lunedì 23 marzo 2015

Recensione: Bubblegum Crisis

BUBBLEGUM CRISIS
Titolo originale: Bubblegum Crisis
Regia: Katsuhito Akiyama (ep.1-4), Masami Obari (ep.5-6), Fumihiko Takayama (ep.7), Hiroaki Gohda (ep.8)
Soggetto: Toshimichi Suzuki
Sceneggiatura: Toshimichi Suzuki, Hidetoshi Yoshida, Emu Arii, Shinji Aramaki, Hideki Kakinuma, Katsuhito Akiyama
Character Design: Kenichi Sonoda
Mechanical Design: Masami Obari, Shinji Aramaki
Musiche: Koji Magaino
Studio: Artmic, AIC
Formato: serie OVA di 8 episodi (durata ep. 41 min. circa)
Anni di uscita: 1987 - 1991


Tra i massimi esponenti ottantini della "dottrina Macross", Bubblegum Crisis è, a partire dal titolo, una predisposizione a una massimizzazione visiva e danzereccia che nel suo tempo ha filosoficamente tiranneggiato spargendo semi pop a un’intera generazione. Distribuito nelle videoteche giapponesi dal 1987 al 1991 con ottimi incassi1, dei tredici episodi previsti solo otto vedono la luce (a causa di dispute legali tra i due produttori Artmic e Youmex2), ma ciò non toglie che la miniserie diventi in pochi anni una ramificazione di trasposizioni, seguiti, prequel, spin off e rifacimenti, e imprima un calco molto importante alla scena, firmandosi come opera fondamentale per il suo approccio stilistico e musicale accanto ai vari Dancouga (1985), Megazone 23 (id.), etc.

Per arrivare a tanto non si tratta naturalmente solo di sfarzo visivo, o meglio, non è questo l’unico elemento a risaltare e dare sostanza storica a Bubblegum Crisis: per quanto la fisicità robotica, l’assurda ricchezza di dettagli e la potenza delle animazioni siano necessari a sostenere il progetto di Toshimichi Suzuki, creatore e sceneggiatore (nonchè presidente della stessa Artmic che produce), è paradossalmente nel suo insieme che l’opera funziona e dà soddisfazione, crescendo di puntata in puntata in una trasformazione tecnica raramente così esemplare. Ambientato in un futuro non troppo lontano, dove la corporazione Genom domina invisibile politica e scenario producendo i granitici Boomer, cyborg utilizzati tanto nella quotidianità quanto nei progetti militari, un gruppo di giustizieri femminili, le Knight Saber, protegge il popolo dalle sperimentazioni belliche a cui è continuamente sottoposto. Difficile immaginare qualcosa di più semplice e spartano per una serie OVA, appena uno spunto per episodicizzare di volta in volta un antagonista diverso che con meccaniche collaudate viene puntualmente sconfitto dalle Knight Saber in uno splendore di animazioni e particolari, esplosioni e cazzute scene d’azione, eppure Bubblegum Crisis acquisisce con il passare del tempo una maturità e una completezza che gli permette di sfoggiare avventure sì molto elementari, ma scritte e dirette però con una mano estremamente professionale, che bilancia miracolosamente spettacolarità e attenzione per i personaggi, tanto che si potrà vedere proprio nell’ottavo OVA una sorta di raggiunta perfezione dove ogni elemento, dal ritmo all’ironia, dalle mazzate robotiche all’espressione musicale, sostiene indissolubilmente l’altro.


Certo, non abbiamo mai a che fare con grandi intrecci, Suzuki preferisce volare sempre basso e fare ogni cosa a modo piuttosto che ambire ad argomentazioni di più complessa gestione o che stravolgerebbero un progetto in realtà sempre straight in your face, che non vuole e non ha bisogno di travestimenti intellettuali per aggiornare e rafforzare il cyberpunk su cui si basa perché è proprio nella schiettezza che l'autore dà il suo meglio. E se negli episodi iniziali è soddisfacente saziarsi dei bellissimi disegni di Kenichi Sonoda (e pensare che, come Gall Force prima, non sente neanche l'opera come sua perché gli è stata commissionata!3), dall’intricatissimo mecha design in cui compaiono nomi importanti come Masami Obari e Shinji Aramaki, e delle tentacolari animazioni che deflagrano tra sparatorie che sbriciolano e spargono in giro sangue e bulloni, è da metà in avanti che Bubblegum Crisis acquisisce una sorta di maturità nel tratteggio di personaggi ed eventi tale da fortificare un’esperienza visiva già sostenuta dalle regie solide e magniloquenti di Katsuhito Akiyama, Masami Obari, Fumihiko Takayama e Hiroaki Gohda.

