lunedì 10 giugno 2013

Recensione: Wolf Children - Ame e Yuki i bambini lupo

WOLF CHILDREN: AME E YUKI I BAMBINI LUPO
Titolo originale: Ōkami Kodomo no Ame to Yuki
Regia: Mamoru Hosoda
Soggetto: Mamoru Hosoda
Sceneggiatura: Mamoru Hosoda, Satoko Okudera
Character Design: Yoshiyuki Sadamoto
Musiche: Masakatsu Takagi
Studio: Studio Chizu
Formato: film cinematografico (durata 117 min. circa)
Anno di uscita: 2012
Disponibilità: edizione italiana in dvd & blu-ray a cura di Dynit



Dopo il sopravvalutato Ragazza che saltava nel tempo e un piacevolissimo, ma innocuo e non propriamente originale, Summer Wars, nel 2012 il regista Mamoru Hosoda trova finalmente lo spunto adatto per realizzare un'opera di grandi ambizioni. Ci crede veramente, al punto da fondare addirittura un nuovo studio d'animazione per co-produrlo insieme alla solita, rinomata Mad House. Il risultato, vincitore ancora una volta di svariati premi come miglior film d'animazione dell'anno (al Japan Academy Prize, Mainichi Film Award e Tokyo Anime Fair, giusto per citare i più noti), a parere di chi scrive è finalmente impeccabile, attestando l'ottimo stato di forma dell'industria cinematografica dell'animazione, sempre meno monopolio di Ghibli e Production I.G che adesso, oltre ai soliti Miyazaki, Takahata e Oshii, può anche reggersi sul talento di Hosoda, Keiichi Hara e, se vorrà proseguire su questa strada,  Hiroyuki Okiura.

Niente salti nel tempo o virus cibernetici che vogliono far collassare il mondo: al suo terzo lungometraggio Hosoda e la sua sceneggiatrice prediletta Satoko Okudera si inseriscono invece nel solco della quotidianità della vita che ha già dato i natali a opere come Pioggia di ricordi e Una lettera per Momo, seppur con uno sprazzo di fantastico per definire il setting favolistico della storia. La studentessa diciannovenne Hana si innamora di un ragazzo senza nome che scopre tempo dopo essere un uomo-lupo, l'ultimo della sua specie data per estinta da secoli. Il loro amore dà alla luce Ame e Yuki, altri due piccoli feticci che come il genitore possono assumere sembianze umane o animalesche a seconda della loro volontà. Il padre morirà poco dopo, portando Hana a doversi caricare sulle spalle il fardello di crescere i figli: vista la pericolosità che la loro natura venga scoperta, andranno quindi a isolarsi in un paesello di campagna. La vita scorrerà veloce, e Ami e Yuki, crescendo, dovranno decidere quale sarà la strada che dovranno seguire, se adattarsi alla vita umana come il padre o seguire l'istinto animale e diventare lupi a tutti gli effetti.

Facile, con premesse simili e con un messaggio, ben esplicito, che ogni uomo deve decidere da sé la propria vita senza preoccuparsi di ciò che vogliono i parenti o la società, accusare il film di banalità nella sua morale, almeno dal punto di vista di un pubblico occidentale. Ma questo non renderebbe giustizia a un'opera che esce in una società, quella giapponese, estremamente rigida e gerarchica, dove la vita di un individuo è incasellata fin dalla nascita in un percorso spesso già scelto da genitori o scuole, che premia chi ottiene risultati e ripudia come "indesiderati", emarginandoli dalle opportunità e dai posti di lavoro più prestigiosi, chi ha difficoltà a emergere. Questo è il pubblico a cui Wolf Children vuole coraggiosamente parlare, non si può non tenerne conto. A queste persone Hosoda propone una fiaba intensa, che giunge alla sua morale, nel migliore dei modi, ammaliando l'occhio con un magico comparto visivo e commuovendolo con dialoghi e scene che scolpiscono momenti di grande cinema.


