giovedì 5 gennaio 2012

Recensione: The Skull Man

THE SKULL MAN
Titolo originale: Skull Man
Regia: Takeshi Mori
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Shotaro Ishinomori)
Sceneggiatura: Yutaka Izubuchi
Character Design: Jun Shibata
Mechanical Design: Yoshinori Sayama
Musiche: Shiro Sagisu
Studio: BONES
Formato: serie televisiva di 13 episodi (durata ep. 23 min. circa)
Anno di trasmissione: 2007

 

Diventato giornalista dopo aver lasciato il suo paese d'infanzia Otomo, Hayato Mikogami decide di tornarvi all'indomani dell'apparizione del misterioso Skull Man, uomo mascherato autore di efferrati delitti. Stretto un legame d'amicizia con la fotoreporter Kiriko Mamiya, che lo aiuta nelle indagini, inizia a cercare indizi ritrovandosi al centro di un'inquietante vicenda di sette religiose, creature da incubo assetate di sangue che si aggirano per la città, e un inquietante piano Gogou avvolto nell'oscurità...

Se al giorno è difficilmente sopportabile l'idea di guardare l'ennesima serie televisiva che parla di complotti militari, industrie farmaceutiche e super-esperimenti concernenti super-uomini, è doveroso sospendere temporaneamente il giudizio se il materiale di riferimento è un vecchio fumetto del re dei manga Shotaro Ishinomori, rivitalizzato da una sapiente sceneggiatura di Yutaka Izubuchi, lo sceneggiatore/regista rivelazione di RahXephon.

The Skull Man nasce come manga horror nel 1970. Protagonista un anti-eroe - tra i primi della Storia del fumetto -, Tatsuo Kagura, che nei panni di Skull Man veste un'inquietante maschera col teschio e percorre una strada di vendetta verso l'uomo che ha ucciso i suoi genitori, eliminando con raccapricciante compiacimento chiunque si trova nel mezzo, anche innocenti. Il suo alleato è Garo, un mutante in grado di assumere sembianze mostruose con cui sbranare i nemici. Una storia molto breve - un centinaio scarso di pagine -, ma così ben disegnata, truce e carismatica da vendere all'epoca la bellezza di un milione e mezzo di copie in patria, guadagnandosi lo status di fumetto di culto e divenendo la primaria fonte di influenza dell'autore nel creare l'eroe mascherato, positivo, Kamen Raider, leggenda nelle tv giapponesi. Un protagonista terrificante, estremamente rappresentativo della carriera fumettistica di Ishinomori, a cui questi si sentirà legato moltissimo, tanto da commissionare nel 1998 un remake sempre cartaceo a Kazuhiko Shimamoto, riempendolo di appunti e idee con cui disegnare la storia "definitiva" dell'Uomo Teschio. Arriviamo quindi al 2007, anno in cui studio BONES e Izubuchi omaggiano Shotaro Ishinomori realizzando una sorprendente opera di sequel/remake di Skull Man, senza trasporre in animazione nessuna delle due versioni ma, anzi, scrivendo un soggetto nuovo di zecca che rielabora, come farebbe un Yasuhiro Imagawa, l'intreccio originale cambiandolo radicalmente, a livello di atmosfere ma anche di genere. L'occasione per lo sceneggiatore di inventare un protagonista inedito, Hayato Mikogami, che indaga sulle imprese di un "nuovo" Skull Man che si aggira nella città di Otomo. È Tatsuo Kagura, quello originale del manga, o un altro? Da questo incipit un avvincente giallo in cui il giornalista, seguendo la scia di morti lasciata da Skull Man, scopre i motivi di quella che è nuovamente una terribile vendetta, ma che questa volta ha a che fare con misteriosi culti religiosi, colpi di stato, presenze mostruose che divorano persone (e che rimpiazzano lo scomparso personaggio di Garo) e altre idee nuove di zecca mai viste nell'originale. In senso pratico nulla di originalissimo se rapportato a mille produzioni animate/cartacee similari, ma se questi elementi sono usati per rivoluzionare lo Skull Man di Ishinomori, rimpiazzandone le atmosfere horror con quelle da mystery investigativo, tanto di cappello per la trovata.


