lunedì 30 gennaio 2012

Recensione: Narutaru

NARUTARU
Titolo originale: Narutaru ~Mukuro naru Hoshi·Tama taru Ko~
Regia: Toshiaki Iino
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Mohiro Kitoh)
Sceneggiatura: Chiaki J. Konaka
Character Design: Masahiko Ohta
Musiche: Susumu Ueda
Studio: Planet
Formato: serie televisiva di 13 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2003

 
Shiina è una dodicenne spensierata che vive con il padre, pilota di aerei. Un giorno, mentre nuota, rinviene una strana creatura a forma di stella marina, che prenderà con sé all’insaputa del genitore. Scoprirà che si tratta di un cosiddetto drago, molto potente e apparentemente immortale, e che ne esistono molti altri, tutti mentalmente legati al loro rispettivo padrone. Se alcuni temono il potere dei draghi, altri invece vogliono sfruttarlo per creare una nuova società e governare il mondo…

Noto quasi più per le cruente tematiche trattate che per l’effettiva, e notevole, qualità che lo contraddistingue, nel 2003 Narutaru è stato al centro di numerose polemiche in tutto il mondo, dove la censura ha agito violentemente in ben più di un’occasione, tagliando le scene più feroci nelle edizioni tedesche e statunitensi o addirittura bandendo totalmente il fumetto, come accaduto in Francia dove la pubblicazione è stata interrotta dopo solo due uscite. Narutaru è probabilmente l’opera che più di tutte porta (giusta) fama a Mohiro Kitoh, autore difficile e spiazzante, dotato di un tratto veloce e freddo con cui disegna personaggi androgini protagonisti di storie di rara malvagità ma di enorme potenza narrativa (come avverrà in seguito nel bellissimo Il nostro gioco, del quale ho recensito su questi lidi la bella trasposizione animata del 2007). Ciò che stupisce, nella produzione di Kitoh, è il suo mischiare la quotidiana semplicità, preferibilmente dei contesti più infantili, brutalizzandola con una perfidia che solo il genere umano possiede, e in Naraturu quest’ultimo aspetto risalta amaramente proprio per la naturale simpatia bambinesca di cui è intrisa l’opera.

I draghi, le creature che popolano la sfera soprannaturale, sono infatti delle graziose bestiole con corpi buffi e gommosi e occhi teneri (Hoshimaru, il drago della protagonista Shiina, è infatti una sorta di stella marina che lei usa come zaino), e i loro possessori sono poco più che adolescenti alle prese con la scoperta del mondo, dei primi amori e della sessualità. Vi è quasi un’atmosfera scanzonata e divertente, nei momenti iniziali, che spicca, nella versione animata, grazie a una opening solare dal refrain estremamente orecchiabile, accompagnata da simpatici disegni infantili che, in realtà, nulla avranno a che fare con l’opera. Perché Narutaru, non appena girato l’angolo, sferra tremendi pugni allo stomaco mostrando la sua vera natura, per poi ribaltare la situazione e riappropriarsi di immagini semplici e delicate con cui alternerà la sadica violenza dei suoi protagonisti fino alla conclusione. Difficile fare un quadro preciso della trama, troppo complessa e troppo sfaccettata per essere anche solo suggerita, ma se da una parte troviamo il suo carattere più fantascientifico e sostanzialmente fiction, con un gruppo di ragazzini normalissimi e perbene che vogliono dominare il mondo con i draghi e un’organizzazione militare che studia il fenomeno di queste creature, dall’altra troviamo una serie di micidiali relazioni umane contraddistinte da incesto, aborto, stupro, suicidio, isolamento e bullismo, il tutto depravatamente esagerato non tanto per scioccare ma perché, in fondo, e per quanto incredibile, realisticamente possibile. Ragazzini che fanno sesso con numerose coetanee senza troppi problemi, ragazzine che si aggirano nude all’interno del gruppo di maschi, adolescenti padri di decine di figli, ragazze che stuprano la più debole della classe, maniache depressive che tentano più volte il suicidio, e via così, di atrocità in atrocità, risaltata naturalmente dal fatto che i protagonisti hanno dodici anni.