È troppo facile elogiare gli sfarzi grafici che periodicamente Ghibli e Production I.G regalano a ogni loro opera, facendo a gara a chi supera l'altro in dettagli spacca-mascella, e per questo si saluta con soddisfazione l'ingresso nella competizione anche del neonato Studio Chizu fondato da Hosoda, capace di stregare l'occhio con i paesaggi montani e agresti più realistici che si siano mai visti, una fusione tra impeccabili disegni a mano e CG usata poco e a regola d'arte. Elementi che tratteggiano, supportati da un'ottima fotografia, dipinti di grande bellezza, suggestivi e realistici, sia nelle ambientazioni primaverili che in quelle invernali,  tanto che talvolta addirittura ci si domanda se sono veri, se in mezzo ai disegni sono inserite vere fotografie. Non si saprà mai, e questo contribuisce a caratterizzare il forte sense of wonder estetico evocato da un concentrato prodigioso di tecnica e grafica. Al contempo è difficile non provare autentico amore per il ritrovato chara design di Yoshiyuki Sadamoto, che continua il suo sodalizio artistico col regista che meglio ha saputo valorizzare il suo stile. Ancora una volta l'assenza di interventi esterni sul suo tratto (no ombreggiature e rifiniture e uso di colori saturi a tinta unita) permette di apprezzare al meglio possibile il suo tratto nudo e crudo, semplicistico, minimalista ma estremamente espressivo, che splende come non mai quando dà vita alle emozioni dei personaggi attraverso le emozioni del loro visto. Si è al cospetto di un connubio disegni-fondali di qualità straordinaria.

Ma i meriti sensoriali sono giusto il fiore all'occhiello di una storia bella e solida, capace di tratteggiare sequenze di grande impatto. Basterebbe quella d'apertura del film, dell'innamoramento di Hana per il suo uomo dal nome sconosciuto e la conseguente vita di coppia tra i due fino alla nascita dei figli, per trovarsi a fissare lo schermo meravigliati da tanta poesia. Registicamente Hosoda è bravissimo, rende emozionante la quotidianità della vita con un nonnulla, giusto attraverso dialoghi azzeccati, buone caratterizzazioni e scene di meraviglia visiva, dedicando 3/4 della durata del film al solo mostrare la crescita di Ame e Yuki, i loro rapporti con la madre e svariate avventure quotidiane. Sono momenti che fotografano intere esistenze, tra i duri sacrifici di una madre amorevole e figli che da immaturi iniziano a crescere e rendersi conto sempre di più di cosa significhi fare le proprie scelte nella vita. Infine, la storia esplode nella parte finale, quando gli attori bucano lo schermo con le loro scelte risolutive che cambieranno per sempre le loro vite, portando a una commozione spontanea.


Impossibile rimanere indifferenti a un film che esprime ancora una volta lo spessore raggiunto dall'animazione giapponese, il cui unico difetto, forse, è di essere un filo troppo lungo. Wolf Children attesta pienamente la maturità raggiunta dal suo regista, allontanato da Studio Ghibli per divergenza di opinioni in merito a Howl e che ora, sotto l'ala protettiva di Mad House, compete con i suoi ex datori di lavoro ad armi pari. Da vedere.

Voto: 8 su 10

15 commenti:

rimatt ha detto...

La recensione invoglia alla visione immediata, specie considerando che ho apprezzato non poco i due precedenti titoli di Hosoda (in particolar modo Summer Wars, che ho trovato ottimo). D'altro canto, sapere che tra qualche mese il film uscirà anche nei cinema italiani mi fa pensare che possa valere la pena di pazientare e di posticipare la visione fino all'uscita cinematografica, perché la magia della sala impreziosice qualsiasi titolo. Che fare? :-)

rimatt ha detto...

Appena visto. A parte un paio di difetti di sceneggiatura, uno dei quali abbastanza grosso (ci tornerò a breve) è un ottimo film. Paga un eccesso di toni melodrammatici nella seconda metà e una lunghezza probabilmente eccessiva - dieci minuti in meno gli avrebbero giovato - ma niente di drammatico: in compenso, c'è una regia veramente ottima, un bellissimo character design e delle musiche perfettamente adeguate. Bella la storia narrata e bello il modo in cui è raccontata, con alcune sequenze di grande impatto visivo ed emotivo.

Però non tutto fila alla perfezione, si diceva. E infatti, poco fa accennavo a un difetto di sceneggiatura, o comunque a una scelta che stona con il tono del film: mi riferisco alla visione del lupo come capo/sorvegliante della foresta, senz'altro romantica ma assai poco verosimile. Come tutti gli animali selvatici, i lupi sono ben poco interessati alla fauna - perlomeno quando essa non rappresenta un potenziale pericolo o non è un potenziale cibo. Seguono l'istinto, e questo non prevede certo questo fantomatico ruolo di sorveglianza. Mi sembra la classica scivolata sulla buccia di banana: fortunatamente non fa troppo danno, ma avrei preferito che il ritorno alla natura del giovane lupo fosse motivato da un più canonico e generico "richiamo della foresta", piuttosto che da quest'espediente che fa tanto Giappone (ovvero: quel che non può l'istinto, può il senso del dovere).

