VAMPIRE HUNTER D
Titolo originale: Vampire Hunter D
Regia: Toyoo Ashida
Soggetto: (basato sui romanzi originali di Hideyuki Kikuchi)
Sceneggiatura: Yasushi Hirano
Character Design: Yoshitaka Amano (originale), Indori Goya (Noriyasu Yamauchi, Sanae Kobayashi, Takahiro Yoshimatsu, Yoshifumi Miyaji, Hiroshi Kojina)
Musiche: Tetsuya Komuro
Studio: Production Reed
Formato: OVA (durata 78 min. circa)
Anno di uscita: 1985
Disponibilità: edizione italiana in DVD a cura di Yamato Video
Partendo dal principio, sui libri originali si può dire ben poco, mai usciti in Italia e di cui possiamo giusto avere un assaggio dalla incompiuta ma magnifica trasposizione manga del 2007 curata da Saiko Takaki (parzialmente arrivata da noi per J-Pop in 6 volumi su 8 totali). Sappiamo che nel mondo post-apocalittico immaginato da Kikuchi convergono scenari da cinema di paura, western, fantascienza e occultismo (grandissimo fan di Dracula il vampiro di Terence Fisher, pellicola cult del 1958, l'autore voleva inizialmente raccontare una storia d'orrore ambientata nel presente, di un vampiro cacciatore di suoi simili, ma il genere non era sufficientemente commerciale per le case editrici e per questo ha preferito spostare le vicende in un lontanissimo futuro, associando l'horror ad altri elementi narrativi per poter interessare più pubblico possibile1), e sicuramente sappiamo che il principale motivo della popolarità della saga, in madrepatria come all'estero, consiste nelle copertine e nelle illustrazioni di Yoshitaka Amano. Lo storico character designer dei supereroi della Tatsunoko Productions conia proprio con le avventure di D quel tratto magico, onirico, surrealista e da art nouveau che lo renderà famosissimo alle platee internazionali (prima ancora di assurgere all'empireo della popolarità con un'altra saga di videogiochi, quella di Final Fantasy): le sue figure umane, con le loro colorazioni ad acquerello, sospese tra realtà e sogno negli sguardi, nelle fisionomie e nell'abbigliamento, comunicano una dimensione fantastica surreale dall'impeccabile eleganza artistica, contribuendo a rendere il tenebroso D un sex symbol per legioni di lettrici2. L'OVA, targato Ashi Productions (oggi Production Reed), all'epoca cercava di omaggiare la saga sintetizzando nell'home video e in soli 78 minuti di durata la primissima avventura di D, ma falliva ostinandosi a trasporre l'articolata vicenda senza neanche cercare di snellirla nel poco spazio a disposizione.
Vampire Hunter D ha dalla sua tre grandi pregi: è visivamente interessante, è scorrevole e dura poco. Il punto primo è il più importante e unico degno di considerazione, traducendosi nel discreto adattamento riservato ai disegni di Amano. Si può ben dire che il collettivo Indori Goya riesca a inventarli (non dimentichiamo che quasi tutte le illustrazioni di Amano riguardano il solo D, perciò i vari comprimari e mostri sono tutti basati sulle descrizioni "letterarie" di Kikuchi) e traghettarli in animazione senza risultare troppo radicale, garantendo uno spettacolo sufficientemente soffuso e crepuscolare che quantomeno giustifichi la visione: i vari artisti donano una buona forma e immagine allo spettrale mondo vampiresco di di D, contribuendo in modo determinante, insieme all'Angel's Egg oshiiano uscito giusto sei giorni prima nelle sale nipponiche, a pubblicizzare al grande pubblico il nuovo stile coniato da Amano. Non è assolutamente una cosa da poco, visto che è risaputo (lo conferma anche Yoshiaki Kawajiri3 quando nel 2001 adatta il terzo romanzo della serie nel bel lungometraggio Vampire Hunter D - Bloodlust) che quella di adattare la sua arte ha sempre rappresentato per tutti gli audaci che ci hanno provato una sfida impegnativa. Poco importa, quindi, se alla fine il design di alcuni attori della storia magari si riveli parecchio lontano dall'idea che si sono fatti altri lettori dei libri (basti pensare al citato manga della Takaki, che immagina e disegna Doris, Larmica, Greco e Rei Ginse in modo enormemente diverso, irriconoscibili rispetto a quelli visti nell'OVA): a livello di immaginario visivo, ci siamo.
