lunedì 16 novembre 2009

Recensione: Gurren Lagann

GURREN LAGANN
Titolo originale: Tengen Toppa Gurren Lagann
Regia: Hiroyuki Imaishi
Soggetto: GAINAX
Sceneggiatura: Kazuki Nakashima
Character Design: Atsushi Nishigori
Mechanical Design: You Yoshinari, Imai Toonz
Musiche: Taku Iwasaki
Studio: GAINAX
Formato: serie televisiva di 27 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2007
Disponibilità: edizione italiana in dvd a cura di Dynit

 

Il piccolo Simon e l'amico del cuore Kamina vivono nel villaggio di Jiha, in un pianeta Terra desertico e governato con pugno di ferro dall'impero dei gunmen che costringe gli umani a vivere sottoterra. Simon è uno timido scavatore, Kamina uno scavezzacollo che non vede l'ora di uscire in superficie e andare all'avventura. L'incontro con la bella Yoko, provieniente dall'esterno, e il ritrovamento di una piccola e misteriosa trivella, capace di attivare il buffo e potente robot Lagann, cambiano le loro vite: usciti dal villaggio, vivranno una straordinaria avventura che li porterà a guidare una ribellione contro l'esercito dei gunmen.

Il parere del Mistè

Diventa quasi stucchevole sottolineare, a ogni nuovo lavoro, l'estro creativo dello studio GAINAX, che con rinnovata originalità supera sempre se stesso nella creazione di esplosivi concentrati di comicità, fanservice e strabilianti aspetti grafici, senza rinunciare comunque a trame profonde, per merito del suo talentuoso staff, nonostante la timida statura economica (che lo costringe più volte a delegare ad altri studios la produzione delle animazioni.) Nel 2007 ancora una volta la storia si ripete: nuovo soggetto intrigante, nuove strizzate d'occhio ecchi (le curve della formosa e bellissima Yoko), nuova megaproduzione animata (si conta la collaborazione di più o meno 80 studios), ancora un look grafico coloratissimo e semi-demenziale, ereditato da FLCL e Diebuster. Una storia di robottoni, comicità e temi maturi. Gurren Lagann.

Cos'è Gurren Lagann? Di tutto e di più: è una storia avventurosa e frizzante di personaggi tamarri all'inverosimile, gag assurde e scorrette, fanservice a profusione e mecha bizzarrissimi e kawaii, retta su inserti seri e commoventi perfettamente amalgamati. Il tutto condito con regia e animazioni da infarto e un accompagnamento sonoro rap ("RAW RAW! Fight the Power!") che a volte sconfina in brani ochestrali dall'irresistibile epicità. Descriverlo nel dettaglio è tutto fuorché facile perché Gurren Lagann è pura follia, un mix di mille generi e atmosfere che, fedele ai dettami GAINAX, non cessa di meravigliare per inventiva narrativa e registica, accompagnando momenti di immenso pathos. Tema prediletto della storia è l'evoluzione: caratteriale nel timido Simon, che vive all'ombra del suo amato fratellone Kamina fino al momento di prenderne il posto, ereditandone le responsabilità e diventando un adulto; robotica nel robottone protagonista, che nel corso della serie, a seconda delle fusioni che effettua con un intero esercito di macchinari, diverrà sempre più massiccio e potente fino a superare in grandezza interi pianeti. L'occasione di raccontare una toccante storia di crescita interiore, ma sopratutto di esplorare, rinnovare, superare oltre l'impossibile la spettacolarità propria del genere robotico: Gurren Lagann significa la più grande orgia tecnica e visiva mai prodotta in questo contesto, significa un budget da capogiro utilizzato per esaperare oltre l'inimmaginabile il concetto di "mazzate robotiche" date da fusioni bizzarrissime, mecha design buffo e grottesco (tra robottoni con occhiali da sole e colossali bestie super-deformed) e combattimenti distruttivi nel quale finiscono a pezzi intere galassie. Un calderone di esplosioni colossali, effetti speciali dai mille colori e soluzioni grafiche avveniristiche (il chara che si modella a seconda delle atmosfere, gli intriganti eyecatch fumettosi), che frustano gli occhi nella loro inventiva selvaggia. Al punto che "dimentica l'impossibile, supera la razionalità!", urlo di battaglia di Kamina, diventa un inno immortale non solo per gli eroi della storia.

