lunedì 7 marzo 2011

Recensione: Il nostro gioco (Bokurano)

IL NOSTRO GIOCO
Titolo originale: Bokurano
Regia: Hiroyuki Morita
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Mohiro Kitoh)
Character Design: Kenichi Konishi
Mechanical Design: Shingo Natsume
Musiche: Yuuji Nomi
Studio: GONZO
Formato: serie televisiva di 24 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2007

 
In un futuro non molto lontano alcuni ragazzini, dopo aver incontrato un individuo misterioso in una grotta in riva al mare, vengono scelti per pilotare un colossale mecha da combattimento. Creduto dapprima di partecipare a un videogame interattivo, i ragazzi, imprudentemente, accettano l’incarico di sfidare quindici mecha alieni. Ma non è di certo un gioco, quello in cui si ritrovano coinvolti: di scontro in scontro, infatti, il ragazzino assegnato di turno alla guida dello Zearth, nome da loro dato al veicolo, viene prosciugato delle energie vitali andando incontro a morte. Sapendo quindi dell’inevitabile destino che li attende, i ragazzi cercano di vivere pienamente le ultime ore che rimangono loro…

Bisogna avere del fegato per sopravvivere alla tragica crudeltà che anima Il nostro gioco. Non è infatti nello spietato, terribile colpo di scena che l’anime di Hiroyuki Morita e, prima di lui, il manga di Mohiro Kitoh, cerca di colpire lo spettatore, non è nella morte improvvisa dei protagonista che l’opera vuole traumatizzare, bensì nell’angosciosa consapevolezza con cui i giovani piloti dello Zearth sanno di non avere speranza alcuna, di non poter sottrarsi in nessun modo al vincolo che li lega al mecha, di essere costretti a combattere e quindi a morire. E se, inizialmente, lo shock per la prima morte è feroce quanto lo straziante, straziante funerale che ne segue, si apprezza con sollievo la scelta narrativa di Morita, che predilige drammatica funzionalità alla storia piuttosto che uno studio particolareggiato di ansie, timori e dolori che dovrebbero portare i ragazzi a un unico, possibile esito: pazzia.

Non era infatti possibile dare totale credibilità alla vicenda – pur incatenati dal legame con lo Zearth per un importante snodo di trama, dei protagonisti così giovani difficilmente potrebbero reagire con tale sangue freddo e caparbia coscienza al loro mero destino – eppure non si sente mai la necessità di maggior realismo psicologico. Le costruzioni caratteriali di ogni singolo personaggio, nella loro giustissima praticità alla storia complessiva, offrono sempre risvolti diversificati e verosimili, e se nella prima metà è decisamente arduo poter percepire lo spettro di differenze interiori (troppi i personaggi e troppo veloce la puntualità dei decessi), nella seconda parte, con meno ragazzi da seguire, si colgono con più completezza le sensibilità, le delicatezze, i nervosismi, i rancori e i dispiaceri anche di alcuni comprimari come l’eccezionale yakuza Sakakibara, figura davvero insolita e carismatica nel farsi peso di qualsiasi responsabilità sempre con il sorriso sulle labbra.


I 24 episodi seguono più o meno fedelmente lo schema del monster-of-the-week, presentando di puntata in puntata la vicenda personale del personaggio in esame e concludendo con un solitamente breve duello finale tra mecha. Appare chiara la propensione a un dispendio minimo di mazzate tra colossi di metallo (a volte vengono risicate in meno di un minuto) per privilegiare sensazioni e stati d’animo, dialoghi e riflessioni, toccando spesso temi di non facile gestione come pedofilia, isolamento, prostituzione anche minorile, mancanza dei genitori o loro disinteressamento nei confronti dei figli. La forte struttura episodica non sempre centra il bersaglio, a volte alcuni comprimari e certe situazioni presentate si esauriscono con la puntata in questione quando avrebbero potuto offrire interessanti relazioni con il prosieguo della trama generale, ma gli argomenti sviscerati sono insoliti e coraggiosi, e piace molto questa scelta introspettiva.

A far da sfondo e da legame alle singole avventure, è presente un complesso background politico e sociale, voluto dal regista per differenziarsi dal manga originale, da lui detestato per non meglio precisate motivazioni. La natura dello Zearth diventa teatro di una guerra tra governo, scienziati, stampa e semplici cittadini: l’opportunità energetica del mecha permette infatti credibili dibattiti che mostrano varie facciate dell’egoismo politico e del cinismo scientifico, sleali trucchetti per infangare l’avversario compresi. Tale aspetto narrativo emerge più che altro nella seconda parte, quando viene un po’ meno la natura episodica dell’opera in favore di una più profonda analisi dei sopravvissuti. Si inizia così a pronosticare verso quali lidi possa muoversi la trama generale, e su quali personaggi preferisca soffermarsi per dare mordente e insieme ordinato all’intera impalcatura narrativa. Appaiono forse un poco posticci e ingabbiati i due lunghi riassunti che permettono di capire il funzionamento dell’universo e svelano fondamentali retroscena, ma si possono finalmente comprendere gli scopi che hanno dato il via al massacro giovanile e, nonostante una conclusione sicuramente troppo comoda e didascalica (che si può comunque perdonare), porre fine a questo viaggio tanto triste.


Splendido il semplicissimo chara design di Kenichi Konishi, che, sebbene volti di adulti e ragazzi tendano a volte ad assomigliarsi un po’ troppo, è ideale per porre la giusta attenzione, complici anche le animazioni di certo non esemplari, sulla vicenda e non sul mero aspetto grafico. Immaginifico e ambizioso invece il mecha design di Tsutomu Suzuki, che crea questi giganti dalle sembianze lievemente insettoidi e sfrutta, attraverso le loro enormi dimensioni e una buona CG, lentissimi movimenti decisamente realistici. Chiude il quadro una delicata OST introdotta da una magnifica opener squisitamente pop, dove meste orchestrazioni e sofferti arpeggi pianistici guidano i destini dei giovani protagonisti. Per una volta tanto, un plauso alla GONZO, che pur con qualche leggerezza e ricaduta, ha saputo dare il giusto risalto alle modifiche del manga originale per ottenere una ben riuscita opera malinconica e drammatica.

Voto: 7,5 su 10

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