venerdì 9 settembre 2011

Recensione: Short Animation of Shintaro Kago

SHORT ANIMATION OF SHINTARO KAGO
Titolo originale: Short Animation of Shintaro Kago
Regia: Shintaro Kago
Soggetto & sceneggiatura: Shintaro Kago
Character Design: Shintaro Kago
Formato: serie ONA di 17 episodi (durata ep. 1 min. circa)
Anni di uscita: 2008 - 2009


Pazzo, sregolato, perverso, senza limiti, scorretto, privo di inibizioni. Non dev’essere facile vivere nella mente di Shintaro Kago, autore inclassificabile, capace di acidissime ironie quanto di squallide satire, dotato di una visionaria e originalissima carica sarcastica che non esita a mescolare pornografia e violenza esagerata, puro nonsense e intuizioni geniali, il tutto all’insegna di un estremismo trash magari non sempre riuscito ma al quale di certo non si rimane indifferenti. Molto noto in Giappone, in Italia lo conosciamo soltanto per l’impossibile manga L’enciclopedia delle Kagate, nel quale, già a partire dal titolo, riassume un po’ tutti i suoi mondi grotteschi con una serie di storie colme di sesso, splatter e follie grafiche.

Come intuibile dal titolo, le Short Animation of Shintaro Kago sono un collage di brevissime situazioni sanguinariamente bizzarre, diciassette one-shot privi di qualsiasi appeal grafico (disegni orrendamente stilizzati tanto da sembrare fatti con Paint, e con animazioni inesistenti), della durata media di un minuto, che hanno l’unico scopo di strappare sorrisi macabri e stralunati. Da una partita di golf dove la buca mangia un occhio del giocatore a una bambina che, dopo un mancato suicidio, usa il proprio intestino per saltare la corda e per salvare una persona che annega in un fiume, da un Buddha che applica il kamasutra con Shiva a una sirena con bocche dentate al posto delle tette, c’è molta, molta inventiva dietro queste minuscole storielle dalla spartana messinscena (ma davvero spartana, in quanto si tratta di animazioni che chiunque potrebbe realizzare con pochi click), e se alcune appaiono sottotono e forzate nell’eccesso a tutti i costi (le troppe scene dedicate al Buddha), altre mostrano intelligenti picchi di genialità (il cono di luce generato da una lente d’ingrandimento sotto il sole riutilizzato come fuoco, strumento di tortura, bomba, ecc). Insomma, a patto di non indignarsi per come si presenta il prodotto, si ride volentieri, stimolati da questa escalation generalmente volgare e allo stesso tempo irresistibile. C’è spazio anche per un segmento conclusivo live action, il più lungo nei suoi sette minuti, dedicato a un macabro gioco di prestigio con esiti ovviamente cruenti, piuttosto simpatico ma che pecca per una certa lentezza che rallenta troppo l’attesa comica.


Come avrete capito si tratta di un’opera singolare e destinata a un pubblico di nicchia: nessuna storia, nessun personaggio, nessun lavoro tecnico, ma un insieme di sketch minimali, “fatti in casa” e di inaudita cattiveria, apprezzabili soltanto da chi non disdegna una sorta di umorismo volutamente in chiave trash.

Voto: n.v.

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