Ahinoi, al di là del buon design il resto è da dimenticare però in toto. Come nel primo romanzo, l'apparentemente esile spunto di partenza si rivela meno banale delle aspettative: per la sua durata, Vampire Hunter D non si riduce a una semplice storia d'azione lineare di un eroe che penetra in un castello e uccide milioni di mostri salvando infine la bella. Partirà anche così, ma si succedono poi un buon numero avvenimenti inaspettati: troviamo un pretendente fallito della bella, doppiogiochista, che si allea col vampiro per farla sua; la figlia di Magnus (vampiressa complessata à la Twilight) che cerca in ogni modo di impedire al padre di sposare una insignificante umana; l'intero villaggio di Ransylva che finisce a un certo punto vampirizzato; ostaggi a go go e infine una combriccola di mostri, guidata da un ambizioso mutante, che instaura una personale rivalità con D e con lo stesso vampiro, cercando di mettersi in mezzo tra i due per ottenere vantaggi e annientarli entrambi. Succedono molte cose in questa storia di sangue e vampirismo, ma se in 270 pagine del libro c'è tutto il tempo di approfondire con la dovuta naturalezza, replicarlo interamente in meno di un'ora e mezza di video rinunciando in toto ad adattarlo è follia. Com'è ovvio, lo sceneggiatore Yasushi Hirano non riesce a trattare con diligenza le varie sottotrame, gestendole male ("aiutato" da un pessimo montaggio) e, pur di stare loro dietro e non rinunciarvi, impoverendo la resa narrativa della vicenda più importante. Il senso di patetismo raggiunge livelli insostenibili con i brutali stacchi che tagliano impietosamente e ripetutamente l'azione, con gli inascoltabili dialoghi da action di serie B grondanti ingenuità e con scenette di raccordo così veloci e mal scritte da perdere ogni possibile pathos. Penoso anche notare che, per mandare avanti una trama così sfilacciata, così carica di fatti superficialmente gestiti, Hirano ricorri a espedienti e scene prive di logica, messi lì perché sennò sarebbe difficile giustificare sviluppi successivi. Il pensiero non può che correre alla scena in cui viene tagliata la mano a un certo cadavere (evito nomi per evitare anticipazioni): l'arto, come sa lo spettatore, è dotato di poteri soprannaturali e soprattutto è un'entità senziente. Nel romanzo e nel corrispettivo manga viene recisa per questo motivo (per impedire che possa fare qualcosa, o quantomeno per questo sospetto), mentre sull'OVA così, tanto per fare, senza nessuna finalità o spiegazione credibili - ma l'atto avrà comunque avrà serie ripercussioni dopo! Ci si potrebbe anche domandare perché un cattivo sanguinario cerchi all'improvviso e senza uno scopo di salvare un bambino di cui non gli interessa minimamente la sorte, dal momento che questa azione incoerente troverà poi il suo peso schiacciante. Queste ingenuità colossali e inspiegabili attestano perfettamente la poca dimestichezza di Ashida nella sua mansione di regista, tant'è che lo stesso ammetterà di essersi trovato poco a suo agio nel ruolo e in evidente difficoltà, essendo normalmente abituato a fare l'animatore4. Porrei l'attenzione anche sul netto ridimensionamento della forte carica sessuale del romanzo (improntata ovviamente sullo storico conoubio vampirico ed erotico dell' Eros/Thanatos, senza dimenticare la spiccata indole "aggressiva" di Doris, in questo senso), scelta incomprensibile visto che parliamo di un prodotto nato per otaku e venduta in un mercato privo di paletti di censura.
