lunedì 3 gennaio 2011

Recensione: Serial Experiments Lain

SERIAL EXPERIMENTS LAIN
Titolo originale: Serial Experiments Lain
Regia: Ryutaro Nakamura
Soggetto: Production 2nd (Yoshitoshi ABe, Yasuyuki Ueda)
Sceneggiatura: Chiaki J. Konaka
Character Design: Yoshitoshi ABe (originale), Takahiro Kishida
Musiche: Reiichi Nakaido
Studio: Triangle Staff
Formato: serie televisiva di 13 episodi (durata ep. 23 min. circa)
Anno di trasmissione: 1998
Disponibilità: edizione italiana in dvd a cura di Dynit

 
Lain Iwakura è una riservata studentessa delle medie, che vive con curiosità le notizie riguardo alla compagna di classe Chisa Yomoda, recentemente suicidatosi: sembra, infatti, che continuino ad arrivare alle amiche di quest'ultima e-mail spedite da quello che è, forse, il suo spirito. Lain decide dunque di indagare, aggiornando il suo PC all'ultimo modello in modo da esplorare al massimo delle potenzialità il web (o Wired): inizia così a legare sempre più la sua esistenza alla navigazione in rete, in questo mondo cosmopolita dove i rapporti sociali sono perlopiù regolati da telefonini all'ultimo grido e chat virtuali. C’è però qualcosa di strano nel Wired, qualcosa che non comprende appieno ma che la attrae: entità enigmatiche come i Knights, che cercano continuamente di mettersi in contatto con lei, e due agenti segreti che sembrano controllarne ogni movimento. Ma soprattutto, c’è un’altra Lain, nel Wired, un’altra Lain uguale a lei: il suo avatar di rete, sempre più diverso dal suo io reale, sembra prendere vita...

Il parere del Corà

A più di quindici anni dalla prima messa in onda, Serial Experiments Lain non ha perso un grammo della sua potenza critica; della profetica, devastante, spietata analisi della generazione informatica che, nel bene e nel male, stava nascendo in quel periodo. La rapida trasformazione sociale ci ha catapultati - rendendoci assuefatti, dipendenti - negli scenari immaginati dall’opera diretta da Ryutaro Nakamura, impedendoci forse, oggi, di rimanere spiazzati dalla brutalità con cui nel 1998 essi descrivevano l’evoluzione di Internet, ma non di continuare ad apprezzare un capitolo fondamentale dell’animazione cyberpunk e della fantascienza tuttsa. Basterebbe citare due singole scene, o meglio, due semplici linee di dialogo, per rendersi conto della cruda verità divinatrice, dialoghi ancora attuali e per nulla scontati nonostante la critica sul Web sia ormai cosa fin troppo comune: quando il padre di Lain, dopo averle regalato il NAVI, le dice sorridendo «Bene, ora non avrai più bisogno di uscire e vedere i tuoi amici»; o quando la ragazza, ormai totalmente rapita dal Wired, chiede al computer (al computer, non a una persona in carne e ossa) se lei esiste veramente o meno. Sono granate, granate capaci tutt’ora di annichilire.

Serial Experiments Lain non è un’opera per tutti, la glaciale, ossessiva regia e le atmosfere minimaliste ben svolgono il loro dovere disturbante nel dipingere l’era che sarebbe giunta, ma creano un prodotto freddo, avulso, di non sempre pulita assimilazione. Lo scopo non era certo sollecitare l'empatia dello spettatore verso i personaggi; anzi la serie sfrutta il distacco emotivo per completare la propria desertica visione del futuro, una scelta che, seppur giusta, aumenta esponenzialmente il già ostico meccanismo narrativo e potrebbe allontanare i curiosi. Aiuta almeno il gradevole, morbido chara design dai volti tondeggianti di Takahiro Kishida, ideale nel suo contrapporsi agli incubi incomprensibili del Wired.

 

La progressione della storia è pachidermica, asfissiante, e spesso prende strade che lasciano storditi a causa dell’accumulo di sottotrame. Nulla è lasciato al caso, particolari in apparenza secondari o semplicemente oscuri guadagnano una spiegazione mentre la serie volge alla conclusione, ma ciò implica una visione eccessivamente cerebrale, cose da mani che premono sulle tempie per non perdere la concentrazione e non farsi distrarre da niente. Alla già ardua complessità strutturale si aggiungono momenti di puro delirio onirico, sterzate cyber-mistiche, gelidi simbolismi, il tutto mescolato con questa già citata direzione opprimente e angosciosa, che più di una volta si munisce di spezzoni di filmati reali e musiche dissonanti, schitarrate oblique e suoni martellanti (immancabili le sequenze in discoteca) per distruggere il cervello dello spettatore.

