giovedì 31 marzo 2011

Recensione: Mobile Suit Z Gundam A New Translation

MOBILE SUIT Z GUNDAM A NEW TRANSLATION
Titoli originali: Kidō Senshi Z Gundam - Hoshi wo Tsugu Mono; Kidō Senshi Z Gundam II - Koibitotachi; Kidō Senshi Z Gundam III - Hoshi no Kodou wa Ai
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Yoshiyuki Tomino
Character Design: Yoshikazu Yasuhiko
Mechanical Design: Kazumi Fujita, Mamoru Nagano
Musiche: Shigeaki Saegusa
Studio: Sunrise
Formato: serie di 3 lungometraggi cinematografici (durata 95 min. circa l'uno)
Anni di uscita: 2004 - 2006
Disponibilità: edizione italiana in DVD a cura di Dynit


Universal Century, anno 0087. In seguito a un colpo di stato, la fazione militare dei Titans ha assoggettato la Federazione Terrestre ai suoi voleri, instaurando una dittatura reazionaria che trova la sua legittimazione nel rigido mantenimento dell'ordine e in politiche interne razziste nei confronti degli abitanti delle colonie spaziali, per scongiurare l'insorgere di nuovi sogni indipendentisti come quello del defunto Principato di Zeon. Le crudeltà federali non possono che portare a nuove sollevazioni ribelli, che trovano sfogo nel movimento guerrigliero A.E.U.G. (Anti-Earth Union Group), capitanato, tra gli altri, da un recidivo Char Aznable sotto l'identità fittizia di Quattro Vageena. Il nuovo conflitto entra nelle fasi finali quando si unisce ai guerriglieri, sul vascello spaziale Argama, l'introverso studente terrestre Kamille Bidan, dotato di incredibili poteri Newtype come il famoso Amuro Ray...

Il tempo, si sa, spesso cambia le persone e la loro visione del mondo. Nell'universo dell'intrattenimento animato, penso che quello di Yoshiyuki Tomino sia forse uno degli esempi più illustri di tale, banale assunto. Il Peccato Originale del suo odio per Gundam scaturisce dal lavoro alla serie televisiva Mobile Suit Z Gundam, impostagli da Bandai e Sunrise nonostante lui non avesse la minima intenzione di dare un seguito a Mobile Suit Gundam (1979). Ma ai datori di lavoro non si può dire di no, e il regista, adirato con loro e con gli spettatori, come sappiamo, dirige un dramma rabbioso (e involontariamente d'autore) stracolmo di morti, carneficine e soprattutto avvenimenti e sottotrame, poiché, frustrato, riempe la trama di personaggi e sviluppi senza pensare minimamente a come amalgamarli bene, col risultato di generare un assurdo minestrone tanto carismatico in personalità indimenticabili, disegni e animazioni, quando nevrotico nella sua scomposta sceneggiatura, in cui tutto sembra accadere per caso. Il colpo di grazia della sua vendetta è rappresentato dall'infausto destino dell'eroe Kamille Bidan, che nell'ultima puntata finisce addirittura lobotomizzato e ridotto a stato vegetale, fungendo da monito metaforico alla sottocultura otaku nata in quegli anni (e che, realisticamente, è stata l'artefice maggiore della nascita della serie). Quest'opera dà origine per Tomino, come sappiamo, a tutta quella depressione che riverserà nei Gundam successivi (sempre imposti e da lui mai voluti, ricordiamolo) con sadismo, misoginia e messaggi negativi contro tutto e tutti, fino alla pacificazione che avviene nel 1999 con ∀ Gundam Called Turn "A" Gundam (1999).  Poi, accade quello che nessuno si sarebbe mai aspettato e che alcuni definirebbero addirittura fantascienza: nel 17 ottobre 2004 esce in anteprima al Tokyo International Fantastic Film Festival - distribuito poi nei cinema ufficiali solo l'anno successivo - il primo dei tre lungometraggi cinematografici che tra il 2004 e il 2006 comporranno Mobile Suit Z Gundam A New Translation, incredibile trilogia filmica che adatta al XXI secolo, rielaborandone la storia, proprio quel lavoro che Tomino odiava come la morte e da cui derivava il suo astio per il franchise. A dirigerlo e soprattutto a volerlo fare è proprio lui.