I disegni e la sinistra colonna sonora di Tetsuya Komuro cercano di mascherare lo squallore sceneggiativo, ma è inutile farlo se pure la regia e le quattro scene d'azione in croce seguono una messa in scena quasi dilettantistica. Perché l'eroe, visti i suoi incredibili poteri e il suo atteggiarsi a figo, sa muovere solo qualche fendente con la spada in inquadrature prive di dinamismo? Perché i combattimenti sono così corti e statici? Vampire Hunter D è il classico titolo dove conta più l'estetica dei contenuti: può starci, ma è grave che tutto questo cosiddetto fanservice si basi sulla sola resa grafica e sulla pregevole e colorata fotografia, in un action-horror, animato complessivamente bene in tutto a parte (ma pensa!) che nelle scene che contano, dove la poca azione è realizzata malissimo, dove le sequenze appassionanti sono spezzettate da avvenimenti inutili e in cui ogni scena viene da pensare che la si sarebbe potuta impostare o dirigere meglio. Per carità, c'è ben di peggio di questo lavoro che, a guardarlo con spirito allegro, può anche divertire nella sua innocua ridicolaggine, ma stupisce davvero vedere tanta cura visiva sprecata nel realizzare una simile barzelletta. Molto meglio, a questo punto, rivolgersi al già citato lungometraggio di Kawajiri che uscirà sedici anni dopo: rende più giustizia al più famoso dei Dhampir in tutto e per tutto, sfruttando in modo molto più consono e riuscito il suo budget.
L'opera è edita in Italia da Yamato Video sin dal 1993, quando è arrivata in VHS (oggi è stata riversata in DVD). Come quasi tutti i titoli di quegli anni, Vampire Hunter D pecca di un adattamento dei testi abbastanza superficiale, doppiato in modo inutilmente sovraccarico, ma tutto sommato ci si può accontentare visto che il senso ultimo dei dialoghi è rispettato e la storia non ne perde in comprensibilità.
Voto: 5,5 su 10
SEQUEL
Vampire Hunter D: Bloodlust (2001; film)
FONTI
1 Intervista (video) a Hideyuki Kikuchi pubblicata su Youtube alla pagina https://www.youtube.com/watch?v=wL5TYcUw1P8
Regia: Toyoo Ashida
Soggetto: (basato sui romanzi originali di Hideyuki Kikuchi)
Sceneggiatura: Yasushi Hirano
Character Design: Yoshitaka Amano (originale), Indori Goya (Noriyasu Yamauchi, Sanae Kobayashi, Takahiro Yoshimatsu, Yoshifumi Miyaji, Hiroshi Kojina)
Musiche: Tetsuya Komuro
Studio: Production Reed
Formato: OVA (durata 78 min. circa)
Anno di uscita: 1985
Disponibilità: edizione italiana in DVD a cura di Yamato Video
Il solitario e silenzioso D è un Dhampir, un mezzo-vampiro nato da madre umana. In groppa al suo destriero dalle gambe meccaniche, vaga nelle lande desolate di uno lontanissimo scenario post-apocalittico dell'anno 12090: la sua missione è quella di uccidere la razza dei Nobili, vampiri che da millenni spadroneggiano per la Terra con la loro scienza dopo che nel 1999 il pianeta è stato sconvolto da un olocausto nucleare. Eliminarli è un lavoro che D adempie con metodica, letale precisione, ogniqualvolta trova un datore di lavoro che lo paga per i suoi servizi. La sua strada incrocia un giorno quella della bella Doris Lang, appena ripudiata dal villaggio di Ransylva per essere stata morsa dal millenario conte vampiro Magnus Lee, intenzionato a renderla sua moglie. D decide di entrare nel castello del conte per salvarla...