Ci si affeziona alla galleria di assurdi personaggi e alle loro love-story, si ride di gusto nelle loro folli avventure, ci si commuove di fronte a spiazzanti e crudeli eventi drammatici. Infine, cade spesso e volentieri la mascella per la scoppiettante e schizofrenica regia che sembra quasi sul punto di esplodere per frenesia e piano-sequenza infiniti. Gurren Lagann trasuda carisma da tutti i pori rappresentando un manifesto post-moderno del genio creativo dell'animazione seriale, nonché un nuovo minestrone di infinite citazioni, come da natura del noto studio otaku, di ogni genere di anime assimilato fino a quel momento dai vari sceneggiatori (si passa da omaggi evidenti come quelli a Evangelion, Ashita no Joe e Gaiking - da cui deriva il design del Gurren Lagann - per arrivare a nerdate incredibili come la struttura della serie basata su quella di Votoms, senza dimenticare il soggetto che quasi di sicuro riprende quello del dimenticato, divertentissimo Blue Gale Xabungle), parodiando ed estremizzando al limite infinito l'impianto Super Robotico. Tanto genio che, fonte di meraviglia e sgomento, è per rovescio artefice di una certa delusione nel secondo e conclusivo arco narrativo. Tanto più la prima parte, per divertimento e pazzia, rimane nella memoria come un capolavoro di genio; la successiva, ambientata anni dopo, si prende troppo sul serio.


Si parla di invasioni aliene, ragion di stato, atmosfere apocalittiche e morti a profusione, e lo stile grafico demenziale diventa arma a doppio taglio: perfetto per un'avventura fresca e leggera con sporadici momenti commoventi, ma nel contesto di un intreccio cupo mostra i suoi limiti impedendo di prendere il tutto adeguatamente sul serio. Niente più umorismo, solo un'esasperazione di uccisioni, sacrifici e atmosfere trucide per una drammaticità così estrema da divenire stucchevole. E, un po' per i disegni, un po' per la dipartita di personaggi a cui ci si affezionava proprio perché surreali (umanamente insignificanti, nonostante il vano tentativo di correre ai ripari), si assiste abbastanza freddi al susseguirsi di catastrofiche puntate dove muoiono senza lasciare il segno individui che cercano in ogni modo, inutilmente, di commuovere. Dal punto di vista dello spettacolo i limiti visivi precedenti sono superati dagli scontri e dalle trasformazioni più "impossibili" mai viste in animazione, ma, se l'occhio è appagato, questa volta non lo è il cervello. Il finale poi, gratuitamente triste, è così fuori posto da stonare davvero troppo lasciando un amaro retrogusto.

Tirando le somme, e alla luce del successo di critica (Excellent Prize 2007 al Japan Media Arts Festival, miglior produzione televisiva e miglior character design al Tokyo International Anime Fair), si può dire con certezza che, per importanza storica, Gurren Lagann rappresenta quasi sicuramente un titolo che avrà un'influenza più o meno enorme nei prossimi decenni di animazione robotica. Difficile sotto questo punto superarne i fasti. Peccato che, a parere di chi scrive, l'ultimo quarto di storia rimanga una delusione non da poco, tendente addirittura alla delusione. Voto, quindi, che cerca di mediare tra il rimpianto di chi scrive e l'importanza che rivestirà l'opera nel tempo a venire.

