrooper.wordpress.com/2015/08/20/interview-with-kunio-okawara-from-the-sankei-newspaper/
15 Intervista a  Imagawa presente tra gli extra dei DVD americani della serie. In questo caso, vedere File 1 (DVD 1), File 2 (DVD 2), File 3 (DVD 3) e File 4 (DVD 4)
16 Intervista a  Imagawa presente tra gli extra dei DVD americani della serie. In questo caso, vedere File 5 (DVD 5)
17 Vedere punto 1
18 Come sopra
19 Vedere punto 12
20 Mangazine n. 35, Granata Press, 1994, pag. 9

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Se Mobile Fighter G Gundam fosse stato realizzato come Gundam Build Fighters ("duellanti" che si combattono in un'arena virtuale, utilizzando Moblie Suit che si attivano solo in tale "scenario") di sicuro avrebbe avuto maggiore successo, e non sarebbe diventata una delle serie "maledette" insieme a Gundam Age e After War Gundam X (la cui unica colpa è di essere stata realizzata e trasmessa durante le "fortunate" repliche di Neon Genesis Evangelion)

Jacopo Mistè ha detto...

G Gundam è sicuramente considerato una serie "maledetta", ma questo nulla toglie alla sua buonissima qualità e originalità, non per nulla Build Fighters, ben più apprezzato, si può considerare il suo erede spirituale. Mille volte meglio un divertissement come G che una chiavica ignobile (ma tradizionalista) come AGE.

Megas ha detto...

Ai tempi in cui si ebbe l'opportunità di visionarne gli episodi in un idioma comprensibile non fui attratto da questa serie: ai tempi ero impelagato nella bizzarra convinzione che Gundam fosse "realistico" e reputai visionare una tale serie tempo perso. Per fortuna rinsavii dopo poco e la guardai, più che altro spinto, in realtà, dall'esser venuto a conoscenza che il regista fosse quella vecchia Canaglia di Imagawa, assurto mia divinità personale con la serie di Giant Robo. Che dire, ne valse e ne vale ancora oggi la pena: azione davvero bella con quelle belle trovate folli proprie di Imagawa (il Choukyuu Haou Den'eidan dove Master Asia diventa una sfera di energia sparata da Domon è sola una di quelle fantastiche trovate). Sebbene la qualità generale non sia eccezionale è innegabile che vi siano picchi davvero alti come gli scontri fondamentali, dove ombreggiature ed animazioni esagerate la fanno da padrone per bilanciare la volontà di non porsi limiti tra personaggi e colpi di scena. Ci sarebbe da parlare per ore di tutte le chicche (ma anche dei difetti) di questa serie ma rimane il fatto che semplicemente è divertente, ti spinge a veder il prossimo episodio senza remore. A mio parere ho davvero apprezzato il personaggio di Domon: interpretato da un ottimo doppiatore e si il classico fanatico di arti marziali ma anche uno che paga praticamente sempre le conseguenze del suo orrendo caratteraccio essendo limitato dal fatto e, in quanto combattente, "capace di esprimersi solo con i pugni". Ho per questo trovato davvero bella la risoluzione cercata contro l'ultimissimo nemico, in cui finalmente il protagonista fa un passo per cambiare radicalmente, risultando in una scena davvero bella per animazioni e musica e culminando in uno dei colpi finali oramai diventati leggenda ma che, nella bizzarra logica di G-Gundam, è la somma perfetta delle scene precedenti.

Jacopo Mistè ha detto...

Nulla da aggiungere al tuo commento. :)
G Gundam è ancora oggi una signora serie criminalmente odiata da molti.

Sam ha detto...

Se G Gundam è considerata una serie "maledetta" un motivo c'è: come tutti gli anime di Imagawa, ha una cornice di fondo ingenua e idiota in omaggio a come erano gli anime e manga degli anni 60 ( che Imagawa adora).
Ne viene un prodotto per nostalgici o fan del regista , e mal si adatta a tutti gli altri : questo difetto di ingenuità è ancora più accentuato se abbianto a una serie coem Gundam che ha fatto del "realismo" che non ha mai avuto , a dire il vero) uno dei suoi punti di forza.
Chi scrive non è un fan di Gundam nè dei real robot, ma G Gundam non mi è piaciuto lo stesso.
Il motivo ?
Le sceneggiature orribili, i personaggi e le situazioni ridicole.
Le storie sono blande e sempliciotte, e piene di buchi narrativi : il torneo dei Gundam è la competizione sportiva peggio gestita dell' universo, con i piloti che decidono quando e contro chi combattere, se l'incontro è ufficiale o meno : non esiste una tabella di gironi dei duelli, Domon, abbandona il torneo dopo pochi episodi per seguire il suo Maestro senza alcuna squalifica o altro e via così.
Anche se la trama di fondo è seria, è difficile mantenere una certa drammaticità in un anime popolato da robot-mulino a vento o colpi finale a forma di cuore rosa.
Belli i disegni e le animazioni, ma non bastano certo a farne un anime morabile.
G Gundam è l'esempio perfetto di come fossero caduti in basso gli anime degli anni 90, considerate ormai produzioni vuote e commerciali che avevano stufato pubblico e critica.
Almeno fino all' arrivo di Evangelion, il cui successo salverà l'intero settore, come noto .

woo ha detto...

A me piacque molto. Acquistai i dvd delle edizioni di Hong Kong. Da principio davvero non sapevo cosa pensare, abituato come ero a serie come Gundam 0079, Z o ZZ Gundam (demenziale, sì, ma sempre riconoscibile come classica serie di Gundam). Eppure, episodio dopo episodio, non riuscivo a smettere di vederla. Diventiva sempre più surrelae ed eccessiva. Ciononostante l'ho vista tutta (non posso dire lo stesso di altre serie robotiche) e il finale esagerato e assurdo l'ho trovato perfetto per una serie del genere! L'idea poi della tragedia familiare sottostante offriva quella vena drammatica che altrimenti sarebbe mancata e che, forse in quel caso, davvero la serie avrebbe finito forse per annoioare. Pollice alzato, quindi. Davvero non comprendo i detrattori di G Gundam. C'è stato ben di peggio. Wing in primis!

DISCLAIMER

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, viene aggiornato senza alcuna periodicità e pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge 7 marzo 2001 n. 62. Molte delle immagini presenti sono reperite da internet, ma tutti i relativi diritti rimangono dei rispettivi autori. Se l’uso di queste immagini avesse involontariamente violato le norme in materia di diritto d’autore, avvisateci e noi le disintegreremo all’istante.