Non fosse per l'assenza alle musica della compositrice Michiru Yamane, sarebbe impossibile non inquadrare il celebre OVA Vampire Hunter D (1985) come una trasposizione animata di un qualsiasi episodio della saga videoludica Castlevania by Konami. Si scopre invece, con quest'opera di culto basata sul primo romanzo dell'omonima, fluviale saga letteraria del maestro dell'horror giapponese Hideyuki Kikuchi (oggi siamo a quota 26 libri), che sono probabilmente i videogiochi Konami a trarre ben più di una semplice ispirazione all'immaginario dello scrittore, che partorisce il primo romanzo del ciclo addirittura nel 1983, tre anni prima del videogioco iniziale della serie. Tante sono le similitudini che accumunano i due franchise, toccando incipit (eroe ammazzavampiri che deve fronteggiare il succhiasangue della situazione salvando spesso e volentieri anche belle prigioniere nella sua fortezza), stesura del canovaccio (deve affrontare i suoi mostruosi sgherri prima di combatterlo nello scontro finale, presumibilente dentro il castello) e lo stesso aspetto fisico freddo e angelico del protagonista (il mezzo-vampiro Alucard, protagonista principale dell'acclamato Castlevania - Symphony of the Night del 1997, è davvero molto, molto somigliante a D, e la sua stessa character designer, Ayami Kojima, la troveremo molti anni dopo a illustrare i romanzi di Kikuchi). Non mancano neppure, tanto per gradire, fruste usate come arma di offesa (l'arma prediletta del clan dei Belmont, gli eroi di Castlevania) e insospettabili legami di sangue dell'eroe con illustrissimi antenati (il suo nome "D" da dove deriverà?). Grazie, quindi, al regista Toyoo Ashida per aver delucidato il pubblico internazionale sulle probabili ispirazioni di uno dei più celebri brand videoludici (in rete si trovano riferimenti da parte dei fan a interviste e articoli in cui si confermerebbe che Alucard è per davvero ispirato a D e che i romanzi di Kikuchi avrebbero influenzato in modo ancora più determinante i programmatori Konami, ma sortunatamente non sono riuscito a rinvenire le fonti ufficiali quindi rimaniamo, fino a prova contraria, nei termini della semplice speculazione), ma questa curiosità è l'unico motivo per cui valga la pena soprassedere sull'ora e mezza della propria vita passata a guardare un OVA mediocre e ben poco rappresentativo del livello qualitativo dei romanzi, dove a stupire sono più le illogicità di trama che le pur efficaci atmosfere goticheggianti. Con buona pace della celebrità di cui questa produzione animata ha sempre goduto all'estero, uno dei primi anime a sbarcare in America.
Partendo dal principio, sui libri originali si può dire ben poco, mai usciti in Italia e di cui possiamo giusto avere un assaggio dalla incompiuta ma magnifica trasposizione manga del 2007 curata da Saiko Takaki (parzialmente arrivata da noi per J-Pop in 6 volumi su 8 totali). Sappiamo che nel mondo post-apocalittico immaginato da Kikuchi convergono scenari da cinema di paura, western, fantascienza e occultismo (grandissimo fan di Dracula il vampiro di Terence Fisher, pellicola cult del 1958, l'autore voleva inizialmente raccontare una storia d'orrore ambientata nel presente, di un vampiro cacciatore di suoi simili, ma il genere non era sufficientemente commerciale per le case editrici e per questo ha preferito spostare le vicende in un lontanissimo futuro, associando l'horror ad altri elementi narrativi per poter interessare più pubblico possibile1), e sicuramente sappiamo che il principale motivo della popolarità della saga, in madrepatria come all'estero, consiste nelle copertine e nelle illustrazioni di Yoshitaka Amano. Lo storico character designer dei supereroi della Tatsunoko Productions conia proprio con le avventure di D quel tratto magico, onirico, surrealista e da art nouveau che lo renderà famosissimo alle platee internazionali (prima ancora di assurgere all'empireo della popolarità con un'altra saga di videogiochi, quella di Final Fantasy): le sue figure umane, con le loro colorazioni ad acquerello, sospese tra realtà e sogno negli sguardi, nelle fisionomie e nell'abbigliamento, comunicano una dimensione fantastica surreale dall'impeccabile eleganza artistica, contribuendo a rendere il tenebroso D un sex symbol per legioni di lettrici2. L'OVA, targato Ashi Productions (oggi Production Reed), all'epoca cercava di omaggiare la saga sintetizzando nell'home video e in soli 78 minuti di durata la primissima avventura di D, ma falliva ostinandosi a trasporre l'articolata vicenda senza neanche cercare di snellirla nel poco spazio a disposizione.