Questa serie richiede perciò sforzo di comprensione e un impegno mentale a chi vuole approcciarsi al suo mondo cacofonico, grigio, durissimo, e seguire una sceneggiatura fatta allo stesso tempo di dialoghi lunghi e articolati e silenzi abissali. Potenzialmente indigeribile, sicuramente pesante e faticoso, ma di notevole, forse irrinunciabile, suggestione.

Voto: 7,5 su 10


Il parere del Mistè

È troppo facile cadere nella tentazione di abbandonare Serial Experiments Lain dopo la visione dei primi 2/3 episodi: è una serie talmente lenta e criptica da risultare fin da subito asfissiante, ma farlo significherebbe abbandonare una delle visioni cyberpunk più avveniristiche che l'animazione dagli occhi a mandorla abbia mai prodotto in tutta la sua storia.

Lain nasce nel 1998 da un soggetto scritto a due mani dall'illustratore Yoshitoshi ABe e dal produttore Yasuyuki Ueda, trovando poi effettiva forma sotto la regia del promettente Ryutaro Nakamura, la sceneggiatura di Chiaki J. Konaka e le animazioni della Triangle Staff. L'opera si staglia dunque, sul finire del decennio, come uno dei figli più rappresentativi ed estremi della rivoluzione d'autore inaugurata da Neon Genesis Evangelion (1995) e La rivoluzione di Utena (1997), da posizionare soprattutto nel solco tracciato dalla seconda. Ormai avezzi all'uso di computer, chat, community online ed MMORPG, e consci di tutte le conseguenze sociali che questi media comportano (alienazione, rarefazione dei rapporti sociali, perdita dei valori più semplici, costruzione di maschere e identità lontane dalla vita reale), è specialmente oggi che scopriamo in Lain quanto avessero ragione le tragiche intuizioni di ABe, Ueda e Konaka, nel dipingere una favola oscura e colma di simbolismi dove trovano sfogo tutti i timori più oscuri di una generazione che viveva l'avvento di internet.

La sinossi iniziale bene esemplifica il tenore enigmatico delle atmosfere della serie, tanto che già andare oltre è difficile vista la coltre di misteri evocata dalla storia, tra oscuri Knights che agiscono dietro le quinte di un Wired che si rivela substrato della realtà, divinità che dimorano nella rete, sequenze visionarie e metafore grafiche che provvedono più e più volte a mandare fuori strada lo spettatore, inducendolo a chiedersi cosa stia effettivamente guardando. Scontato dirlo: nel suo cervellotico stile di racconto, Lain non offre mai una traccia chiara e lineare da seguire, chi la cerca probabilmente non riuscirà mai ad apprezzarlo. Offre invece, come Utena, tanti piccoli indizi disseminati qua e là (frasi chiave soprattutto), che aiutano, a mano a mano che prosegue la visione, a contestualizzare sempre più il senso della storia, che non è realistica o terrena bensì una semplice fiaba dallo stile postmoderno. Un'allegoria dove riflessioni e timori sulla tecnologia sono trattati con l'ausilio di scene simboliche, che presentano magari utenti incapaci di staccarsi dal computer e che per questo sono addirittura posseduti (in senso letterale) dal PC, catturati da fili e cavi (scena che ricorda le visioni infernali di Shinya Tsukamoto nella trilogia di Tetsuo); oppure una tresca fra allieva e insegnante scoperta nel Wired e rappresentata come una oscura presenza esterna che entra di soppiatto nella stanza dove si consuma il fatto; o ancora l'introversa protagonista e i suoi familiari sono così isolati dalla realtà da dubitare addirittura sulla loro reciproca esistenza, negandosi a vicenda la parentela.


Non è tanto importante capire la successione principale dei fatti, la semplice fabula che, anzi, viste le onnipresenti atmosfere lisergiche del racconto diventa elemento secondario (forse quello meno interessante dell'opera), quanto comprendere cosa vogliono dire gli autori, che snocciolano decine e decine di spunti di riflessione.  È possibile rinvenire addirittura echi di filosofia politica e sociale nell'assunto che il mondo, come le polis elleniche, è un cosmo ordinato/sistema operativo di cui tutti gli individui rappresentano ramificazioni/applicazioni, giusto a testimoniare la ricchezza di intuizioni che portano l'opera a porgersi come un ideale precursore della trilogia cinematografica di Matrix (1999). Se è palese che il messaggio finale non può che essere una ferma condanna del condizionamento determinato da internet e dalla tecnologia, sono presenti anche interrogativi su cui poter meditare: la distanza tra scienza e religione (chi ha inventato il Wired?), le potenzialità psichiche dell'individuo, il significato dell'esistenza nella vita reale, priva di avatar "perfettini", e chissà quanti altri che si possono magari rinvenire in visioni successive.