Di sicuro, visto il nuovo genere di riferimento, i pochissimi intermezzi action e un beast design terribilmente anonimo, Skull Man pecca gravemente di spettacolarità. Anzi, raccontato con una certa lentezza non è da escludere che possa deludere particolarmente chi in esso cercava la trasposizione del tesissimo manga. Peccato per costoro, si perderanno in primis molti personaggi ben delineati e piacevoli, ma anche la genuina aria di mistero e interesse celati dietro l'identità di Skull Man. Esattamente come in RahXephon il punto forte della produzione dimora ancora una volta nella raffinata sceneggiatura di Izubuchi,  con dialoghi precissisimi e calcolati che non lasciano mai nulla al caso, imponendo una visione attenta e stimolante pena il non riuscire a far combaciare tutto, addirittura non capire buona parte della vicenda. Nonostante la linearità del racconto, infatti, l'intreccio è ben ramificato, contempla un buon numero di personaggi e sopratutto di nomi e teminologie da tenere bene a mente per dare senso e ruolo a tutte le tessere del mosaico. La serie procede molto lentamente dando modo di seguire scrupolosamente la vicenda, salvo esplodere, come in un'opera del miglior Goro Taniguchi, nel finale, quando la progressione temporale degli eventi subisce una rapidissima accellerata per raggiungere un climax esaltante, seguito da uno sbalorditivo epilogo con cui Izubuchi trasforma l'opera di Ishinomori in un vero e proprio prequel addirittura di Cyborg 009. Da applausi.

Molto meno esaltante invece il chara design generico e privo di attrativa di Jun Shibata, incompatibile con il riconoscibilissimo tratto di Ishinomori (al punto che appare inspiegabile come BONES non abbia voluto ricalcarlo come hanno fatto un po' tutti gli studios al lavoro sulle opere del celebre mangaka), e bisogna anche ammettere che si sono viste regie televisive molto più personali e meno patinate di quella di Takeshi Mori. Elementi che confermano, se ne servisse il bisogno, che nonostante il suo soggetto intrigante Skull Man si presta difficilmente a una visione per il grande pubblico, troppo poco appariscente dal punto di vista grafico, con troppa poca azione e spazio dedicati al cupo "villain", e troppo intricato nella sua sceneggiatura  - sopratutto pensando al linearissimo manga - per essere adeguatamente apprezzato da loro ma anche, forse, dai fan dell'opera originale. Una di quelle produzioni, a mio parere, che avrebbero molto più successo sottoforma di romanzo, dove la potenza evocativa dello scritto permette di immaginare le atmosfere della storia senza dovere, come in questo caso, vedersele ridimensionate per colpa di disegni non all'altezza o mostri per nulla spaventosi. Senza dimenticare, ovviamente, la maggior facilità a seguire il complesso dipanarsi della vicenda, senza dover sottostare al veloce minutaggio degli episodi e avendo tutto il tempo per assimilare indizi e avvenimenti. Decisamente buona, almeno, la colonna sonora di un ritrovato Shiro Sagisu, autore di litanie da western crepuscolare che ben si adattano alle atmosfere malinconiche della storia, e solenni composizioni al violino che ne sottolineano i momenti più lirici.


Per qualcuno, forse più di uno, The Skull Man versione BONES potrebbe sembrare una dissacrazione, quasi un affronto all'opera di Shotaro Ishinomori. Ritengo invece che, pur reinventandone la formula e sbagliando format, Yutaka Izubuchi ha reso comunque un bel servizio all'autore, con una rielaborazione che non ne tradisce lo spirito e anzi, complice il finale geniale, lo omaggia pure. Al punto che, per gli sviluppi che ha quel formidabile epilogo mi viene, paradossalmente, da consigliarne la visione sopratutto agli amanti di Cyborg 009.

Nota: per i completisti è da segnalare come l'anime conosca, prima ancora della trasmissione originale, un prequel di 22 minuti sottoforma di live-action televisivo, trasmesso una settimana prima col titolo Prologue of Darkness. Niente di particolarmente memorabile e imprescindibile per capire la serie animata, ma degno di visione per il bizzarro modo in cui è girato, con attori in carne e ossa che si muovono in ambienti realizzati completamente in CG che ricalcano il mondo di fumetti e videogiochi, per un mix di media visivamente allettante.

Voto: 7 su 10

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