lunedì 8 luglio 2013

Recensione: Maoyu

MAOYU
Titolo originale: Maoyū Maō Yūsha
Regia: Takeo Takahashi
Soggetto: (basato sui romanzi originali di Mamare Touno)
Sceneggiatura: Naruhisa Arakawa
Character Design: Keinojou Mizutama & toi8 (originale), Hiroaki Karasu, Masashi Kudo
Musiche: Takeshi Hama
Studio: ARMS
Formato: serie televisiva di 12 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2013

 

È un vero peccato pensare a cosa sarebbe potuto essere Maoyu se solo lo studio ARMS avesse creduto maggiormente nell’ambizioso, colossale ma francamente irrealizzabile porting televisivo delle otto light novel di Mamare Toruno – 12 episodi sono infatti un numero irrisorio e bene o male ridicolo per la mole di elementi trattati nell’opera, chiaro quindi che ne nasca un pastone talmente gonfio di personaggi, eventi, situazioni e argomenti da risultare amaramente indigesto, un pastone che però, se ingurgitato a piccole dosi, mostra enormi, enormi pregi e tonnellate di spunti che l’accoppiata Takahashi/Arakawa, rispettivamente regista e sceneggiatrice, tenta disperatamente di tenere insieme.

Impossibile definire di cosa parli Maoyu, non tanto per lo spunto iniziale in sé, che vede semplicemente gli umani in lotta contro i demoni in uno scenario pseudo-medievale, ma per l’impressionante studio dei particolari, che da soli varrebbero l’avvicinamento all’opera: abbiamo infatti a che fare con una sorta di semi-trattato storico dove l’intreccio dilaga subito in una ricchissima riflessione su politica, economia, religione, guerra, agricoltura e molto altro ancora, elementi che di volta in volta vengono trattati con ampie spiegazioni e dimostrazioni su scelte intraprese, metodi adottati e tecniche avallate. Il pregio dell’opera è però, paradossalmente, anche il suo difetto, in quanto sintetizzare tanta dottrina in appena 12 episodi restringe dolorosamente ogni buon proposito, trasformando di fatto qualsiasi discussione in lunghi, lunghi spiegoni didascalici o, peggio ancora, in giganteschi riassunti che tolgono la necessaria immersione nel vasto mondo rappresentato.

In Maoyu c’è infatti una storia da raccontare, quella dell’unione, forse anche sentimentale, tra il Re dei Demoni, che in realtà è una donna, e l’Eroe degli Umani, decisi a portare la pace tra le due razze, ma si tratta di una storia di poca presa, abbastanza scema e scolorita da mille ammiccamenti ecchi e svariate gag amorose che, a conti fatti, tolgono soltanto spazio al notevole lavoro sociogeografico, quasi sempre soffocato dai battibecchi tra i due personaggi, comunque e contro ogni previsione caratterizzati molto bene (impossibile rimanere indifferenti al carisma del Re dei Demoni), e dal milione di comprimari che li seguono o li contestano nelle loro scelte. E se si rimane piacevolmente stupiti dal primo episodio, nel quale il complesso intreccio geopolitico, storico e magico viene riassunto meravigliosamente da un valido e visionario lavoro registico/narrativo, è abbastanza difficile riuscire a capirci qualcosa dopo le prime 3-4 puntate – troppi gli argomenti senza un efficace sbocco, troppo il tempo che copre l’intreccio (parliamo di anni, ma l’unità temporale non si sente quasi mai), troppi i personaggi che appaiono e scompaiono senza avere un ruolo ben definito (e non è così raro ogni tanto domandarsi chi diavolo sia quello o quell’altro), e per quanto a tratti sia sbalorditivo il modo in cui la storia principale viene condensata, la confusione sborda ovunque, rovinando sostanzialmente l’intera opera.


Una vera gioia per gli occhi, tra l’altro, grazie al buon chara di Masashi Kudo e Hiroaki Karasu e ai bellissimi contrasti nei colori brillanti e pennellati, per non parlare del comunque funzionale lavoro animativo dello studio ARMS – tuttavia Maoyu è una visione veramente pesante e poco fruibile, specie nella dilatazione settimanale della programmazione originale. Poteva essere qualcosa di unico e originale, ma è soltanto un pastrocchio sformato e irrisolto.

Voto: 5,5 su 10

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