Voto: 7,5 su 10


Il parere del Di Giorgio

Nell’arco delle 27 puntate che la compongono, una serie anime capolavoro come Sfondamento dei cieli Gurren Lagann ridefinisce i codici del cartoon robotico grazie a un attento lavoro sugli stereotipi che hanno fatto grande il genere, ricollocati in un’ottica post-moderna. La serie pesca a piene mani dal passato, servendosi del citazionismo come mappa su cui fissare una serie di punti, per poi investire direttamente concetti che si richiamano alla fisica quantistica, in modo da superare ogni limite e dare forma a una narrazione che trova la sua liberazione nell’eccesso più puro: robot sempre più potenti si fronteggiano in battaglie che superano lo spazio tempo, in un tripudio di esplosioni e energia lasciata libera di scorrere sullo schermo, mantenendo così lo spettatore in uno stato di perenne euforia.

Nonostante l’attenzione a un racconto sempre sovraeccitato e portato al massimo dei giri, Gurren Lagann è dunque terreno di ricognizione del già fatto e di sperimentazione di nuove soluzioni: che da tradizione GAINAX sono visive, attraverso la giustapposizione di stili differenti che spesso lasciano spazio alla creatività dei singoli disegnatori, ma anche narrative, capaci di interrompere la linearità del racconto per improvvise digressioni che magari aprono squarci in altri generi: la parentesi con Yoko maestra, ad esempio, rimanda più a generi cari alla Nippon Animation che a quel Ken Ishikawa chiamato in causa come nume tutelare grazie ai precisi riferimenti alla Getter Saga.

D’altronde l’intero concept della serie è articolato attraverso il ciclico ritorno su situazioni che permettano di stabilire due opposti, la conservazione e l’evoluzione. Nell’arco della loro avventura, infatti, i membri della Brigata Gurren dovranno più volte combattere una lotta di liberazione che sia soprattutto rivolta a esaltare il completamento di un sé in perenne divenire. Contro di loro, invece, si staglierà chi, in nome di una volontà difensiva dell’equilibrio, ha costretto (o intende farlo) l’umanità nel baratro della disperazione e della stasi perenne. Il tema della spirale, evocato dalle trivelle del super robot Gurren Lagann, dal movimento delle galassie e dalla struttura del DNA rimanda infatti a un’idea di tutto coerente laddove è lasciato libero di esprimersi nella perenne evoluzione, contraddetta dai paladini di uno status quo visto irrimediabilmente come depressione dell’istinto.

 
Il che naturalmente conduce a due derive fondamentali: la prima è quella di una critica sistematica ai pilastri codificati del reale e alle figure dell’autorità, siano esse la politica, la religione e tutto ciò che intende imbrigliare l’istinto in strutture organizzate e oppressive. Alla ragione si preferisce un ideale utopistico nella ricerca di un fine sempre spostato in avanti, oltre le soglie dell’impossibile, che però non diventa tanto spregio della tradizione quanto volontà di superare la stessa. Perché, e qui la sceneggiatura di Kazuki Nakashima dimostra tutta la sua intelligenza, il punto non è creare una frattura tra il passato (immobile) e il presente (dinamico), ma sfruttare il primo come base d’appoggio, come terreno di coltura in cui far germogliare quegli elementi che possano definire la via da percorrere. Il che naturalmente ci riporta al citazionismo citato all’inizio: Gurren Lagann è consapevole di poter innovare il genere robotico solo laddove ne conosce (e ne ossequia) a perfezione i codici e i limiti. Di qui scaturisce naturalmente la centralità di un personaggio come Kamina, che pure è fattivamente poco presente nel corso della storia, al contrario del reale protagonista Simon. Kamina infatti rappresenta esattamente l’incarnazione di una tradizione che vuole rimettersi in gioco (non a caso il motore che lo spinge all’azione è un ricordo del padre), che il racconto intende omaggiare ma al contempo superare. È lui, dunque, a codificare tutta una serie di elementi iconici del racconto - entrando così in risonanza con la conoscenza degli stilemi radicati nella memoria storica del suo pubblico - e a determinare le varie svolte della storia: è lui a dare il nome ai robot e alla Brigata Gurren, è ancora lui a suggerire l’idea dell’agganciamento che forma il Gurren Lagann, e, non ultimo, è lui a designare letteralmente Simon come autentico eroe e protagonista dell'avventura. A dispetto del suo apparente agire sconsiderato, Kamina non sbaglia mai alcuna mossa, la sua avventatezza è sintomo di un coraggio radicato nell’indole guerriera del Giappone e permette ai personaggi di liberare il proprio potenziale nascosto.

