venerdì 3 febbraio 2012

Recensione: La tomba delle lucciole (Una tomba per le lucciole)

LA TOMBA DELLE LUCCIOLE
Titolo originale: Hotaru no haka
Regia: Isao Takahata
Soggetto: (basato sul romanzo originale di Akiyuki Nosaka)
Sceneggiatura: Isao Takahata
Character Design: Yoshifumi Kondo
Musiche: Yoshio Mamiya
Studio: Studio Ghibli
Formato: lungometraggio cinematografico (durata 88 min. circa)
Anno di uscita: 1988
Disponibilità: edizione italiana in DVD & Blu-ray a cura di Yamato Video



È difficile non partire prevenuti verso un film giapponese sulla Seconda Guerra Mondiale. Parliamo del conflitto in cui, sì, è morto circa mezzo milione di civili nipponici dopo lo sgancio delle infami bombe atomiche, ma anche del Paese che tutt'ora nega o ridimensiona enormemente le responsabilità dei suoi crimini commessi in quel periodo, come i massacri commessi dall'Armata Imperiale del Sol Levante nella città-prefettura cinese di Nanchino (l'atroce "Stupro di Nanchino"), i terrificanti esperimenti militari della famigerata Unità 731 in Manciura, e le centinaia di migliaia di donne coreane (le "comfort women") costrette con la forza a prostituirsi per intrattenere i soldati. Pur con il dovuto disgusto verso l'ipocrisia di uno Stato che piangerà per sempre le vittime di Hiroshima e Nagasaki ma non ha ancora il coraggio di fare i conti col proprio passato, non si può non vedere e amare un film come La tomba delle lucciole, inquadrandolo come qualcosa di ben diverso dal solito film di guerra retorico.

Nel 1988 Isao Takahata adatta, in una pellicola depressiva e senza speranza, ma che tutti dovrebbero vedere almeno una volta nella vita, il premiatissimo romanzo omonimo e semi-autobiografico scritto e pubblicato da Akiyuki Nosaka nel 1967, scampato da ragazzino (aveva 15 anni) ai bombardamenti di Kobe del 1945, dove ha perso la sua sorellina di appena 2 anni per mal nutrizione1. In esso, Nosaka vi ha scritto la propria storia, pur romanzandola e facendola interpretare da personaggi fittizi, Seita e la sua sorellina Setsuko. L'autore nel corso della vita ha rifiutato svariate volte qualsiasi proposta di adattamento filmico della propria opera, adducendo la ragione che era impossibile trovare giovani attori in grado di interpretare in modo credibile le parti, e proprio per questo concederà il privilegio di farlo, stupefatto per la richiesta, a Takahata e allo Studio Ghibli, perché effettivamente con l'animazione si può superare qualsiasi problema legato a mediocri cast2. Come nel libro, anche nel lungometraggio Seita è costretto dalle circostanze a diventare adulto prima del tempo, per prendersi cura della sorellina Setsuko all'indomani della perdita della madre sotto le bombe americane e la consapevolezza di essere rimasti soli al mondo, e come nel libro non saprà essere degno di tale responsabilità. Il ragazzo, dopo essersi stufato di vivere insieme all'arcigna zia, resa inevitabilmente più dura e insensibile dalle vicissitudini, decide di andarsene di casa e sopravvivere con le proprie forze, in mezzo a povertà e miseria e in rifugi temporanei, cercando ogni giorno di che sopravvivere, e coinvolge la sorellina che gli è affezionata portandola con sè. Sarà un grave errore.


Il lungometraggio è tragico fin dalle premesse (la storia è raccontata dallo spirito di Seita, appena morto di stenti davanti alla stazione di Kobe), e lo spettatore sa benissimo che diverrà ancora più straziante quando parlerà della dipartita di Setsuko. Bisogna tuttavia farsi coraggio: guardare, pur sapendo che sarà crudele, disturbante e pesante come un pugno allo stomaco, un film che ha il merito di raccontare la sua triste vicenda con - come da obiettivo primario del regista3 - uno sguardo distaccato, oggettivo e assolutamente realistico, mediante uno stile registico che si rifà volutamente al cinema neorealista italiano4, supportato dalla perfezione assoluta in caratterizzazioni, analisi comportamentali, dialoghi e ricostruzione storica (addirittura l'animazione delle bocche sincronizzate coi dialoghi5, in anticipo di qualche mese sul primato erroneamente attribuito e vantato dall'Akira filmico di Katsuhiro Otomo).

