lunedì 28 novembre 2016

Recensione: Fantastic Children

FANTASTIC CHILDREN
Titolo originale: Fantastic Children - Tokei Jikake no Tabibito-tachi
Regia: Takashi Nakamura
Soggetto: Takashi Nakamura
Sceneggiatura: Takashi Nakamura, Hideki Mitsui
Character Design: Takashi Nakamura
Musiche: Kouji Ueno, Kunihiko Ryo
Studio: Nippon Animation
Formato: serie televisiva di 26 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anni di trasmissione: 2004 - 2005


Assume i contorni di una triste ingiustizia la notorietà praticamente inesistente di Fantastic Children, pregevolissima serie televisiva del 2006 di 26 episodi passata del tutto inosservata un po' ovunque, in Giappone come nel resto del mondo, di cui non sono rintracciabili neppure databook, interviste o dossier (neanche nei DVD americani, penalizzati da uno dei peggiori doppiaggi yankee di sempre), come se di fatto non fosse mai esistita. È difficile anche solo coglierne riferimenti o citazioni addirittura nella saggistica a tema (almeno in quella occidentale)! Ci si può abbandonare alla sola speculazione per spiegare quest'incredibile damnatio memoriae, ipotizzando magari che questa opera, creata e animata da Nippon Animation, sia stata commissionata a loro, similarmente ai titoli da loro realizzati per il celebre contenitore Sekai meisaku gejiko, come semplice riempitivo per un qualche slot dei palinsesti televisivi giapponesi, e che in particolare il creatore, regista, sceneggiatore e pure character designer Takashi Nakamura (noto per essere il più bravo tra i direttori dell'animazione a trasporre su cel animation l'inconfondibile stile di disegno di Katsuhiro Otomo) abbia avuto in questa occasione carta bianca totale nel realizzarla esattamente come voleva lui, infischiandosene platealmente di qualsiasi velleità commerciale. Questo giustificherebbe, con la sua grande direzione artistica, le location europee e simil-europee, l'assenza di una qualsiasi, minima strizzatina d'occhio agli otaku, la grande tragicità e un design volutamente rétro e minimalista che ricorda addirittura gli anni '60 di Mitsuteru Yokoyama (del resto un altro segno distintivo di Nakamura, il quale lo stesso anno tirerà fuori disegni simili per il Tetsujin 28 di Yasuhiro Imagawa), il suo non attecchire presso alcun tipo di pubblico mainstream o modaiolo, finendo istantaneamente nel dimenticatoio. Non sanno cosa si sono persi. I buongustai che vorranno recuperare Fantastic Children troveranno in essa una bella storia drammatica di stampo fantascientifico, commovente e ispirata, piena di misteri.

La trama ruota attorno a una ragazzina silenziosa e introversa di undici anni, Helga, che non conosce nulla del suo passato: l'unico legame è rappresentato da alcuni frammenti visivi impressi nella sua memoria, che la ispirano a disegnare ininterrottamente sempre uno stesso disegno astratto che mostra una strana luna. Fugge insieme al suo amico Chitto da un orfanotrofio giapponese finendo poi nell'isola di Papen dove conosce l'atletico Toma, che, invaghito di lei decide di aiutarla nella ricerca delle sue origini. Saranno inseguiti da un'inquietante organizzazione governativa e soprattutto da cinque misteriosi bambini dai capelli bianchi, che viaggiano per i cieli sfruttando tecnologie aliene e, da quello che si apprenderà presto, sono in giro per il mondo da quasi mezzo millennio. La risoluzione del mistero è legata a una storia d'amore generazionale che percorre i secoli... Nakamura propone una vicenda enigmatica, condita di interrogativi e impregnata di un'efficace atmosfera poetica e malinconica. I suoi grandi meriti sono indubbiamente di tenere sempre desta l'attenzione con tutti i misteri, dosando sapientemente, volta per volta, piccoli indizi per svelarli, affidandoli alle indagini di un detective che nella trama vera e propria non avrà alcuna ripercussione (investiga per fatti suoi sull'identità dei cinque bambini che danno il titolo all'opera). La narrazione è lenta e posata, intimista e introspettiva, prende molto tempo per dipanarsi, salta inizialmente da un personaggio e da un luogo all'altro e impiega un discreto numero di episodi prima di riuscire a mettere insieme i pezzi del puzzle in modo di dare una prima parvenza di organicità alla sua struttura, ma sa incuriosire lo spettatore grazie ai suoi due protagonisti davvero molto ben caratterizzati e che ispirano empatia nei loro confronti. Facile provare istintiva simpatia per l'energico Toma e i suoi tentativi di fare breccia nell'imperturbabile cuore di Helga, domandarsi, mogi, i motivi della profonda apatia della piccola e rallegrarsi per le sue timide aperture e tifare per loro due, e al contempo è anche difficile non provare autentica tristezza per le dolorose sfortune dei cinque enigmatici ragazzini, pur ignorando per un bel pezzo se siano buoni o cattivi.


L'asso nella manica del regista rimane infatti, fin da subito, l'impianto drammatico e strappalacrime, pronto a dispensare momenti commoventi a non finire: sfido a resistere alle rivelazioni sull'identità di Helga e le spiegazioni sulla sua esistenza (impossibile anticipare alcunché, anche solo sulle tematiche che verranno affrontate, pena rovinare tutta la sorpresa) o le terribili storie personali dei "Bambini Fantastici", schiavi di una missione che si protrae nei secoli e che rende loro impossibile stabilire legami affettivi duraturi coi lori cari. I momenti tragici della serie rappresentano i suoi picchi emotivi, prontamente sottolineati da una colonna sonora indimenticabile, che con le sue melodie di piano, viole e flauti tocca le corde dell'animo rendendo le atmosfere solenni e strazianti. Meglio ancora le opening ed ending, bellissime e toccanti che ci si ritroverà più che volentieri ad ascoltare e riascoltare (ovviamente nella loro versione estesa) anche anni dopo che si è finita la visione della serie. Un po' come quel Toward the Terra che verrà realizzato due anni dopo, Fantastic Children è una storia di fantascienza drammatica decisamente "vecchio stile" non solo per i disegni vintage che allontanano il pubblico più superficiale, ma più che altro per l'intreccio lineare, schietto e d'enorme effetto, sensibile ed emozionale, in cui contano in primis i sentimenti e l'espressività del cast più che mirabolanti arti visive o chara design fighetti o sexy.

Il giudizio sulla qualità generale della storia è dunque ottimo e vale anche per un finale imprevedibile, toccante e riuscito che non ci si dimentica. Duole però ammettere che non è tutto oro ciò che luccica: il riferimento è a un lungo flashback chiarificatore, posto a metà storia, che scade nel problema tipicamente occidentale di "eccessivo spiegazionismo" (rivelare fin troppe cose inutili o largamente intuibili uccidendo un po' la poesia), e a qualche lungaggine di troppo nella parte centrale e finale, a tratti davvero verbosa, tuttavia riscattata dagli ultimi tre episodi in forte crescendo. Tecnicamente, infine, Fantastic Children è davvero camaleontico: è arduo capire se si tratta di una produzione a basso o medio budget visto che è capace di schierare, con uguale continuità, animazioni di fluidità assoluta e altre statiche e appena funzionali. Questa è comunque una quisquilia che nulla toglie a un'esperienza coinvolgente ed elegante, che, proprio in virtù di questo e del suo essere così oscura al grande pubblico, merita oggi più che mai una tardiva, doverosa riabilitazione.

Voto: 8 su 10

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