Due sono i motivi per cui questi film meritano di essere ricordati. Il primo è il loro enorme successo: coi loro faraonici incassi in madrepatria (860 milioni di yen il primo, 600 il secondo, 490 il terzo1) stupiranno un po' tutti e saranno tra quelli più remunerativi ai box office del periodo. Il secondo, ben più importante, è il fatto che con questo progetto Tomino aggiorna Z Gundam, che trova anacronistico, alla sua nuova visione di vita, più ottimista2, e per questo dà una nuova conclusione, meno tragica e più speranzosa, all'eterna diatriba tra Federazione Terrestre e Zeon, disconoscendo quanto da lui stesso detto ne Mobile Suit Gundam ZZ (1986) e Il contrattacco di Char (1988), invalidati dal nuovo finale positivo. L'autore difenderà la sua scelta annunciando pubblicamente l'inutilità del mandare messaggi particolari e indicizzati al pubblico, perché tanto esso capirà sempre e soltanto quello che gli interessa3 (le metafore anti-otaku dell'originale non sono mai state recepite o prese in considerazione), e per questo non si pone alcun problema nel rinarrare Z Gundam secondo una concezione di puro entertainment disimpegnato ed estremamente spettacolare (addirittura titoli di apertura e di coda affidati a GACKT, uno dei più affermati musicisti giapponesi del globo!) rassicurando lo spettatore più che angosciandolo come in origine e, per questo, modificando opportunamente tratti di storia per rendere il tutto meno pesante e nichilista4. Questo perché, secondo il regista, lo scopo primario del progetto A New Translation, ideato al termine della produzione di Overman King Gainer (2002) dopo gli oscuri fatti dell'11 settembre e del caos della politica mondiale da loro originati, era tempo di tranquillizzare il pubblico, incoraggiarlo, spiegargli che solo attraverso la collaborazione di tutti, di ogni popolo e cultura e mettendo da parte le differenze, si sarebbero potuti risolvere i problemi che aspettavano la società globale nell'immediato futuro5. Il modo migliore da lui individuato (approfittando di quella famosa clausola contrattuale che lo indicava come unico regista selezionabile per le eventuali versioni filmiche dei suoi lavori televisivi) - è stato di riportare  in auge  - a vent'anni suonati dalla prima trasmissione - Z Gundam, la cui trama prevedeva che Amuro Ray e Char Aznable, nemici giurati nella Guerra Di Un Anno, si alleassero contro il nemico comune rappresentato dai Titans, mettendo da parte tutti i personali dissapori6. Bandai e Sunrise, anni dopo, ripristineranno a loro volta la continuity originale disconoscendo A New Translation (con l'altrettanto fortunatissima serie OVA Mobile Suit Gundam Unicorn del 2010), ma questo nulla toglie all'importanza di questi tre film, anzi: rende ancora più affascinante l'esistenza, di fatto, di ben due "visioni" dell'Era Spaziale, una da parte del creatore originale di tutto e l'altra, ufficiale e canonica (ma chi se ne importa?) voluta dai produttori.

Non sono pochi i fan che, indispettiti dai cambiamenti operati alla timeline, apprezzeranno poco le pellicole, non mancando di criticarle anche per la loro oggettiva difficoltà nel riassumere bene l'intricatissimo  corpus narrativo di Z Gundam in poco più di 270 minuti, molto inferiori ai 420 della solita, riuscitissima e citatissima trilogia riassuntiva di Gundam del 1981: in verità, per godere di questi film nel modo migliore, basta giusto partire dalla considerazione che siano rivolti ai soli fan dell'originale e non ai profani. Questi ultimi, nonostante le buone intenzioni, riusciranno a malapena a seguire la storia, troppo ramificata in origine per venire sintetizzata bene in così poco spazio, e specialmente non proveranno alcun sentimento per gli attori secondari, in origine elementi di assoluta importanza per il loro trascinante carisma. No, ad apprezzare A New Translation saranno i soli appassionati di Z Gundam, che si esalteranno con le modifiche alla storia e all'enorme numero di scene nuove di zecca che snelliscono l'intreccio dalle molte lungaggini, rendendolo più compatto e meno dispersivo.