L' "intellettuale degli anime" (così è giustamente chiamato nel giro Takahata6), dopo essersi limitato alla sola produzione di Nausicaä della Valle del Vento (1994) e Laputa: Il castello nel cielo (1986) per conto dell'amico Hayao Miyazaki, e aver diretto per Ghibli l'insolito film "live" I canali di Yanagawa nel 1987 (lungo documentario politicamente impegnato contro l'urbanizzazione dell'omonima città), filma il suo primo lungometraggio d'animazione per lo studio, realizzando uno dei più grandi capolavori della sua carriera e una pietra miliare del cinema. Non sarà un caso che, nonostante il successo non esaltante ai box office giapponesi (per la questione di essere stato proiettato insieme a Il mio vicino Totoro, invito a leggere la scheda di quest'ultimo per l'approfondimento), l'opera troverà una consacrazione sconvolgente di critica, ricevendo un altissimo numero di riconoscimenti nazionali e internazionali e rendendo famoso, di punto in bianco, il nome del regista in mezzo mondo7. La tomba delle lucciole è una di quelle storie che non hanno bisogno di grandi animazioni (che comunque ci sono, sontuose come da qualsiasi produzione Ghibli, anche se ovviamente non in primissimo piano come nella favola tipica di Miyazaki) per risultare eccezionali: Takahata dice quello che deve dire con uno stile asciutto e diretto, che evita qualsiasi sensazionalismo grafico, rappresentando nitidamente la realtà con interazioni dialogiche di un'umanità straordinaria, al punto che la storia è così cupa che fa male al cuore sentirsi narrare con tale realismo il cammino di autodistruzione scelto dai sventurati fratellini. Tanti sono in proposito i momenti da ricordare, come quando, ad esempio, per distrarre Setsuko dal dolore di non poter vedere la madre (moribonda in ospedale), Seita si mette a fare le acrobazie in un parco giochi per attirarla, senza tuttavia riuscire nel suo intento; quando i due sono costretti a vendere il kimono preferito della mamma appena morta per poter acquistare del riso da mangiare; o quando lui cerca di tirarla su di morale facendole ammirare le lucciole notturne. La vicenda non fa che vivere di fitte dolorose al cuore che rendono sofferti più che mai gli 88 minuti della pellicola, tuttavia lo spettatore, proprio per le qualità storiche del film, dovrà farsi forza per vederlo almeno una volta nella vita.

Bisogna invece, ahimè, però anche rassegnarsi all'oggettiva disparità di comprensione tra il pubblico occidentale e quello asiatico, riguardo al cogliere i significati dell'opera. Da noi, soprattutto negli Stati Uniti d'America, La tomba delle lucciole sarà ricordato e celebrato "unicamente" per  essere uno dei più potenti ed evocativi film di sempre contro la guerra. Peccato che, nonostante ammetta che essa sia brutta e addirittura, con coraggio, che non si possono fare film sulla distruzione del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale senza indagare a fondo sulle cause che l'hanno originata, in primis rintracciabili nell'invasione della Cina8, lo stesso Takahata dirà che con la sua opera non era affatto interessato a fare un film contro di essa, bensì a sfruttarla per mostrare il cambiamento della società, raccontando ai bambini degli anni '80 una storia su come loro, figli del benessere, meno inclini rispetto alle vecchie generazioni ad adeguarsi alle regole stabilite dal mondo degli adulti, sarebbero vissuti negli anni '40 in quella situazione, rappresentati da Seita9. Molto facile che questo messaggio non sia stato recepito dalla critica e dal pubblico americani (ma questa è solo l'opinione di chi scrive) proprio per il loro inquadrare i comportamenti di Seita come normali, in linea con quelli di un qualunque ragazzo occidentale, dimenticando che sarebbero stati ben diversi per un fanciullo dagli occhi a mandorla durante l'era imperiale giapponese. E pensare che è proprio accorgendosi di come nel romanzo il ragazzo fosse molto particolare, molle e poco incline a sopportare la durezza della vita come i suoi coetanei, che il regista è stato ispirato nel dirigere il film marcando di più la cosa10! Da quest'illuminazione, dunque, l'unico, evidente e ricercato anacronismo storico: quello di un protagonista ribelle e per nulla stoico, che non obbedisce alle durissime (ma inevitabili) privazioni cui lo sottopone la zia per sopravvivere, e che rifiuta questo male fuggendo da esso e coinvolgendo incoscientemente la sorellina. Tra le intenzioni originali (a cui peraltro il pubblico giapponese ha dato pienamente ragione, visto che gli adulti e anziani davano tutta la colpa della tragedia a Seita, mentre le generazioni successive, più giovani e cresciute in modo diverso, empatizzavano con lui11) e le letture esterne vincono sempre le prime, anche se nulla vieta di inquadrare comunque l'opera - e senza sbagliare - come una cruda testimonianza di quante tragedie possa portare la guerra, distruggendo famiglie e giovinezze di bambini, e infatti non c'è da stupirsi come il film verrà trasmesso ogni anno in Giappone ad agosto, a celebrare la memoria collettiva del popolo nei riguardi della Seconda Guerra Mondiale insieme a un altro film spaventoso, drammatico e a vocazione universale come Gen di Hiroshima (1983)12.