Vampire Hunter D ha dalla sua tre grandi pregi: è visivamente interessante, è scorrevole e dura poco. Il punto primo è il più importante e unico degno di considerazione, traducendosi nel discreto adattamento riservato ai disegni di Amano. Si può ben dire che il collettivo Indori Goya riesca a inventarli (non dimentichiamo che quasi tutte le illustrazioni di Amano riguardano il solo D, perciò i vari comprimari e mostri sono tutti basati sulle descrizioni "letterarie" di Kikuchi) e traghettarli in animazione senza risultare troppo radicale, garantendo uno spettacolo sufficientemente soffuso e crepuscolare che quantomeno giustifichi la visione: i vari artisti donano una buona forma e immagine allo spettrale mondo vampiresco di di D, contribuendo in modo determinante, insieme all'Angel's Egg oshiiano uscito giusto sei giorni prima nelle sale nipponiche, a pubblicizzare al grande pubblico il nuovo stile coniato da Amano. Non è assolutamente una cosa da poco, visto che è risaputo (lo conferma anche Yoshiaki Kawajiri3 quando nel 2001 adatta il terzo romanzo della serie nel bel lungometraggio Vampire Hunter D - Bloodlust) che quella di adattare la sua arte ha sempre rappresentato per tutti gli audaci che ci hanno provato una sfida impegnativa. Poco importa, quindi, se alla fine il design di alcuni attori della storia magari si riveli parecchio lontano dall'idea che si sono fatti altri lettori dei libri (basti pensare al citato manga della Takaki, che immagina e disegna Doris, Larmica, Greco e Rei Ginse in modo enormemente diverso, irriconoscibili rispetto a quelli visti nell'OVA): a livello di immaginario visivo, ci siamo.
Ahinoi, al di là del buon design il resto è da dimenticare però in toto. Come nel primo romanzo, l'apparentemente esile spunto di partenza si rivela meno banale delle aspettative: per la sua durata, Vampire Hunter D non si riduce a una semplice storia d'azione lineare di un eroe che penetra in un castello e uccide milioni di mostri salvando infine la bella. Partirà anche così, ma si succedono poi un buon numero avvenimenti inaspettati: troviamo un pretendente fallito della bella, doppiogiochista, che si allea col vampiro per farla sua; la figlia di Magnus (vampiressa complessata à la Twilight) che cerca in ogni modo di impedire al padre di sposare una insignificante umana; l'intero villaggio di Ransylva che finisce a un certo punto vampirizzato; ostaggi a go go e infine una combriccola di mostri, guidata da un ambizioso mutante, che instaura una personale rivalità con D e con lo stesso vampiro, cercando di mettersi in mezzo tra i due per ottenere vantaggi e annientarli entrambi. Succedono molte cose in questa storia di sangue e vampirismo, ma se in 270 pagine del libro c'è tutto il tempo di approfondire con la dovuta naturalezza, replicarlo interamente in meno di un'ora e mezza di video rinunciando in toto ad adattarlo è follia. Com'è ovvio, lo sceneggiatore Yasushi Hirano non riesce a trattare con diligenza le varie sottotrame, gestendole male ("aiutato" da un pessimo montaggio) e, pur di stare loro dietro e non rinunciarvi, impoverendo la resa narrativa della vicenda più importante. Il senso di patetismo raggiunge livelli insostenibili con i brutali stacchi che tagliano impietosamente e ripetutamente l'azione, con gli inascoltabili dialoghi da action di serie B grondanti ingenuità e con scenette di raccordo così veloci e mal scritte da perdere ogni possibile pathos. Penoso anche notare che, per mandare avanti una trama così sfilacciata, così carica di fatti superficialmente gestiti, Hirano ricorri a espedienti e scene prive di logica, messi lì perché sennò sarebbe difficile giustificare sviluppi successivi. Il pensiero non può che correre alla scena in cui viene tagliata la mano a un certo cadavere (evito nomi per evitare anticipazioni): l'arto, come sa lo spettatore, è dotato di poteri soprannaturali e soprattutto è un'entità senziente. Nel romanzo e nel corrispettivo manga viene recisa per questo motivo (per impedire che possa fare qualcosa, o quantomeno per questo sospetto), mentre sull'OVA così, tanto per fare, senza nessuna finalità o spiegazione credibili - ma l'atto avrà comunque avrà serie ripercussioni dopo! Ci si potrebbe anche domandare perché un cattivo sanguinario cerchi all'improvviso e senza uno scopo di salvare un bambino di cui non gli interessa minimamente la sorte, dal momento che questa azione incoerente troverà poi il suo peso schiacciante. Queste ingenuità colossali e inspiegabili attestano perfettamente la poca dimestichezza di Ashida nella sua mansione di regista, tant'è che lo stesso ammetterà di essersi trovato poco a suo agio nel ruolo e in evidente difficoltà, essendo normalmente abituato a fare l'animatore4. Porrei l'attenzione anche sul netto ridimensionamento della forte carica sessuale del romanzo (improntata ovviamente sullo storico conoubio vampirico ed erotico dell' Eros/Thanatos, senza dimenticare la spiccata indole "aggressiva" di Doris, in questo senso), scelta incomprensibile visto che parliamo di un prodotto nato per otaku e venduta in un mercato privo di paletti di censura.