Tomino, dietro la sceneggiatura di tutte e tre le pellicole, riscrive tutto. Se i film di Gundam si limitavano a eliminare i punti morti della narrazione, mantenendo intatta la trama nella sua interezza, A New Translation si spinge oltre e "corregge" il più  grande difetto dell'originale: rende molto più fluide e sensate le peripezie di Kamille e Char, redigendo da capo tutti i dialoghi, eliminando senza pietà tantissime vicende e sottotrame (o magari fondendole con altre per risparmiare tempo) e creando un alto numero di scene di raccordo che enfatizzano e spiegano meglio i punti di vista, le macchinazioni e gli scopi delle numerosissime fazioni in guerra - nondimeno approfondendo meglio le motivazioni dei personaggi principali, soffermandosi in particolare sui complessi rapporti uomo/donna e giovani/adulti, come da consueta cifra poetica e filosofica tominiana. La storia di Z Gundam ne esce fuori semplificata ma risulta al contempo più sensata, oserei dire addirittura potenziata, se non fosse per l'inevitabilmente elevata velocità di narrazione e l'appiattimento di quelle personalità, forse non essenziali nella storia, che però avevano comunque un loro grande senso nella tragica teatralità dell'anime storico (Jerid Messa ed Emma Sheen i maggiori rimpianti, fondamentali nella vita di Kamille e qui ridotti al ruolo di comparse).

Andando più nello specifico, del trio di film il migliore è probabilmente il primo, Eredi delle Stelle, nonostante sia quello con meno animazione inedita, un modesto 33% (ma sembra in verità molto di meno) a testimonianza di come Bandai non credesse inizialmente molto nel progetto7 (salvi ricredersi con l'incasso nelle sale e riscattandosi con le pellicole successive). Di fatto, il film è basato per la maggior parte sul riciclo delle scene e dei disegni originali, che di certo stupiscono ancora col loro stupefacente livello di cura e dettaglio (mecha, attori, movenze, fondali, tutto), ma dall'altro lato evidenziano impietosi la frustrazione di Tomino per il non aver potuto modificare di più la trama vista la carenza di un grosso budget. Di questo lungometraggio si apprezzano - come, del resto, dei primi 14 episodi che riassume - la partenza al fulmicotone,  trascinante e oscura fin da subito, i numerosi cambi di scenario, e, in generale, la grande fluidità di racconto e di sintesi operata dal regista, che rievoca numerosi avvenimenti senza peccare in stacchi brutali, ma anzi facendo sembrare il tutto estremamente coerente e sensato, dando davvero l'impressione di aver reso al meglio possibile la trama raccontandone le cose davvero importanti e con un buon ritmo. Mancano, certo, evocativi momenti dell'originale (svariate battaglie importanti, un minimo di background a Jerid e Lilla Mirra Rira o la tragica avventura nella Colonia 30 di Side 1, nel film rimpiazzata da un video immaginario visto da Emma Sheen, e altro ancora), ma non ci si può lamentare di un digest che ai fan di vecchia data ricorda, con nostalgia ed esaltazione, tutto quello di buono che c'è da rimembrare della grandiosa storia di Z Gundam, e che tra le sequenze nuove di zecca concede un ottimo momento introspettivo tra Kamille, Quattro, Reccoa ed Emma Sheen, una spettacolare battaglia con Rosamia Badam (introdotta molto in anticipo sui tempi rispetto alla serie TV, eliminando il suo legame con Kamille) e una grande enfasi sul riscatto morale di Amuro Ray (da prigioniero disilluso della Federazione Terrestre a guerrigliero della Karaba) e sul suo rapporto di pacificazione con Quattro/Char, approfondendo molto le motivazioni e i sentimenti dell'eroe della prima serie, di certo di più che nella serie (del resto, lo scopo di tutto il progetto A New Translation consiste proprio in questo!). Degne di menzione sono anche alcune sequenze prettamente dialogiche che danno vivacità e caratterizzazione ad altre vecchie glorie del First Gundam, come Hayato Kobayashi e Kai Shiden. Duole notare, in compenso, come mal si amalgamano i disegni vecchi con quelli nuovi: il livello di cura è ottimo in entrambi i casi, ma le animazioni recenti soffrono di colori saturissimi e di volti "plasticosi" che stridono parecchio se rapportati a quelli storici, specialmente in quelle numerose scene  - principalmente di battaglia - in cui sono mescolati insieme. Si poteva certamente provare a fare qualcosa di meglio e più uniforme, e la beffa è che questo squilibrio cromatico, vistosissimo e fastidioso, sarà enormemente amplificato nei titoli successivi.