La tomba delle lucciole è uno di quei film che, per il dolore che lasciano dentro, non si rivedranno probabilmente mai una seconda volta, ma che, proprio in virtù di quell'unica, terribile visione, rimarranno per sempre impressi, preziosa testimonianza da tramandare alle nuove generazioni affinché i ricordi di certi avvenimenti non vengano mai rimossi. Un grazie a Takahata per aver avuto il coraggio di usare i fondi Ghibli per realizzare un film così pesante, coraggioso e lontanissimo dalle atmosfere delle opere realizzate fino a quel momento dallo studio (ma anche dopo Ghibli non arriverà mai più a produrre un titolo simile), ma soprattutto per la genialità di proiettare un simile lavoro insieme a Totoro, offrendo due pellicole, figlie di due grandi sensibilità artistiche, che affrontano lo stesso argomento (i bambini) con modalità così distanti e, per qualche strana alchimia, così complementari.

Nota: per lungo tempo edito in Italia da Yamato Video, forte di un adattamento che sembrava davvero di buon livello, oggi La tomba delle lucciole è stato rilasciato con un nuovo doppiaggio curato dallo stesso Gualtiero Cannarsi dietro gli adattamenti degli altri film Ghibli per conto di Lucky Red, e la differenza tra le due piste audio si sente bene. Il capolavoro di Takahata riscopre dialoghi estremamente più fedeli e sensati, che rendono ancora più marcata la ricerca del regista di un'estrema verosimiglianza nelle conversazioni. Oltre a questo, anche la morale del film sul cambiamento della società è indagato molto meglio, visto che il precedente doppiaggio non poneva sufficiente enfasi sulla personalità viziata di Seita (e per questo in tanti avevano pensato al film come una "banale" pellicola sulla guerra e non, invece, al percorso di autodistruzione scelto da un ragazzino immaturo e capriccioso).

Voto: 10 su 10


FONTI
1 Intervista a Isao Takahata e allo scrittore originale Akiyuki Nosaka pubblicata in Giappone sul numero di Animage del giugno 1987, un anno prima che il film uscisse nei cinema nipponici. Tradotta in inglese dalla rivista Animerica Anime & Manga Monthly (Vol. 2) n. 11 (Viz Media, 1991, pag. 9)
2 Come sopra, a pag. 8
3 Mario A. Rumor, "The Art of Emotion: Il cinema d'animazione di Isao Takahata", Cartoon Club, 2007, pag. 240-241
4 Post di Shito (Gualtiero Cannarsi, traduttore ufficiale Lucky Red di tutti i film Ghibli) di presentazione del film, apparso nel forum Pluschan. http://www.pluschan.com/index.php?/topic/618-yamato-video-news/?p=341501
5 Francesco Prandoni, "Anime al cinema", Yamato Video, 1999, pag. 140
6 Mangazine n. 20, Granata Press, 1993, pag. 47
7 Vedere punto 3, a pag. 362
8 Vedere punto 3
9 Vedere l'intervista a Takahata e allo scrittore originale Nosaka del punto 1. In aggiunta a questo, è servita anche la consulenza di Garion-Oh (Cristian Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit). Infine, la stessa cosa è confermata dal post di Shito del punto 4
10 Vedere punto 1, a pag. 7
11 Consulenza di Garion-Oh
12 Guido Tavassi, "Storia dell'animazione giapponese", Tunuè, 2012, pag. 193

13 commenti:

Elena ha detto...

