lunedì 11 gennaio 2010

Recensione: Black Blood Brothers - Fratelli di sangue

BLACK BLOOD BROTHERS: FRATELLI DI SANGUE
Titolo originale: Black Blood Brothers
Regia: Hiroaki Yoshikawa
Soggetto: (basato sui romanzi originali di Kohei Azano)
Sceneggiatura: Yuu Sugitani
Character Design: Yuuya Kusaka (originale), Toshiyuki Sugano
Mechanical Design: Nishiki Itaoka
Musiche: Toshihiko Sahashi
Studio: Group TAC, Studio Live
Formato: serie televisiva di 12 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2006


Jiro, conosciuto come Lama D'Argento per le straordinarie capacità di combattimento con l’uso della spada, è un vampiro molto temuto, sia dagli umani che dalle creature della sua stessa razza. Assieme al fratello Kotaro decide di entrare nella cosiddetta Zona Speciale, una città nella quale convivono vampiri e umani secondo una ferrea logica di reciproco rispetto: le creature della notte sono organizzate in alcune gilde, che garantiscono ordine notturno e tengono d’occhio gli esseri umani, mentre i mortali possono contare sulla Order Coffin Company, sorta di ente che vigila sulla correttezza dei vampiri. Jirou, tutt’altro che benvoluto, fa la conoscenza di Mimiko, negoziatrice tra mortali e non-morti, e con lei scoprirà quale sia il segreto che custodisce la Zona Speciale...

In un preciso momento come quello attuale, tanto critico per l’horror, che sminuisce sempre più la figura del vampiro con esili, irritanti versioni sciaguratamente romantiche di una creatura tanto affascinante, morbosa e sanguinaria, Black Blood Brothers è una serie anime che potrebbe riappacificare i cuori polverosi di chi è rimasto deluso da tanti romanzi e film. Se la sinossi potrebbe apparire tutt’altro che invitante, poco più di un pretesto per mettere in scena 12 semplici episodi di combattimenti tra sanguisughe, bisogna ammettere che era impossibile accennare in poche righe alla quantità esasperante di personaggi, situazioni, eventi, intrighi e in generale tonnellate di risvolti di un intreccio tremendamente complesso, contorto e sempre, sempre imprevedibile. Non c’è un momento di pausa, nell’odissea di Jiro e Kotaro, ed è impresa ostica anche solo respirare in una solidissima struttura episodica che continua ad aggiungere informazioni e tasselli a un mosaico complessivo spaventosamente intricato che, paradossalmente, invece di elargire risposte un po’ alla volta, trattiene i pilastri su cui si basa la storia, necessari ma sconosciuti, fino ai minuti conclusivi dell’ultima puntata, quando finalmente tutto torna e il rischio di scoppiare per i troppi meccanismi mentali in funzione viene evitato in extremis.

Non è certo l’originalità il fattore vincente di Black Blood Brothers, né il riconoscimento a cui aspira la serie, ma è innegabile che una certa atipica curiosità traspare da ogni singola puntata. L’insolita scelta di non spiegare alcunché, se non nell’apoteosi informativa finale, appare rischiosa e vincente allo stesso tempo, e se una certa laboriosità poteva essere scansata alleggerendo il carico di misteri, bisogna comunque dire che il congegno narrativo, sulla carta, rasenta la perfezione, ed effettivamente non ci sarebbe motivo per criticare tale azzardo strutturale se non per una certa confusione in cui è naturale smarrirsi saltuariamente.


Se c’è un elemento da criticare, invece, pur nella più che buona impressione generale ottenuta tramite eccellenti rapporti disegni/animazioni e una OST gotico/sinfonica qualitativamente incantevole, è proprio la caratterizzazione di Jiro, che, al di là del facile accostamento al ben più famoso ibrido D, si perde tra momenti buffi (esilarante, però, davvero esilarante la sequenza in cui picchia suo fratello) e altri di estrema serietà che letteralmente spaccano a metà il protagonista dell’anime, rendendolo incerto, zoppicante e a tratti addirittura stupido. Resta comunque invariato il giudizio finale di un anime criptico ma avvincente, che volge a suo favore una mancanza di originalità marginale e sa anche sorprendere lo spettatore. Non è cosa da poco.

Voto: 7 su 10

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