venerdì 30 settembre 2011

Recensione: Musashi - The Dream of the Last Samurai

MUSASHI: THE DREAM OF THE LAST SAMURAI
Titolo originale: Miyamoto Musashi - Sōken ni Haseru Yume
Regia: Mizuho Nishikubo
Soggetto & sceneggiatura: Mamoru Oshii
Character Design: Kazuto Nakazawa
Musiche: Takeharu Kunimoto
Studio: Production I.G
Formato: film cinematografico (durata 72 min. circa)
Anno di uscita: 2009


A meno che il lettore non conosca manga giunti in Italia come Vagabond, Yaiba o il Musashi di Shotaro Ishinomori, o ha letto la riduzione italiana del mastodontico romanzo di Eiji Yishikawa Musashi (disponibile per Rizzoli SuperBUR), difficilmente gli dirà qualcosa il nome di Miyamoto Musashi. In Giappone è invece personaggio leggendario, il più forte samurai della Storia del paese, il Samurai-pittore-scrittore che ha forgiato lo stile di combattimento a due spade Niten Ichiryu ("Due mondi in uno stile"), scritto il manuale dello spadaccino perfetto (Il Libro dei Cinque Anelli) e che nei suoi 61 anni di vita non ha mai conosciuto alcuna sconfitta. Un guerriero le cui gesta, ovviamente in madrepatria, si confondono tra realtà e mito, narrate in film, telefilm, fumetti, anime, libri e chi più ne ha e più ne metta. Da queste premesse nel 2009 Mamoru Oshii inventa e scrive un film Production I.G basato sulla vita del grande eroe, pellicola sicuramente molto originale e che, appunto per questo, però, è capacissima di spaccare le platee.

Non una biografia, ma neanche un film d'avventura: in Musashi il regista Mizuho Nishikubo filma uno stranissimo documentario dove un buffo ricercatore, Inukai Kiichi, e la sua assistente Iori, entrambi resi in bizzarra CG super deformed, parlano a ruota libera della vita dello spadaccino analizzandone i tratti più curiosi della vita e mettendoli in correlazione con la situazione storica e militare degli altri Paesi dell'epoca. Ad esempio, discorrendo della battaglia di Sekigahara (21 ottobre 1600) che cambia la vita dell'eroe, ecco che a un certo punto Kiichi pone l'accento sul ruolo della cavalleria, approfondendone le origini risalenti all'esercito persiano. A un certo punto si parla degli stili di combattimento, della situazione politica, del contenuto di diversi libri, e via così, un monologo che ci racconta sia della vita di Musashi che di quella che gli girava intorno. Una formula curiosa realizzata con molto humor (i siparietti del professore con la sua assistente) e una quasi onnipresente CG nelle vesti di numerose, strampalate soluzioni grafiche (la guerra giappo-russa di inizio 900 mostrata con ritagli di cartone animati; sequenze realizzate in uno stile grafico che ricorda videogiochi strategici à la Age of Empires - con tanto di indicazione di HP, forza offensiva etc degli eserciti -; altre ancora mostrando immagini e riprese live, etc). elementi che attestano il concentrato di inventiva e rottura degli schemi operato da Oshii, ma non bastano alla buona riuscita dell'operazione.


Inutile girarci intorno, anche se il narratore e l'assistente fossero più simpatici la formula rimarrebbe comunque perdente: oltre un'ora di una semplice conferenza dove, invece che parlare della vita del mitologico eroe, gli si ruota attorno spiegandone i retroscena e sfatando i falsi storici. Indubbiamente il film è così giapponese che un occidente difficilmente lo apprezzerà pienamente, anche perché qui Miyamoto Musashi non lo conosce nessuno e forse in madrepatria è così noto che le persone ne conoscono vita, morte e miracoli e troverebbero il lungometraggio anche interessante... Non lo so. So solo che in questo sperimentalismo Musashi: The Dream of the Last Samurai non riesce a convincere o interessare, lasciando estasiati unicamente nei rari intermezzi realizzati con animazione tradizionale, quelli vertenti sulla riproposizione saltuaria dei più celebri duelli dell'eroe coi suoi avversari più temibili (Shishido Nanigashi, la famiglia Yoshioka e il celebre Kojiro Sasaki). È solo in questi frangenti che finalmente ci si diverte: il momento in cui Production I.G sfoggia tutta la sua classe per animare scontri di grande pathos, realizzati benissimo e disegnati ancora meglio, in un suggestivo color seppia dove fontane di sangue e stridii di spade sono battezzati dall'eccellente accompagnamento musicale di Takeharu Kunimoto, sonorità "tipiche" del luogo (shamisen e litanie folk) arrangiate secondo influenze moderne atte a creare coinvolgenti e ritmate "danze di morte" che tengono inchiodati alla visione. Ciliegina sulla torta il suonatore di shamisen che canta di sottofondo le imprese di Musashi, sempre mentre lui sta combattendo.

Il giudizio non può però prescindere dall'imponente apparato didascalico: l'impressione generale è che Oshii non avesse bene in testa come organizzare una storia su Miyamoto Musashi e, cercando di creare qualcosa di estremamente originale, ha realizzato un film che esalta e annoia in egual misura. Musashi non è un orrore e personalmente non ritengo sprecato il tempo che si perde guardandolo, ma l'idea principale dietro la sua creazione era decisamente rimpiazzabile da una più lineare e semplice: in quanti avrebbero voluto una versione magari romanzata della vita del grande spadaccino? Grazie a Oshii sappiamo perché Musashi non ha parlato spesso del suo ultimo scontro con Kojiro Sasaki, qual era il suo reale sogno nella vita e come affettasse gli avversari, ma non sarebbe stato meglio ricavarlo da una trama epica ad ampio respiro piuttosto che da un insopportabile vecchietto saputello in pacchiana CG? A questo punto tanto meglio un documentario con persone in carne e ossa.

Voto: 5,5 su 10

3 commenti:

http://occhiliquidi.wordpress.com/ ha detto...

La risposta è no... No, perché di anime epici che parlano di samurai ce ne sono tanti; valeva la pena provare a fare qualcosa di nuovo.

Il film è indubbiamente pesante, ma offre un punto di vista originale, che non poteva essere raccontato diversamente.

Jacopo Mistè ha detto...

Che bello sarebbe se originalità fosse sinonimo di qualità

http://occhiliquidi.wordpress.com/ ha detto...

Beh, è un po' difficile definire "qualità" in un lavoro sperimentale come questo.Può piacere o meno, ma va dato atto ad Oshii di essere uno dei pochissimi autori di anime che provano cose diverse.

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