La visione di Wolf Children è gradevole e appagante, con alcuni momenti davvero intensi: l'8 di Jacopo ci sta, a mio parere. Tra i film di Hosoda continuo comunque a preferire il più compatto e brillante Summer Wars, che magari è meno ambizioso (essenzialmente perché vuole raccontare un altro tipo di storia) ma è anche perfettamente compiuto e, come "semplice" intrattenimento, funziona a meraviglia.

Jacopo Mistè ha detto...

"mi riferisco alla visione del lupo come capo/sorvegliante della foresta"

Non ci avevo pensato a questa lettura, effettivamente ammetto che hai ragione sulla questione. Ma pace, hanno voluto caricare il lupo di una valenza romantica che non gli appartiene ma che comunque non fa perdere in nulla la valenza simbolica del messaggio sulla libera scelta da compiere in una società "incasellata" come quella nipponica. Insomma, per me il film è esremamente riuscito nonostante tutto.

Summer Wars ho invece scoperto da poco che è un rifacimento di uno dei film dei Digimon diretto dallo stesso Hosoda qualche anno prima, mi spiace dirlo ma appunto per questo l'originalità non è il suo forte. O.O

rimatt ha detto...

Dimenticavo di fare un altro appunto, che non è una critica ma una semplice constatazione: al momento di caratterizzare i bambini-lupo, gli sceneggiatori hanno scelto di dotarli di ENTRAMBE le nature, quella umana e animale. Ame e Yuki possono scegliere se appartenere all'una o all'altra specie, e così fanno.

Probabilmente io avrei preferito - ma è unicamente questione di gusti, non sto imputando nulla agli autori - che i bambini non possedessero NESSUNA delle due nature: ovvero che non fossero né completamente umani, né completamente animali. Ne sarebbe uscita una narrazione più problematica, nella quale l'inserimento nella società umana e nella natura sarebbe stato meno lineare e tutto sommato semplice di com'è. Al posto di due bizzarri esseri viventi che appartengono a entrambe le specie, ci sarebbero stati due bizzarri esseri che non appartengono a nessuna delle due.

Ma ribadisco che si tratta di una semplice considerazione personale che nulla vuole imputare agli autori, i quali hanno scelto un'altra strada comunque valida.

Anonimo ha detto...

Davvero un film delicato. Merita.
Jacopo per questo 2014 c'è anche il nuovo film di Takahata, spero lo recensirai!

Enrico D.

Jacopo Mistè ha detto...

Non è certo nella mia lista delle priorità (l'ennesima trasposizione della principessa Kaguya), ma di sicuro lo guarderò. :)

Anonimo ha detto...

Lo stile visivo pare diverso dal solito, perciò speriamo che nel complesso non sia solo una delle tante!

Giulio "Radical Dreamer" Palermo ha detto...

Solo io trovo ironico che in realtà, dato che i due ragazzi sono gli ultimi lupi del Giappone, l'unico modo che Ame avrà per seguire i suoi istinti riproduttivi sarà ritornare nella società umana?

Jacopo Mistè ha detto...

Non mi ricordo, veniva detta questa cosa nel film? Se no, mi sa che non era uno dei pensieri del regista. Se sì, allora effettivamente è uno spunto interessante che non mi aspettavo!

Giulio "Radical Dreamer" Palermo ha detto...

Guarda, il film l'ho visto al cinema, quindi non ne ho una copia sottomano per confermartelo, ma ricordo che questa cosa viene accennata almeno due volte: una dal padre dei ragazzi, che dice qualcosa del tipo "io sono l'ultimo dei lupi, sono rimasto solo", e l'altra da un vecchietto che passava per caso ("Hai visto un lupo? Qui in Giappone? Ma non erano tutti estinti?").
Trovo comunque probabile che Hosoda non avesse pensato a quest'implicazione. O in alternativa, si è conservato lo spunto per il cortometraggio che accompagna il prossimo film... Ah, no, non è Pixar.

Maurizio ha detto...