Le quattro Knight Saber si spogliano progressivamente delle vesti semplici e simpaticamente superficiali della prima manche di episodi, e accanto all’appeal bishoujo a uso e consumo del pubblico, fatto di sfoggi di bellezza fisica, moto lanciate a gran velocità, velate malizie durante la svestizione e lunghe esibizioni live su palchi colorati e colmi di synth, si aggiungono storie personali, motivazioni più profonde, legami d’affetto e un’ironia più radicata nei caratteri e non dettata da una demenzialità slapstick. Quattro personaggi per quattro approcci molto pratici alla caratterizzazione: abbiamo una leader silenziosa e intelligente che come una madre guida tre amiche, una ribelle, un’ingenua e una sensuale, ma nonostante la forte schematicità di base si spendono molti minuti a spiegare e ad approfondire, impedendo alle armature e ai combattimenti di prevalere e far sbrodolare tutto quanto. Anche un personaggi secondario come l’agente Leon, passa da un’innocua comparsata sbavante sul corpo di Priss a uomo d’azione e di gran coraggio, tanto che la stessa sciocca spalla comica che gli viene affibbiata si guadagna una spessore altrimenti insperato.

Ciò che resta grossomodo sullo stesso livello sono le intenzioni criminali della Genom, la multinazionale semina dirigenti anziani e avvoltoi arrivisti senza differenziarne troppo motivazioni e risate infernali, ma Suzuki è bravo a dare continuità non spezzando sistematicamente gli OVA in avventure autoconclusive ma creando uno scenario vivo e dotato di memoria, dove ogni evento possiede una certa importanza e ricade inevitabilmente su ciò che accade in seguito, annodando ogni elemento  con quel minimo di serialità che alza l’opera un gradino sopra la media, già altissima, dei vari colleghi del periodo.
 

È richiesta quindi una maggior attenzione a quello che in fondo rimane uno dei prototipi della visione disimpegnata, apparentemente dedicata a pallottole e calci sui denti, e questo permette un confronto ben più piacevole nonostante si tratti di un prodotto in qualche modo tronco, privo di un reale inizio e soprattutto di una fine (nonostante si vociferi, senza la conferma dell'ufficialità, che il successivo Bubblegum Crash basi le sue vicende sugli ultimi cinque episodi mai prodotti4), che pare più che altro fotografare una porzione della storia di questa Tokyo futuristica. Ma il gioco vale la candela ed è raro incontrare opere che sappiano resistere al trascorrere del tempo con questa energia, mostrando difetti e ingenuità che esse stesse hanno saputo correggere durante la pubblicazione.

Voto: 8 su 10

PREQUEL
A.D. Police: To Protect and Serve (1999; tv)
A.D. Police Files (1990; serie ova)
Parasite Dolls (2003; serie ova)

SEQUEL
Bubblegum Crash (1991; serie ova)


FONTI
1 Guido Tavassi, "Storia dell'animazione giapponese", Tunuè, 2012, pag.179. Confermato anche in Kappa Magazine n.7 (Star Comics, 1993, pag.116)
2 Consulenza di Garion-Oh (Cristian Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit)
3 Intervista a Kenichi Sonoda apparsa su Kappa Magazine n.17 (Star Comics, 1993, pag.119)
4 Consulenza di Garion-Oh

2 commenti:

Marco Grande Arbitro ha detto...

Bubblegum Crisis mi porta indietro nel tempo... stupendo!

Simone Corà ha detto...

Io l'ho visto per la prima volta, ottima esperienza. A presto con i vari sequel :)

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