Amanti (2006) è invece l'episodio più debole della trilogia, pur essendo comunque tutt'altro che disprezzabile. In esso, come preventivabile dal titolo, sono analizzate un po' tutte le storie d'amore della serie, e protagoniste in questo senso saranno Irma Beltorchika, Four Murasame, Mouar Pharaoh, Sarah Zabiarov e Reccoa Londe. Quello che delude del lungometraggio è che in generale un po' tutte le ragazze peccano di uno spazio decisamente ridotto, non riuscendo mai a bucare lo schermo poiché liquidate in poco spazio (si salvano un po' giusto Four e Sarah): il tempo di presentarle e sono già destinate a morire davanti agli occhi del proprio uomo o a sparire per altri motivi dalle scene. La maggior parte del minutaggio è dedicata, piuttosto, a un numero pressoché infinito di schermaglie tra l'A.E.U.G.e i Titans, disseminate in un po' tutto il segmento originale degli ep.15-32 e quasi tutte (escluso il breve arco narrativo di Hong Kong, segnato solo dallo scontro con l'MRX-009 Psyco Gundam, saltando tutto il resto) ambientate nello spazio, che si limitano a presentare, tra un intermezzo e l'altro, tutto il setting e tutti i nuovi personaggi che serviranno per l'esplosione di complotti e stragi della parte finale. Amanti, insomma, è un film abbastanza interlocutorio e che non trova nessun momento di chissà quale importanza, distinguendosi solo per l'enorme spazio dato a scene d'azione sontuose composte principalmente (70%) da disegni e animazioni inedite (ma, come detto, malamente amalgamate con quelle storiche). A fronte dell'appiattimento di molti personaggi, di una trama meno facile da seguire rispetto al primo film (si è tagliato un po' troppo materiale, come il rapimento di Mirai Noa, gli eventi del Kilimanjaro e dell'Operazione Apollo, etc.) e dell'assurda sparizione quasi istantanea di Rosamia e Amuro (alla faccia delle finalità dei tre film e del loro messaggio sulla collaborazione tra i due grandi rivali!), è giusto segnalare almeno l'interessantissimo destino alternativo di Four, estremamente più brutale di quello originale e narrato in una lunga scena inedita. Impossibile dimenticarselo.

La trilogia si conclude con L'Amore fa palpitare le stelle (2006), bel lungometraggio che, mutilando senza pietà le ultime 18 puntate dagli eventi sorvolabili e delle numerose (e spesso inutili) sottotrame, focalizza interamente a narrazione sulle mille cospirazioni politiche di Haman Karn e Paptimus Scirocco. La fitta, rapidissima rete di alleanze che si creano e disfano dall'oggi al domani, a seconda dei vantaggi che i due leader riescono a ricavare, offrendosi volta per volta al miglior offerente (operando al contempo mille voltafaccia), e che porterà alla rapida fine della guerra con poche battaglie sanguinose e devastanti, fa assumere all'avvincente thriller politico di Tomino le sue migliori espressioni, forte di due antagonisti affascinanti, sfuggenti e machiavellici e infarcito di grandi orazioni, furori ideologici e scontri di opposte visioni sul mondo e sulla società (magnifico il contrastato rapporto tra Haman e Char). Non era facile rendere comprensibile tutta la complessa impalcatura politica, in origine resa confusionaria dalle mille bizze di sceneggiatura che mescolavano insieme milioni di cose senza unità, e Tomino in questo caso è riuscito a farcela in modo chiaro ed epico (pur al costo di omettere momenti a mio parere bellissimi e imprescindibili come il famosissimo discorso di Char al Parlamento Federale di Dakar). Si continua un po' delusi a vedere ridotti al rango di macchiette personalità memorabili come Jerid, Emma e Reccoa e al contempo a veder dato più spazio a personaggi meno interessanti come Sarah e Katz Kobayashi, ma pazienza: alla fine, come i lavori precedenti, L'Amore fa palpitare le stelle vuole porsi come sintesi veloce e coerente dei 50 episodi in modo da rinfrescare bene la memoria ai fan storici e non vuole e non potrebbe mirare a essere altro nella sua durata non eccezionale. Ci si accontenta, si ricorda con nostalgia l'originale e si ammira l'80% delle sequenze rifatte da zero (praticamente quasi un film intero). Meritevole anche il nuovo finale, positivo come già si sapeva ma non per questo arido o deludente - del resto, a parte il nuovo destino di chi ben sappiamo, il bagno di sangue che si consuma nella battaglia finale di Gryps mantiene inalterato il suo enorme body count. Uniche perplessità consistono, nella battaglia conclusiva, nello spirito fluttuante di Rosamia, riciclato disordinatamente dalla serie e contraddittorio in quest'occasione (in A New Translation non muore, sparisce e basta senza spiegazioni!), e nel fatto che, in generale, ci si aspettava una parte maggiormente rilevante per Amuro viste le solite premesse della trilogia, cosa che non avviene proprio (alla fien rimane marginale come in origine).