Visto ora (finalmente) dopo essere rimasto favorevolmente colpito dalla recensione, per me due ore filate via lisce seguendo la crescita di questi due lupacchiotti che più diversi non possono essere...per me ottimo in tutta la sua durata, anche all'inizio dove in asssenza di dialoghi tutto è scandito da musiche e immagini più semplici che poi lasceranno spazio a inquadrature della natura semplicemente fantastiche. Visivamente da 10.
Mi permetto di dire la mia sulla questione riproduzione: non credo che Ame pensi alla sua discendenza quello che gli importa è seguire il suo istinto animale che ha avuto la meglio sulla ragione umana e di vivere solo come lupo, quello sarà in futuro (forse) invece un problema per Yuki come lo fu per il padre che scelse di vivere da uomo al 100%...quindi in base alle scelte di ognuno si dovranno affrontare problematiche diverse, l'importante è essere convinti della decisione presa

Sam ha detto...

Questo film ha vinto un sacco di premi , e tutti immeritatamente.
Sarà che siamo tawlmente abituati alle vacca Pixar-Disney-Dreamworks, che appena verdiamo un film un pelo decente ci impressioniamo.
Questo film come i precedenti, ha buoni spunti ma una sceneggiatura sconclusionata e una regia con alti e bassi.
La storia è idiota: mamma umana e papà lupo si incontrano con una banalità ( euna regia piatta )che se fosse stato un capitolo di Twilight c'avreste tutti vomitato sopra.
Papà Lupo muore poi come un deficente ( non si capisce neppure bene come ) mentre cerca di rubare un fagiano, come il più tonto dei cani randagi.
La mamma poi accudisce i figli senza lavorare per ben 4 anni "con i pochi risparmi del padre " ( che pochi non dovevano essere, specie in una città cara come Tokyo).
Poi si trasferisce in campagna dove incontra un vecchietto che sembra sapere delle cose su i lupi mannari e avere un ruole determinante nella storia , ma che poi non saprà una mazza e per di più sparirà dal film come niente fosse.
La trama delira ancora di più con Ame che a un certo punto , a soli 10 anni, non va più a scuola e passa le giornate con una volpe che gli fa da "maestro di vita".
Al paese, educatori, genitori e insegnanti se ne fregano altamente.
La sorella intato si innamora di suo coetaneo che problemi con la madre come nel più stereotipato degli shojo manga (e anche questa sottotrama è inutile al fine della storia )
A un certo punto il fratello litiga con la sorella di brutto , quasi la accoppa e le cose sembrno volgere una brutta piega .
Vuoi vedere che che adesso diventa una bestia che fa fuori gli umani stronzi e inutilie, partendo dal tipo che fa il filo alal sorella, che magari vuole Ame ingropparsi per continuare la stirpe ?
Ma no, troppo interessante, meglio dimenticare l'accaduto e perdere mezz' ora con Ame che torna buono e va nella foresta, e la madre deficente che va a cercarlo di notte con il tifone, nella tipica situazione strappalacrime della madre alla ricerca del figlio che manco in un meikasu degli anni 70.
Finale bambinesco ( nel senso che sembra preso da " Bambi", ma probabilmente la fonte è il Jungle Taitei di Tezuka)

Belle le animazioni, anonimo il chara di Sadamoto i cui personaggi ormai sanno di già visto ( Ame sembra la versione maschile di Rei Ayanami ).
Voto personale 6, giusto perché qualche scena buona c'è.

Sam ha detto...

Mistè fammi una recensione di Bagi di Teuka , giusto per vedere come lo stronchi senza pietà ( per quanto brutto, io invece lo adoro ).
Potresti trovarci alcune vaghe analogie con Wolf children (specie nel finale)
E poi è un cultissimo nel resto del mondo occidentale che ti farebbe guadagnare visite.
Lo puoi reperire facilemnte, c'è anche subbato su You Tube
( ma il film esiste in italiano doppiato dalla Rai e su dvd YaMATO )

Jacopo Mistè ha detto...

Ho comprato di recente il box Yamato, ma non so quando riuscirò a vedere gli Special tezukiani....

Sam ha detto...

Ah che sorpresa.
Fossi in te guarderei in ordine dopo Bagi ( il più famoso in Occidente e insolito nella storia ) , Foomon ( il migliore del gruppo in generale ) , Marine Express, Bandar , Prime Rose ( quello disegnato meglio ma dalla sceneggiatura orribile ) e infine l'inguardabile Bremen Four ( si dice che il KGB lo usi come mezzo di tortura per i prigionieri )

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