Serial Experiments Lain è una visione indubbiamente pesante perché densa, densissima di spunti, o anche solo per il connubio tra la lentissima regia di Nakamura e la sceneggiatura di Konaka che si esprimono in animazioni e disegni minimalisti, poche linee di dialogo, lunghissimi silenzi, uso preponderante e pietricato di volti in primo piano - per sottolineare le sensazioni di distacco e alienazione degli attori - e un'estetica sonora impressa da suoni elettronici intermittenti o martellanti che comunicano la lenta trasformazione di Lain in un software, umano o virtuale che sia. È onesto dire che l'opera è un notevole mattone, con un ritmo che tarpa subito le ali allo spettatore occasionale, e solo una mente attiva e paziente potrà godere delle prelibatezze che offre la trama. Riuscire a reggere la visione significa più volte stupirsi dell'intelligenza con cui lo i realizzatori hanno anticipato tutti i pericoli - di grande attualità - insiti in una società cosmopolita tecnologica, lanciando un inquietante monito sul prezzo da pagare per una simile universalità di comunicazione.

Un'opera sinceramente e devotamente di nicchia, ma quantomeno da provare.

Voto: 8,5 su 10

15 commenti:

http://www.animefan.it ha detto...

Raramente capita di vedere opere così geniali come Lain...
Sceneggiatura sempre sul confine tra realtà e percezione di essa. Durante la visione ci si perde negli occhioni incantati di Lain, ci si perde nella sua realtà.

10 !

El Barto ha detto...

Volevo segnalare un refuso nell'indicazione del formato (ovviamente è una serie TV da 13 episodi). Per il resto, ottima (nonostante la brevità) recensione.

Ah, a Planetes sto in dirittura d'arrivo, a breve vi farò sapere ^^

Simone Corà ha detto...

@ Simone: sapevo che tu meno di 10 non gli avresti dato. ;)
E devo dire che sugli occhi di Lain mi trovi perfettamente d'accordo.

@ El Barto: corretto, grazie della segnalazione e dell'apprezzamento. :)

Attendiamo quindi per Plantes!

Jacopo Mistè ha detto...

Confermo che la brevità della rece mi ha lasciato interdetto e disgustato, tant'è che le due immagini in uno scritto così piccolo ci stan da cani, maledetto Corà che a capodanno non si impegna a scrivere.

Ciao Barto, benritrovato.
Dopo Devillady il mio prox anime è Utena, so che è pieno di metafore e altro, guai a te se non mi aiuti a decifrarlo XD

Simone Corà ha detto...

Voi prolissi non mi avrete mai!

http://www.animefan.it ha detto...

@Simone:la lunghezza va benissimo così:)

@Jacopo:Utena è una meraviglia di sensibilità !
Dai un'occhiata ad animefan.

Cobra Verde ha detto...

Scusate se mi intrometto, ma sono disperato e davvero non so a chi rivolgermi (oddio, forse ora tendo troppo al melodramma :-): sono da tempo in cerca di una versione funzionante e subbata in inglese di Texhnolyze, altro anime creato dagli autori di Lain: qualcuno può aiutarmi?

Jacopo Mistè ha detto...

Nyaatorrents è la tua risorsa ;)

Cobra Verde ha detto...

Tnx!!!
P.s: a quando una rece di Tehxnolkyze?

Jacopo Mistè ha detto...

Quando il Corà se la vede (non fa per me...) :P

Simone Corà ha detto...

Arriva presto! :)

Anonimo ha detto...

Strano... di solito a Lain si da 2 o 9-10. Sono d'accordo però, buona recensione.

Simone Corà ha detto...

Eh sì, lo so, io ho cercato di essere il più oggettivo possibile, Lain è fondamentale e dovrebbero vederlo tutti, ma è una visione mica facile... :)

Anonimo ha detto...

Ho provato a vedere questa... cosa..., ho cercato di tirare avanti per quattro episodi perché comunque mi incuriosiva vedere dove andava a parare, ma poi non sono veramente più riuscito ma sopportare nulla di essa, a cominciare dalla protagonista, una ritardata sotto l'effetto di droghe pesanti passando poi per la rappresentazione infantile, stupida e del tutto incompetente dei computer e dell'informatica... se un'opera vuole mettere in campo riflessioni e temi profondi dovrebbe almeno tentare di farlo in maniera più convincente e consapevole. Tutto in questo cartone sembra implorarti di non prenderlo sul serio, tutto appare patetico e assurdo, come se gli autori non conoscessero NULLA di quello di cui volevano parlare. Per me è un disastro. Nemmeno la grafica mi è piaciuta. La regia era altalenante, alcuni momenti li ho apprezzati in questo senso in effetti, mentre altri erano pessimi come tutto il resto.

Vinx01 ha detto...

A te anonimo, non giudicare un anime senza averlo finito.

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