Tirando le somme, il progetto A New Translation è nel complesso soddisfacente, a tratti molto buono: se Bandai avesse scommesso di più sulla sua portata stanziando più fondi, e se si fosse deciso di fare un quarto lungometraggio o di aumentare sensibilmente di durata dei tre, forse avremmo avuto dei titoloni in grado di rivaleggiare con quelli che riassumono la prima serie: una o due orette di durata in più avrebbero permesso di caratterizzare ancora meglio il cast e di includere alcuni eventi molto significativi del passato andati eliminati, e questo forse avrebbe davvero permesso all'opera di porsi come valida alternativa alla visione dell'originale. Così, invece, abbiamo "solo" dei bei film che rinfrescano la memoria ai fan dando loro un sacco di battaglie e dialoghi rigirati e riscritti da capo: sempre una gran cosa (e la critica se ne accorgerà, Eredi delle Stelle vincerà il premio di miglior film all'Animation Kobe del 2005, Tomino quello di miglior regista al Tokyo International Anime Fair del 20068), ma con un qualcosina di più avremmo avuto qualcosa davvero di gran livello.

Nota: i film sono distribuiti in Italia in DVD da Dynit. Sarebbe molto più gradita una versione in Blu-ray (chissà che un giorno...), ma per ora accontentiamoci, visto che quest'edizione contempla un booklet contenente approfondimenti e soprattutto interviste a Tomino, al produttore Keiichi Matsumura e al mecha designer Kunio Okawara (nonostante questi ultimi due non dicano nulla di realmente interessante visto il loro coinvolgimento molto relativo). Per quello che riguarda i DVD, si segnalano dialoghi molto fedelmente tradotti e soprattutto una perfetta, davvero ineccepibile distribuzione di un po' tutte le voci, a fronte però di una recitazione talvolta ingessata e spaesata. I lungometraggi di A New Translation sono, ad oggi, l'unico materiale animato dell'Era Spaziale a rinominare questa, anche in originale, con la sua nomenclatura internazionale, Universal Century).

Voto a Mobile Suit Z Gundam A New Translation - Eredi delle Stelle: 7 su 10
Voto a Mobile Suit Z Gundam A New Translation II - Amanti: 6,5 su 10
Voto a Mobile Suit Z Gundam A New Translation III - L'Amore fa palpitare le Stelle: 7 su 10

RIFERIMENTO 
Mobile Suit Gundam (1979-1980; TV)
Mobile Suit Gundam The Movie I (1981; film)
Mobile Suit Gundam The Movie II: Soldati del dolore (1981; film)
Mobile Suit Gundam The Movie III: Incontro nello spazio (1982; film)
Mobile Suit Z Gundam (1985-1986; TV)


FONTI
1 Consulenza di Garion-Oh (Cristian Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit)
2 Come sopra
3 Come sopra
4 Intervista a Yoshiyuki Tomino pubblicata nel booklet del film "Mobile Suit Z Gundam A New Translation: Eredi delle Stelle" (Dynit, 2011)
5 Consulenza di Garion-Oh. Confermato a pag. 429 del saggio "Storia dell'animazione giapponese" (Guido Tavassi, Tunuè, 2012)
6 Vedere punto 1
7 Come sopra
8 "Storia dell'animazione giapponese", pag. 430

3 commenti:

Rocket-Buddha ha detto...

Ma porc...Ho già acquistato in blocco il box omonimo della Dynit, in più ho pure preso il film di Gundam 0083, quest'ultimo che ho visto completamente è una fregatura colossale. Vabbè, ormai il danno è fatto, non mi resta altro che recuperare la serie TV

Jacopo Mistè ha detto...

Ammazza mi spiace per te, sopratutto per il film di 0083 XD
Rimedia assolutamente Z Gundam serie televisiva, a mio personale parere è una delle più belle serie robotiche di sempre, con un comparto tecnico e grafico che era epocale ieri e fa un figurone anche oggi, Yas strabiliante :) Non è perfetto, ma ha un carisma inarrivabile per merito della sontuosità dei disegni e la bellezza del soggetto :)

Rocket-Buddha ha detto...

Mi sono già mosso per la serie TV, il disegno rimane ancora valido, menzione d'onore per il mecha design (con quel cast tecnico poi...). Ora tutti quei modellini che vedevo in passato su Hobby Japan cominciano ad avere un senso!

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