venerdì 24 dicembre 2010

Recensione: Blue Submarine No. 6

BLUE SUBMARINE NO.6
Titolo originale: Ao no roku-go
Regia: Mahiro Maeda
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Satoru Ozawa)
Sceneggiatura: Hiroshi Yamaguchi
Character Design: Takuhito Kusanagi (originale), Range Murata
Beast Design: Takuhito Kusanagi
Mechanical Design: Shoji Kawamori, Mahiro Maeda
Musiche: The Thrill
Studio: GONZO
Formato: serie OVA di 4 episodi (durata ep. 30 min. circa)
Anni di uscita: 1998 - 2000
Disponibilità: edizione italiana in DVD a cura di Dynit


Futuro prossimo: il pianeta è interamente sommerso dall’acqua, e l'umanità è ormai sull’orlo dell’estinzione. A governare i mari sono infatti delle creature per metà uomo e per metà animale, create in laboratorio dal misterioso Zorndyke, che i sopravvissuti cercano di combattere con le poche risorse a loro disposizione, ovvero uno squadrone di sottomarini corazzati. La loro ultima missione punta alla distruzione dell’Antartide dove sembra risiedere la base operativa di Zorndyke, ma il tempo è agli sgoccioli e l’arma segreta del nemico sta per essere scagliata...


Il 1998 è l’anno dello studio GONZO. Ma ogni promessa di sfarzosità visiva, di innovazione tecnologica, di capace costruzione narrativa che si respiravano in questo buon Blue Submarine No.6, prima opera in assoluto dello studio nipponico dal bizzarro nome, verrà poi incrinata nei lavori successivi: GONZO, salvo rarissimi casi, ci abituerà infatti a serie mediocri, a volte addirittura disastrose. Peccato, perché esordiva, dopo 17 mesi di lavorazione, con uno studio interessante e coraggioso, ricco di potenziale e su cui si poteva scommettere per una nuova era dei disegni animati, essendo Blue Submarine No.6 la prima, pioneristica serie a a prevedere un'integrazione continua - non più a scatti, come poteva essere un Macross Plus (1994) - tra disegni tradizionali e CG. Sebbene il risultato della mistura oggi non sia dei migliori, si premiava lo sforzo, l’idea, l’originalità, lungi dall'immaginare la degenerazione artistica che avrebbe colto lo studio più in là.

Fantascientifica, catastrofica rivisitazione de L’isola del dottor Moreau (1895), non è nella trama, tratta dall’omonimo manga del 1967, che Blue Submarine No.6 offre il meglio di sé, ma negli elementi di background, con cui serve sin da subito portate di notevole golosità visiva. Il bestiario, prima di tutto, sprigiona grande fascino mostruoso nella sua varietà creativa: creature antropomorfe come squali, cani, lupi, scimmie, dotate di armature e vocalizzatori per convertire i loro versi in linguaggio umano, catturano l’occhio tanto nella forma fisica quanto nella loro classica ma credibile personalità, suddivisa tra un’incontrollabile aggressività istintiva e un amore reverenziale per il loro creatore. Verg, in particolar modo, figlio prediletto di Zorndyke e capo dell’esercito di bestie, si mostra come villain carismatico e ben costruito: pazzo e violento, ma soggiogato da una mentalità infantile che lo porta a battere capricciosamente i piedi per terra quando non ottiene ciò che vuole. A loro si aggiungono, ed è qui che Blue Submarine No.6 strega veramente, un buon catalogo di giganteschi esseri marini trasformati in armi da guerra: balene, capidogli e altre colossali creature diventano sottomarini, cannoni, immense navi da battaglia. Interessante anche l’esercito di macchinari corazzati, di cui si intuisce la presenza ma che viene mostrato soltanto in minuscoli spiragli arrugginiti, come macchine aracniforme e mecha insettoidi, ma anche, nella fazione umana, sottomarini di morbida forma e navette dotate di arti semoventi. È qui che fa il suo ingresso la CG, scelta forse spericolata ma avveniristica, che si apprezza nonostante la bruttina, spartana messa in scena. Pochi poligoni, texture che stridono tremendamente con la ricchezza dei disegni, la CG offre il peggio di sé quando dipinge le acque, fin troppo finte e sgradevoli.

 

In questo scenario, dove i mari coprono interamente il mondo e mostri e robot si scontrano con gli umani, prende vita una trama piuttosto semplice ma ben gestita nel dipanarsi di quattro episodi. Chiaro e scontato il messaggio ecopacifista, così come il susseguirsi degli eventi e il ricorso a cliché ordinari (il protagonista ribelle richiamato in azione, la pseudo storia d’amore che nasce tra uomo e bestia, il lungo spiegone conclusivo e il finale che ne consegue), ma il regista Mahiro Maeda, grazie a una discreta caratterizzazione dei personaggi (una figura come l'eroe Hayami, per quanto vista e stravista in ogni tipo di prodotto, ha sempre un certo fascino carismatico), una giusta, opprimente atmosfera drammatica (addirittura commovente nell’ultimo episodio), una regia dinamica e soprattutto il già citato, fantastico bestiario che realmente ruba la scena a qualsiasi cosa, rende piuttosto coinvolgente la vicenda. Si sente la mancanza di maggior spazio, forse di almeno un altro episodio, alcune situazioni slittano via con eccessiva velocità e qua e là un certo senso di compressione appare fastidiosamente, ma è fattore facilmente assimilabile, soprattutto di fronte a scene di grande impatto, in special modo due lunghe sequenze, nella parte conclusiva, come il toccante salvataggio di Hayami e il triste, teatrale, lunghissimo combattimento finale, davvero sentito.

Al contrario dell’inadeguata CG, disegni e animazioni sono magnifici, queste ultime armoniose, fluide, dettagliate e con una cura per il particolare davvero meticolosa. Alto budget sfruttato quindi a meraviglia, anche in questo si ponevano giuste speranze per il futuro dello studio GONZO. Ma sappiamo com’è andata a finire.

Voto: 6,5 su 10

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