Qui si instaura dunque la seconda deriva del racconto. Quella, cioè, che chiama in causa lo stesso pubblico degli appassionati, costretti a rispecchiarsi nel proprio ruolo di difensori di una memoria storica che non deve mai diventare museificazione del passato e glorificazione asfittica in nome della nostalgia, a detrimento al presente. Al contrario, il regista Hiroyuki Imaishi ci ricorda che se abbiamo amato il passato per la vitalità che era stato capace di esprimere, non possiamo che sognare di rendere altrettanto vivo il presente attraverso la sua continua evoluzione, lungo quel percorso che da Tetsujin 28 e Mazinger Z, capostipiti del genere, ha portato a Gurren Lagann.

Voto: 10 su 10

ALTERNATE RETELLING
Gurren Lagann: Childhood's End (2008; film)
Gurren Lagann: The Lights in the Sky are Stars (2009; film)

ALTRO
Gurren Lagann Parallel Works (2008; special)
Gurren Lagann Parallel Works 2 (2010; special)

12 commenti:

Simone Corà ha detto...

Titolo italiano già leggendario, oserei dire...

Kadas999 ha detto...

Appena finito di vedere. Vorrei dire soltanto due cose, una di carattere generale, una relativa alla recensione del Mistè:
1) Ragazzi non mi stancherò mai di ripeterlo e Gurren Lagann ne è l'ennesima conferma, i GAINAX sono dei fottuti genii. Nadia, Evangelion, FLCL e adesso anche un'opera di tale spessore (al di là del fatto che può piacere o meno) come Gurren Lagann. Insomma la forza nerd scorre forte in loro.
2) Mistè, la recensione è ottima, da manuale, forse una delle migliori che hai scritto. Tuttavia devo dissentire riguardo ad una stupidaggine forse la stupidaggine delle studidaggini, ossia il voto. Al di là di quanto possa realmente contare il voto, se c'è, allora deve pur contare qualcosa e se conta qualcosa,allora un anime come Guerren Lagann non può essere associato ad un 7,5. Concordo appieno con le tue critiche, ossia finale che è un pugno in un occhio e lo stridere tra personalità caricaturali e situazioni gag in un ulteriore salto di profondità dei temi nella seconda parte. Ma questo anime, se non per una realizzazzione tecnica e sonora da capogiro, e non per una sceneggiatura profonda (per non dire con i controcazzi), e non per le (auto)citazioni della migliore specie a gogo,ma per quella fottutamente lucida rivoluzione concettuale che miscela generi e situazioni diverse per realizzare un prodotto follemente geniale, per questo e almeno per qusto dovrebbe meritarsi almeno un 8. Per unsare un analogia è come il fatto che Kubrick non abbia mai vinto un oscar, insomma pur essendo una cavolata, stona.

Jacopo Mistè ha detto...

Le tue posizioni mi hanno convinto. È inutile stare a dire che i voti delle mie recensioni rappresentano sempre e solo il MIO personale gradimento personale dell'opera, ma forse Gurren Lagann, per le ragioni che dici, è uno di quei classici titoli liquidabili con un s.v. perchè la sua innovazione e originalità conta più dei contenuti (tipo Gasaraki o Aria). Appena torno a casa vedrò di modificarla, grazie ancora :)

Simone Corà ha detto...

Bravo Kadas, distruggi il Mistè e fallo sentire in colpa.

