lunedì 21 febbraio 2011

Recensione: Yukikaze: La silfide del vento

YUKIKAZE: LA SIFILIDE DEL VENTO
Titolo originale: Sentō Yōsei Yukikaze
Regia: Masahiko Ohkura
Soggetto: (basato sui romanzi originali di Chohei Kambayashi)
Sceneggiatura: Hiroshi Yamaguchi, Yumi Tada, Masahiko Ohkura, Masashi Sogo
Character Design: Yumi Tada (originale), Masahiro Aizawa, Kouichi Hashimoto, Masahiro Sekino
Mechanical Design: Ikuto Yamashita, Seiji Kio
Musiche: Satoshi Mishiba, Dougen Shiono
Studio: GONZO
Formato: serie OVA di 5 episodi (durata ep. 31 min. circa)
Anni di uscita: 2002 - 2005


In un futuro non troppo lontano una misteriosa razza aliena, i JAM, ha creato un passaggio spazio-temporale tra il suo mondo e la Terra e ne ha iniziato la conquista. Dopo una lunga guerra i terrestri sono riusciti a scacciare i JAM, spostando però il teatro di battaglia sul loro pianeta. E mentre sulla Terra ormai nessuno si interessa più alle vicende dell’esercito terrestre, il soldato Rei, alla guida dello Yukikaze, potentissimo aereo alieno, guida gli umani verso lo scontro finale.

Può sembrare scellerata l’idea di un conflitto umano-alieno in cui, a darsi battaglia, non ci sono astronavi mastodontiche, altissimi mecha o rivoluzionari ritrovati tecnologici bensì semplici caccia (tanto nella fazione terrestre quanto, seppur leggermente diversi, nella fazione marziana), eppure tale azzardo iniziale è scelta vincente, entusiasmante, di questa serie OVA targata GONZO del 2002, un’iperbolica guerra sci-fi combattuta con un piede, visivo e narrativo, ben saldo nella realtà odierna.

È infatti nel sorprendente aspetto concreto che Yukikaze offre il suo piatto più prelibato: se i caccia aerei sono quanto di più sofisticato disponga l’uomo per difendersi dalla minaccia aliena, i JAM mostrano una ricerca tecnologica non troppo distante dalla nostra, sfoggiando infatti aerei da combattimento che, per quanto in parte organici e dotati di intelligenza, sono stati creati seguendo probabilmente gli unici consigli che la fisica universale può dare per uno scontro nei cieli. Non si ferma comunque qui l’impressionante coerenza realistica, dettaglio che nell’animazione, soprattutto robotica, per quanto eccezionale da un lato, a volte viene sacrificato sull’altare della pura spettacolarizzazione. A un meticoloso vanto tecnico nell’ingegneria meccanica (anche qui rispettato attraverso l’esibizione di minuziosi aerei da ambo le fazioni e credibilissimi, vorticosi inseguimenti terra-aria) non sempre corrisponde un realismo visivo nelle distruzione dei mezzi avversari e nelle esplosioni, aspetto che invece, in Yukikaze, è ricreato con spaventoso rigore.



Gli scontri tengono scrupolosamente conto delle differenze di dimensioni, i fuochi nei cieli si propagano per lunghi momenti ingoiando l’ossigeno, il fumo si espande come lunghi tentacoli grigi, e più i mezzi sono grandi più tempo richiedono non solo per essere abbattuti, ma anche, semplicemente, per deflagrare. Aiuta molto, in questo, il documentaristico taglio di regia, che tuttavia non viene mai meno alla mera spettacolarizzazione delle battaglie aeree (gli episodi 1 e 4 lasciano a bocca aperta in più di un’occasione iniettando potenti scariche di adrenalina), e l’uso della CG, tipico della GONZO, gestito con grande cura non tanto nel disegno dei mezzi (il mecha design poteva essere più vario e corposo, così come la semplice realizzazione visiva), ma più che altro nei movimenti, nelle virate, nelle mitragliate, nelle già citate esplosioni.