Ne nasce pertanto una storia morbosa e frammentata, molto amara e pesante, mentre i vari draghi (se ne scopriranno decine, durante la vicenda, con forme fisiche e caratteristiche via via sempre più mostruose) si fronteggiano (straordinari alcuni momenti di vera e propria guerra tra l’esercito e il drago dotato di mitragliatore, così come la carneficina finale, a tratti insopportabile), il tutto narrato dal punto di vista della povera Shiina, spesso impotente di fronte alla vastità del male raccontato. Nonostante porti la firma di Chiaki J. Konaka, l’anime è tuttavia una visione soltanto mediocre, se confrontata con la potenza sanguinaria del manga, e il motivo è facilmente riscontrabile nella sua breve durata (13 episodi) insufficiente per trasporre l’intera storia originale. Brusca e tagliuzzata, priva di un finale che si possa definire tale, la versione animata di Narutaru è un crescendo di situazioni lontane che lentamente trovano posto nel mosaico complessivo, ma l’incastro non funziona sempre bene a causa di un’esagerata disparità di punti di vista, che scollega e dilata la vicenda senza mai trovare quel punto di forza unitario che possa reggere l’insieme. La parte conclusiva arriva infatti come un episodio a se stante che nulla svela degli interrogativi sollevati, troncando di fatto molte delle numerose sottotrame.

A peggiorare la situazione troviamo inoltre, al di là dei disegni poco accattivanti e della scarsa cura nelle animazioni, la spenta regia di Toshiaki Iino, inadeguata per narrare le tremende immagini di Narutaru perché acerba, disinteressata, molto meccanica, noiosa e ripetitiva, oltre a essere totalmente spaesata nei momenti di maggior concitazione: è quindi un peccato che questa trasposizione fallisca laddove colori e musiche avrebbe potuto alimentare il contrasto tra le due facciate dell’opera.

È naturalmente il manga (edito in Italia da Star Comics), piuttosto che la poco riuscita ma comunque interessante serie tv, che consiglio di recuperare: certi squarci nella pische umana, in particolar nelle devianze così orribili eppure così realistiche dell’adolescenza, quando ancora non c’è un freno alla curiosità più sadica e tutto può sembrare un semplice gioco, lasciano cicatrici profonde e dolorose come poche altre opere.

Voto: 6 su 10

1 commento:

Sam ha detto...

iO HO LETTO il manga di Narutaru, e non l'ho trovato questa fiera delle efferatezze che si legge in giro: trovo manga dalla sceneggiatura ben più soldia comecome Kiseiju , Battle Royale e Alita molto più "forti" (e taccio su Last Man di Egawa, la fiera delle atrocità e del cattivo gusto , probabilmente il manga più perverso giunto in Italia ).
Penso che tutto stò casino sia nato dal fatto che il manga inizi come un prodotto per ragazzini e poi di punto in bianco svalvoli completamente; motivo per cui abbia disorientato gli editori stranieri ( che evidentemente lo avevano comrpato a scatola chiusa dopo aver visto il primo capitolo)e da qui le censure per evitare guai con l'errato pubblico a cui volevano rivolgersi ( i ragazzi).
Non so se l'autore ha pensato fin dall' inzio questo cambio di registro spiazzante os e se ha subito pressioni dall' alto ( leggi alla voce " vendeva poco e ha calcato la mano sulla explotation per aumentare le vendite " ), sta di fatto che ho trovato l'opera disomogenea e noiosa in più punti : che l'autore abbia improvvisato molto in corso d'opera, me lo dimostrano molti passaggi della sceneggiatura troppo veloci o lasciati cadere nel vuoto .
Qualcosa di buono c'è ( il design visionario dei draghi), ma per il resto....il solito manga influenzato da Evangelion il cui finale si intuisce con largo anticipo .

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