Concordo con tutto quello che dici (e che dice Davide nella nuova recensione e, okay, in fondo anche con quello che dice il Mistè), Gurren Lagann mi ha sconvolto dal primo episodio per l'intelligente pazzia registica e per l'impressionante profondità di sceneggiatura e personaggi. Il carisma di una così potente messinscena ironica/drammatica mi ha lasciato spesso a bocca aperta, e in fondo i tanti, tanti difetti non credo possano scalfire più di tanto l'importanza dell'opera di Imaishi.

Unknown ha detto...

Vado controcorrente.
Io come voi avrò visto (quasi) tutte le serie robotiche mai fatte, fin da quando sono stato piazzato di fronte a una tv nel 1980 e il resto me lo sono recuperato col web.

Gurren Lagann è probabilmente la serie Gainax che ho trovato meno innovativa e originale.

Certo, tecnicamente è una serie Gainax, e non c'è niente da aggiungere. Ma anche sul piano tecnico, per dire, aveva fatto molto di più FLCL (non parlo di numero di fotogrammi, ma proprio di soluzioni visive).

Quanto alla storia, beh, credo che volontariamente Gainax abbia scelto il citazionismo massimo. NIENTE è davvero inventato: lo spiral è un reprise dei raggi Getter, l'ambientazione nomade ricalca Xabungle, c'è la classica morte del pilota, le facce sui torsi dei robot sono prese da Nagai, il pilota ragazzino cresce come Kappei, ecc.

Vi dico anche questo: a metà serie ho smesso di seguirla con continuità. Mi annoiava, forse perchè non ci vedevo davvero niente di fondamentale (se non altro Eva ti incolla alla sedia dalla tensione).

Tempo dopo l'ho ripresa, l'ho finita, tutto molto bello, si sono fatti la loro serie di Super Robot... ma non è queesto che secondo me consegna Gainax alla storia :)

Jacopo Mistè ha detto...

Sono d'accordo che alla fine GL è la fiera delle citazioni, anzi si può tranquillamente dire che rappresenta alla fine un'evoluzione, più di FLCL (che non ho visto), di Diebuster (è lì che vediamo robottoni giganti scagliarsi addosso pianeti et similia), ma che dire, a parte il finale schifido devo dire che mi è piaciuto molto. Una visione disimpegnata coi fiocchi :)

Poi si va anche a gusti, pensa che Eva a me è piaciuto molto di meno, trovando in esso ancora più mancanza di ispirazione di GL (un robotico ordinario con l'aggiunta di seghe mentali, se mi perdonerai il disprezzo per Pirandello, dialoghi interiori e tutti quegli artifizi snob inventati da Anno).

Comunque sei un ganzo per aver citato Xabungle, lo sto guardando proprio in questo periodo (sono alla 15) e dire che mi sta piacendo un casino è dir poco, il robotico/western più comico, dissacrante e coinvolgente ever! Se rimane su questo livelli lo inserisco di sicuro tra i must assoluti di Tomino.

Unknown ha detto...

Penso che Xabungle sia un pò la controparte solare di Dunbine (sono entrambi dell'83) come lo è stato Daitarn con Zambot ;)

Comunque lungi da me voler "parlare male" di Gurren, è un super-cartone, anzi, lo ricorderemo come uno degli ultimi che si porta ancora dietro il feeling degli anni 70-80.

Nel paragone con Eva, però, Eva vince sul piano dell'innovazione (e ha avuto il suo boom anche per questo). Io potrei preferire Gurren perchè adoro il super robot anni '80, ma Eva ha saputo reinventare e rilanciare il canovaccio, è stato oggettivamente una pietra miliare.

GL è "semplicemente" una bellissima serie. In Eva viene ripreso l'archetipo classico e viene riscritto secondo canoni più moderni e razionali: i piloti sono dei bambini perchè a causa della sincronia con gli Eva sono gli unici che possono pilotarli, il nemico attacca sempre la stessa città perchè è lì che si trova il primo angelo, la città può essere parzialmente distrutta e riapparire magicamente la puntata dopo perchè è già attrezzata per la battaglia, ecc. E in più ha aggiunto l'aspetto psicotico ed esoterico che ha influenzato tutta la produzione seguente. Il suo stile visivo, con una regia moderna e frammentata, ha fatto scuola, per non parlare del mecha design (Dual, Eureka Seven e altri che ora non mi ricordo sono tutti figli suoi... in G-Dangaio i piloti sono in plug suit)...