Tolta una simile gratificazione visiva Yukikaze perde molto, non è infatti sotto il profilo narrativo che si dovrebbe darne una valutazione. La trama segue il classico, epico canovaccio della guerra contro una razza aliena: l’esercito umano guidato da un pilota scontroso e taciturno alle prese con il mezzo più potente e senza il quale l’umanità sarebbe in ginocchio, la spigolosità militare nel dare e rispettare anche gli ordini più duri e sofferti, il dramma causato dal crescente numero di caduti e la solenne atmosfera che ne consegue, una scrittrice che segue le vicende per darne una cronaca veritiera e dettagliata… Non viene quindi presentata una gran varietà nel delineare la vicenda, né nello strutturare gli episodi centrali, in fin dei conti semplici, banali riempitivi tra i due epocali scontri che aprono e chiudono la serie. Tuttavia vi sono alcuni aspetti di curioso coinvolgimento, come la natura perennemente misteriosa e imprevedibile della razza aliena, gli scopi che ne comandano la sete di conquista, e in particolar modo le insolite progressioni narrative del primo e dell’ultimo episodio: frammentario, come un collage di ricordi e immagini il primo, complesso e denso di idee il secondo, specialmente nella destrutturazione onirica dello scontro finale.


Intenso ed efficace l’accompagnamento sonoro, che a una opening di speed metal strumentale fa seguire un’ispirata sequenza di tristi sinfonie pianistiche, e altrettanto amaro il chara design di Hashimoto e Aizawa, che tratteggia con giusta drammaticità volti lunghi e afflitti. Si apprezza quindi l’onestà narrativa della serie e se ne esalta l’aspetto visivo, e con una durata complessiva di sole tre ore non si può che consigliarne la visione. Da tenere d'occhio anche l' "impossibile" spin-off fantasy/parodistico Fighting Fantasy Girl Rescue Me: Mave-chan (2005), prodotto da GONZO lo stesso anno di conclusione di Yukikaze.

Voto: 7 su 10

2 commenti:

OroborO ha detto...

Ho letto diversi commenti non propriamente entusiasti sulla trama che, a detta di molti, peccherebbe tanto in originalità quanto in chiarezza cosa che sento di condividere fino ad un certo punto.
Per certi versi, personalmente, mi ha ricordato la trama di alcuni racconti di sci-fi silver age che amavo (ed amo) leggere quando ero ragazzino e da quello che ho capito è tratto da proprio da un libro di fantascienza che mi piacerebbe recuperare per capire fino a che punto il prodotto GONZO se ne discosti o ne sia fedele.
La poca chiarezza è dovuta ad un semplice fatto: il racconto non mira a dare spiegazioni; cosa siano in realtà i JAM e quali siano le loro reali intenzioni (invasione? Esperimento scientifico?) non saranno mai spiegati perché non ci vengono mai mostrati retroscena o scene in cui qualcuno ci riveli particolari utili alla comprensione ma il tutto si focalizza in gran parte sui due protagonisti maschili, tra cui sembra sussistere una sorta di relazione "platonica" (sopratutto da parte del superiore) resa con grande garbo e delicatezza; se si togliessero le scene di combattimento aereo, realistiche, dettagliatissime e spettacolarmente verosimili, scopriremmo che Yukikaze è sopratutto un racconto sugli stati d'animo, spesso cupi, dei protagonisti e sull'evolversi delle loro personalità e del loro rapporto. Non manca qualche accenno di fanta-politica con il racconto di come sulla Terra si reagisca, a decenni dalla comparsa del passaggio, alle vaghe notizie che arrivano dal lontano mondo dai cieli verdi. Bello, nel quarto episodio, come viene rappresentato il contatto tra le forze regolari terrestri e due rappresentati di quelle dislocate, da tempo, sul pianeta dei JAM.
Nel complesso un anime che mi ha coinvolto. Colonna sonora curata e sempre adatta, character design piacevole, mecha da urlo, una regia che alterna tempi "lunghi" ad adrenalinica azione con la giusta dose di mestiere e disinvoltura.
Consigliato, senza dubbio.

Simone Corà ha detto...

Non posso che concordare con te: la trama è semplicissima, a tratti anche banale, ma si tratta di aspetti che svaniscono prima di tutto per merito dell'impressionante lavoro grafico, realistico e intenso come pochi, e in secondo luogo proprio per quanto dici tu e che mi sembra di aver citato nella rece, ovvero il mistero totale legato ai JAM, reso con maestria dall'unico punto di vista umano, che appunto conosce poco o nulla di una così potente razza aliena. :)

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