lunedì 31 gennaio 2011

Recensione: Scrapped Princess

SCRAPPED PRINCESS
Titolo originale: Scrapped Princess
Regia: Soichi Masui
Soggetto: (basato sui romanzi originali di Ichiro Sakaki)
Sceneggiatura: Reiko Yoshida
Character Design: Takahiro Komori
Musiche: Hikaru Nanase
Studio: BONES
Formato: serie televisiva di 24 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2003

 
Pacifica, 15 anni, fugge senza meta assieme ai due fratelli, Shannon e Raquel. Lei è la Scrapped Princess, la principessa abbandonata, la più grande paura di tutta la popolazione: la profezia dice infatti che, quando compirà 16 anni, genererà l’apocalisse e la conseguente fine del mondo. I fedeli della Chiesa del dio Mauser e tutti i soldati dell’esercito dell’ordine religioso sono impegnati in una caccia costante, Pacifica dev’essere uccisa al più presto. Ma ai tre fuggitivi si aggiungono insperati alleati, come un timido cavaliere, un vanitoso custode di antiche tecnologie e una dolce locandiera, e molti altri ancora rinnegheranno la cecità ecclesiastica per schierarsi dalla parte di Pacifica...

Tra il fantasy e la fantascienza, tra buffa ironia e cupa drammaticità, ricco di atmosfere e meccanismi che richiamano il mondo videoludico dei J-RPG, Scrapped Princess (2003) è un piacevolissimo prodotto che, seppur poggiandosi su certi cliché e schematismi, garantisce ore di delizioso intrattenimento. Gli appassionati di giochi di ruolo nipponici, preferibilmente quelli dell’era SNES/PSX come il sottoscritto, non impiegheranno molto per intuire scalette, strutture e costruzioni che sorreggono la trama: dallo spunto di partenza al cast di personaggi in continua, rapidissima crescita, dalla creazione del party alla graduale rivelazione della natura dei villain, passando per le musiche folkeggianti e l’immancabile snodo centrale, dove le avventure narrate assumono tradizionalmente proporzioni immense, Scrapped Princess sembra un gioco sfornato dalla Square dei tempi d’oro. E chi, come me, detesta gli RPG di nuova generazione non potrà che goderne a piene mani.

L’impatto iniziale non è tuttavia dei migliori. Complice un chara design sempliciotto e poco stimolante, molto derivativo nella creazione di volti, vestiti e armature e addirittura irritante nel tratteggiare il seno femminile come una perfetta, rotondissima pallina, i primi episodi di Scrapped Princess non offrono granché e incuriosiscono poco nel loro aggrapparsi a soluzioni eccessivamente standardizzate. Protagonisti già visti (dall’eroe schivo e musone alla maga tutta sorrisi e occhi felici, dal cavaliere coraggioso ma imbranato alla ragazzina dispettosa ma fragile), comprimari incolori, una trama che fatica a esprimersi per la scelta forse azzardata di buttare nel mezzo decine di personaggi non sempre necessari. Basta però poco, e l’opera di Soichi Musai sembra ingranare la marcia giusta e spingere sul pedale dell’acceleratore. I personaggi, pur rimanendo ancorati a personalità di certo non memorabili acquisiscono una pregevole tridimensionalità, i loro ruoli in apparenza fumosi trovano un posto inatteso nel puzzle generale, alcuni nuovi innesti si rivelano perfetti e carismatici, e l’antipatia di una prima impressione diventa simpatia tanto per Pacifica (personaggio davvero irresistibile e fonte di risate a voce alta) quanto per i suo alleati, da Shannon e Raquel in primis.


Ci si affeziona, ci si affeziona tanto, e nel piacere della visione, scaturito ora da un buon equilibrio tra azione, umorismo e tasselli misteriosi che lentamente vengono a galla, quasi non ci si accorge di come l’intreccio si faccia sempre più contorto abbandonando il fantasy per addentrarsi nella sci-fi pura, lasciandosi dietro magie e credenze popolari per parlare di astronavi e alieni, conflitti spaziali e addirittura mecha da combattimento. Per mezzo di un’ottima sceneggiatura, capace di costruire episodi tutto sommato snelli e agevoli nonostante la mole di informazioni e la corposità dei dialoghi (favolosa la trovata per giustificare i lunghissimi momenti di spiegazioni, ovvero l’imbarazzante incapacità di comprensione di Pacifica, che continua a chiedere il fatidico “ma perché?”), Scrapped Princess tiene costantemente alto un ritmo fatto di fughe disperate e combattimenti annichilenti contro avversari invincibili, e semplicemente cattura, coinvolge e diverte. Piacciono, in particolar modo, il ricorso ad alcuni colpi bassi che innalzano il livello di tragedia che si respira (un paio di decessi che fanno male), e una sorta di inaspettato “restart” a tre quarti dell’opera, con un nuovo personaggio che assurge a ruolo di protagonista.

Teso e drammatico, curioso e avvincente anche nei momenti più monolitici (i due episodi centrali che raccontano i vari retroscena sepolti nel passato del pianeta), Scrapped Princess soffre forse soltanto nel ricorso all’utilizzo dei draghi, elemento davvero troppo classico del fantasy e a cui, a conti fatti, si poteva preferire qualunque altra cosa. Manca anche una certa cattiveria nella conclusione e, nonostante una manciata di sequenze feroci, si poteva premere un po’ più in fondo il simbolico pugnale. Ciò non toglie la buona impressione finale, un mix di duelli di spada, magie, cyborg, missili e raggi laser tutto sommato ben riuscito nonostante la placida comodità nel portare a termine una storia che non va mai oltre le aspettative.


Il marchio BONES è ben visibile, le animazioni sono eccellenti anche nei momenti in cui l’azione rallenta drasticamente, i colori sono sgargianti e luminosi, a non piacere fino alla fine è il già citato chara di Takahiro Komori, poco stuzzicante, poco appariscente, si chiedeva di certo qualcosa in più sul mero aspetto visivo, quanto meno una maggior varietà di volti e capelli. Impossibile non consigliarne la visione, aggiungete pure mezzo punto in più al voto finale se rimpiangete gli RPG di una volta e avete ormai giocato fino allo sfinimento i primi due Star Ocean.

Voto: 7 su 10

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