I disegni e la sinistra colonna sonora di Tetsuya Komuro cercano di mascherare lo squallore sceneggiativo, ma è inutile farlo se pure la regia e le quattro scene d'azione in croce seguono una messa in scena quasi dilettantistica. Perché l'eroe, visti i suoi incredibili poteri e il suo atteggiarsi a figo, sa muovere solo qualche fendente con la spada in inquadrature prive di dinamismo? Perché i combattimenti sono così corti e statici? Vampire Hunter D è il classico titolo dove conta più l'estetica dei contenuti: può starci, ma è grave che tutto questo cosiddetto fanservice si basi sulla sola resa grafica e sulla pregevole e colorata fotografia, in un action-horror, animato complessivamente bene in tutto a parte (ma pensa!) che nelle scene che contano, dove la poca azione è realizzata malissimo, dove le sequenze appassionanti sono spezzettate da avvenimenti inutili e in cui ogni scena viene da pensare che la si sarebbe potuta impostare o dirigere meglio. Per carità, c'è ben di peggio di questo lavoro che, a guardarlo con spirito allegro, può anche divertire nella sua innocua ridicolaggine, ma stupisce davvero vedere tanta cura visiva sprecata nel realizzare una simile barzelletta. Molto meglio, a questo punto, rivolgersi al già citato lungometraggio di Kawajiri che uscirà sedici anni dopo: rende più giustizia al più famoso dei Dhampir in tutto e per tutto, sfruttando in modo molto più consono e riuscito il suo budget.
L'opera è edita in Italia da Yamato Video sin dal 1993, quando è arrivata in VHS (oggi è stata riversata in DVD). Come quasi tutti i titoli di quegli anni, Vampire Hunter D pecca di un adattamento dei testi abbastanza superficiale, doppiato in modo inutilmente sovraccarico, ma tutto sommato ci si può accontentare visto che il senso ultimo dei dialoghi è rispettato e la storia non ne perde in comprensibilità.
Voto: 5,5 su 10
SEQUEL
Vampire Hunter D: Bloodlust (2001; film)
FONTI
1 Intervista (video) a Hideyuki Kikuchi pubblicata su Youtube alla pagina https://www.youtube.com/watch?v=wL5TYcUw1P8
2 Come sopra
3 Intervista a Yoshiaki Kawajiri pubblicata su Anime News Network alla pagina web http://www.animenewsnetwork.com/convention/2012/sakura-con/4
4 Making Of (in giapponese sottotitolato) dell'OVA, pubblicato nella pagina web http://fantasyanime.com/anime/vampire-d-special-low
5 commenti:
un'opera fanta horror davvero notevole, prodotta in un periodo in cui si sperimentava ancora al contrario di oggi, e che nonostante la sua scorrevolezza nella trama, sa appassionare per il character design e la profondità nei personaggi, cosi reali nelle loro passioni e debolezze
In effetti è il classico film-anime dell'epoca: tutto basato sulle apparenze e privo di qualsiasi sostanza.
A proposito: recensirete anche Bloodlust?
Certamente, la rece è stata pure già scritta!
Dovrai però aspettare, all'incirca un mesetto, perché rientra nella retrospettiva che ho dedicato a Yoshiaki Kawajiri e che durerà un bel po' :).
A me invece non è mai dispiaciuto, Vampire Hunter D. Sarà che sono di bocca buona, sarà che fu uno dei primi video che comprai dalla Yamato nei primi anni '90 e che quindi ci si affeziona di più alle "prime volte", ma non mi ha dato l'impressione di essere così negativo :) Scadenti, davvero scadenti le scene dinamiche, ma il protagonista a carisma a mille.
Io poi lo rivaluto anche visto il periodo in cui è uscito (1985), di gotico mi ricordo giusto il lungometraggio Dracula della Toei di fine anni '70 :)
Oddio il Dracula Toei XDDD
Un trashone apocalittico che ho già recensito e pubblicherò ad agosto, nella consueta rassegna di rece di anime-cesso XD S'è beccato il più basso voto mai dato da Anime Asteroid XD
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