EUREKA SEVEN: ASTRAL OCEAN
Titolo originale: Eureka Seven - AO
Regia: Tomoki Kyoda
Soggetto: BONES
Regia: Tomoki Kyoda
Soggetto: BONES
Sceneggiatura: Kakuto Takeyoshi
Character Design: Hiroyuki Oda
Mechanical Design: Kanetake Ebikawa, Kimitoshi Yamane, Takayuki Yanase, Takehiro Ishimoto
Musiche: Koji Nakamura
Musiche: Koji Nakamura
Studio: BONES
Formato: serie televisiva di 24 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2012
Il tredicenne Ao vive assieme al dr. Fukai ormai da dieci anni, ovvero da quando sua madre, Eureka, è misteriosamente scomparsa. Un giorno si ritrova accidentalmente coinvolto in una battaglia contro uno Scub Coral, e altrettanto casualmente attiva il mecha-senziente Nirvash. Unitosi al gruppo Generation Bleu, Ao scopre che il Nirvash apparteneva a sua madre, motivo ulteriore per scoprire il motivo della sua sparizione...
Era sicuramente azzardato poter pensare a un sequel all’altezza dell’originale del 2005, un secondo capitolo che potesse mantenere intatti i momenti migliori di una storia che, per quanto derivativa fosse, sapeva emozionare grazie a personaggi espressivi, tridimensionali, potenti, creati divinamente e ognuno con perfetto carisma per il ruolo ricoperto – impossibile dimenticare la simpatica goffaggine di un Renton e l’amore tenero e innocente provato per Eureka, così com’è difficile scordarsi della divertente, semplice scontrosità di Holland e delle facce bonarie del Team Gekko. E invece sono proprio i personaggi a fare affondare prima di tutto questo pessimo, pessimo Eureka Seven: Astral Ocean, che arriva quasi a sorpresa nella stagione primaverile passata del 2012 disorientando e illudendo che BONES sapesse il fatto suo nel mettere mano a un simile progetto – ma anche solo a un’analisi superficiale non c’è interesse, non c’è curiosità se a trainare le svogliate avventure di questo secondo capitolo ci sono caratteri così banali, frivoli, insulsi, per nulla coinvolgenti. Ao, Naru, Gazelle e la varie componenti dei Generation Bleu, per non parlare dello pseduo-villain Truth e le comparsate stravolte di Eureka e Renton, risaltano per la loro stanchezza, per mancanza di personalità, per la totale assenza di un minimo di carattere con cui poterli identificare tra mille altri personaggi visti e stravisti in altrettanti anime. Cosa ci può mai essere di coinvolgente nel solito ragazzetto introverso che si ritrova per caso alla guida di un possente mecha, o di un’inutile figura matura che dovrebbe guidarlo giorno dopo giorno, senza per forza toccare il punto più basso che può raggiungere quest’opera nel vestirsi da qualunquissimo harem?
Si sente, si sente moltissimo la mancanza di un Dai Sato alla sceneggiatura, quel suo tocco mainstream ma vivace e profondo è chiaramente assenza che distrugge le ambizioni di un inconcludente Kakuto Takeyoshi, incapace di tenere in piedi una trama che per dodici episodi dispensa banalità robotiche e maschiliste e per l’altra metà insegue mete irraggiungibili incartandosi e attorcigliandosi attorno a tematiche temporali/dimensionali che non solo non portano da nessuna parte, ma vanificano totalmente il (poco) rappresentato prima. Tediati da personaggi dall'encefalogramma piatto e cambi di fazione incomprensibili, si guarda Astral Ocean unicamente per dare senso alla sua dicitura "sequel", vista l'estrema difficoltà, per buona parte del tempo, di collocarlo nella continuity temporale dei predecessori. Si pensava quantomeno che Tomoki Kyoda alla regia, visto il suo ottimo lavoro con Eureka Seven - The Movie (2009), potesse bilanciare il pasticcio narrativo, ma la sua visione sterilmente spettacolare non fa altro che accentuare la confusione generale, perdendosi infatti in lunghe carrellate di personaggi mediamente uguali e/o incolori che disorientano e infastidiscono piuttosto che concentrarsi e portare avanti a forza la trama, e copiando i combattimenti gli uni agli altri in uno schema di eventi alla lunga insopportabile (ragazze in difficoltà salvate da Ao all-the-time!).
Non è cosa da poco, poi, vedere come in un anime robotico dal forte appeal grafico e roboante il mecha principale sia quanto di più brutto visto, boh, dai tempi dell’indimenticabile Space Runaway Ideon (1980) – perché se si possono apprezzare le varianti costruttive per i robot comprimari, con le loro curve aerodinamiche e formose, non c’è nulla da salvare in questo Nirvash grigio, piatto, secco secco, che poco, pochissimo piacere porta agli occhi. È risultato della quarta grande assenza, dopo Dai Sato, il compositore Naoki Sato e il chara designer Kenichi Yoshida: Shoji Kawamori. Ma anche passando sopra al discutibile mecha design di Takehiro Ishimoto, a cosa possa servire l’impressionante reparto grafico di Astral Ocean è interrogativo che perseguita sin dal primo episodio: animazioni sfavillanti e immagini brillanti come poche, merito anche del tutto sommato buon chara di Hiroyuki Oda, non nascondono l’inesistenza narrativa, e trovo davvero cieco lo studio BONES nel tentare un simile, disgustoso approccio.
Opera che non si può, non si può perdonare, in nessun aspetto, soprattutto in virtù dell’anime originale di cui sfrutta ignobilmente qualità e successo. Pura spazzatura.
Voto: 3 su 10
PREQUEL
Eureka Seven (2005-2006; TV)
Eureka Seven: The Movie (2009; film)
SIDE STORY
Eureka Seven AO: The Flowers of Jungfrau (2012; OVA)
PREQUEL
Eureka Seven (2005-2006; TV)
Eureka Seven: The Movie (2009; film)
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Eureka Seven AO: The Flowers of Jungfrau (2012; OVA)
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