Non voglio dilungarmi troppo ma anche FLCL è stato molto innovativo, mentre per GL siamo tornati su canovacci molto standard, cioè riedizioni di copioni già visti fatti semplicemente con la grande tecnica che può metterci la Gainax al giorno d'oggi ;) Per me è ottima ma se confrontata con le altre dello stesso studio è forse la più debole :)

emilio ha detto...

Sequenze di grandissimo spettacolo, con un design molto ispirato e simpatico. Ma il comico e il melodramma qui davvero si mescolano come acqua e olio, e la sceneggiatura ha la spiccatissima tendenza a buttarla in caciara: spostare continuamente il focus "oltre" (sempre una nuova minaccia, un mecha ancora più grosso, una nuova dose di technobabble etc) per allontanare l'attenzione dai punti deboli. Insomma, mi sembra che essere perennemente "in movimento" sia il suo pregio ma anche il suo difetto. Va notato d'altronde come questa serie aggiunga un tassello al grandioso affresco offerto da GAINAX negli ultimi vent'anni, un multiverso disparato nello spazio e nel tempo ma accomunato da un'unico ardito assunto fantascientifico: che i reggiseni non siano mai stati inventati...

Jacopo Mistè ha detto...

In effetti è un universo molto intrigante e pieno di premesse :d

Concordo con ciò che scrivi, gli ingredienti comici e drammatici non sono dosati bene, sopratutto nell'arco narrativo finale che è quello che m'è piaciuto di meno e che mi ha fatto dare il voto che ho dato. Rimane da sè che invece la continua ricerca del robot più grande, dell'esagerazione a tutti i costi etc per me è perfetta e in linea col tema evoluzionistico della trama. Del resto Gainax rimane Gainax, lo studio che vuole omaggiare in ogni occasione un tipo di animazione che non esiste più, in questo caso quella robotica degli anni 70. Che altro modo di farlo se non rielaborando all'estetica moderna le idee fracassone di quelle opere? ;)

Andrea Piccolo ha detto...

A me è piaciuto. Se devo valutarlo oggettivamente, però, narrativamente parlando, è una ciofeca.
Bellissima colonna sonora, animazioni fantastiche, certi momenti sono toccanti, ma nel complessivo e narrativisticamente e concettualmente è stato largamente sovravalutato

Zio998 ha detto...

Attratto dai Vostri commenti, ancorché - al solito - in estremo ritardo, mi sono comprato il blu ray di GL. Ricordo che in tv erano più pixel impazziti che animazione (l'SD dovrebbe essere vietata, per simili opere), e all'epoca ci avevo rinunciato. Condivido tutta la rece originaria (il cui voto, giustamente, non è stato modificato) perché la sontuosa veste grafica non cancella nè il "bipolarismo narrativo" (siamo di fronte ad uno Zantarn 3,o forse Daibot 3, ma ho pensato soprattutto a ZZ, ci sarà stata qualche influenza esterna in corso d'opera?) nè il finale un poco aspro e,tutto sommato, deludente. Poteva essere una serie perfetta: è bella, ma non ci riesce. Adesso vado a caccia di Xabungle. Sempre grazie

Jacopo Mistè ha detto...

Mamma mia, Xabungle.
Quanto ti invidio, tu che tu lo vedi per la prima volta.
Goditelo, è una meraviglia criminalmente rimossa dalla memoria colletiva.
Troppe persone dovrebbero vedersi questo capolavoro (insieme ad altre serie grandissime e d'autore di quegli anni poco calcolate, come Dunbine, Dougram, Votoms e Layzner) invece di pensare a Gurren Lagann. ;)

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