Uno dei film più dolorosi che abbia mai visto, ma sono assolutamente d'accordo con te nel dire che va visto. Andrebbe fatto vedere a scuola, obbligatoriamente, per imprimere nel cuore a tutti, fin da bambini, lo strazio della guerra. Magari non porterebbe la pace nel mondo, ma sicuramente qualche riflessione in più sì.

asd ha detto...

perfetto, non c'è altro da dire
e c'è chi li chiama cartoni animati...

Gundamaniaco ha detto...

Beh "cartoni animati" mica é un'offesa. :)
Questo cartone é un capolavoro! Preferisco Takahata a Miyazaki.

Jacopo Mistè ha detto...

Anch'io preferisco di gran lunga Takahata a Miyazaki :) Per carità, Hayao ha una visionarietà che in molti si sognano, ma a livello di "contenuti" trovo molto più stimolante e intellettuale una delle diverse visioni di Takahata.

Acalia Fenders ha detto...

Questo è uno di quegli anime che farei vedere a tutti quelli che sostengono che i "cartoni animati" sono stupidaggini per bambini. E' un tristissimo e meraviglioso spaccato di vita di due bambini costretti a subire in prima persona gli ingiusti supplizi della guerra. Già dalle prime scene ci si rende conto che non può in alcun modo finire bene.

Lo vidi qualche tempo fa con la mia Dolce Metà che non si aspettava assolutamente qualcosa di così triste e ancora adesso quando propongo un film d'animazione si premunisce sempre di chiedere se è simile a "Una tomba per le lucciole".

Frank M. ha detto...

Capolavoro dell'animazione, tra l'altro animato dal grande Anno. Secondo me rappresenta la piena maturità del genere.

Gundamaniaco ha detto...

@Jacopo: concordo pienamente!

PS: scusa l'OT ma...che mi dici di "horrorcult"? Te l'ha detto Davide? ;D

Jacopo Mistè ha detto...

Sì mi ha scritto, gli ho anche risposto ma mi sa che si è dimenticato di riferire :)

Riporto qui.

"Lo ricordo molto bene e ricambio volentieri il saluto, ora ho capito chi è :) Non sono mai riuscito a sposare le opinioni sue e del suo forum sui doppiaggi storici (penso che mi darebbero del "purista scassacazzo privo di memoria storica"), ma stima e rispetto verso di lui ce li ho dai tempi di horrorcult, ci si divertiva un sacco [;)] È molto diverso dai suoi "colleghi" estremisti come XXX (censuro per evitare di coinvolgere terzi), almeno sa argomentare senza offendere l'interlocutore."

;)

Se vuoi fare quattro chiacchiere mi trovi su facebook!

Oh, notando che apprezzi molto Takahata ti consiglio di leggere anche la rece successiva di Only Yesterday, per me quello è il suo vero grande capolavoro (per quanto Una tomba sia comunque visione sublime). ;)

Unknown ha detto...

Avevo riferito, tranquillo, è che a furia di postare su forum e blog Guundamaniaco sta diventando arteriosclerotico e si dimentica le cose :-D

Gundamaniaco ha detto...

Ahahaha!!
Mi son sbagliato a digitare e ho messo il punto interrogativo invece di quello esclamativo!

maurizio ha detto...

Il primo film animato non Disney che abbia mai visto. Triste crudo e reale ma poetico e commovente.
Cosa c'è di piu?
Solo la perfezione (ma aspetto di vedere Only yesterday)

Riccardo P ha detto...

Non mi ha fatto piangere (e a questo punto mi chiedo davvero se qualcosa potrà mai superare gli oav di kenshin samurai vagabondo) ma è un autentico pugno allo stomaco che lascia tantissimo. grande film.

ps: una domanda... nella scheda leggo "durata 119 min. circa" mentre su wikipedia 85 (come la pellicola che ho visto io). errore vostro o esiste una versione più lunga? (anche se 35 minuti di differenza mi sembrano davvero improbabili)

Jacopo Mistè ha detto...

Evidentemente un errore nostro, chissà dove ho letto 119 minuti...
Grazie per la segnalazione! :)

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