venerdì 6 luglio 2012

Recensione: Goku - Midnight Eye

GOKU: MIDNIGHT EYE
Titoli originali: Goku - Midnight Eye
Regia: Yoshiaki Kawajiri
Soggetto: Buichi Terasawa (basato sul suo fumetto originale)
Sceneggiatura: Buichi Terasawa (ep.1-2), Ryuzo Nakanishi (ep.1)
Character Design: Hirotsugu Hamazaki
Mechanical Design: Yutaka Okamura
Musiche: Kazz Toyama, Yukihide Takekawa
Studio: Mad House
Formato: serie OVA di 2 episodi (durata ep. 50 min. circa)
Anno di uscita: 1989
Disponibilità: edizione italiana in VHS a cura di Manga Video


Goku Furinji è un abilissimo investigatore privato, tra i migliori nel suo mestiere. Presto però deve  indagare su Genji Hyakuryu, noto mercante d'armi, e durante uno scontro con i suoi uomini si salva a stento perdendo l'occhio sinistro. Aiutato da un misterioso individuo, si risveglierà scoprendo di poter vedere ancora: il bulbo oculare gli è stato sostituito con uno cibenetico avanzatissimo che, permettendogli di connettersi a qualsiasi sistema informatico del mondo, lo rende ipoteticamente un Dio...

Conosciuto in Italia sopratutto per Takeru, uno dei pochissimi suoi manga arrivati a noi, Buichi Terasawa è un autore cult in Giappone, menestrello cantore del trash più spinto e d'autore, il classico genio che farebbe impazzire Tarantino. Motore delle sue opere sempre protagonisti übermacho dotati di poteri "impossibili", con cui combattono i loro avversari in storie action affogate in sesso, violenza e sorniona ironia maschilista. Biglietto di presentazione ineccepibile per Yoshiaki Kawajiri, anch'esso esponente della nobile arte del trash autoriale, che avvalendosi dello stesso Terasawa alla sceneggiatura traspone nell'89, in animazione, due storie basate su uno dei più celebri fumetti. Goku è il classico noir urbano di Kawajiri, teatro di coreografati combattimenti, raffinate inquadrature cinematografiche e onniscenti tinte blu-rosse d'atmosfera, ma questa volta l'apporto di uno sceneggiatore di un certo spessore scongiura débâcle come quelle precedenti, quei Città delle bestie incantatrici e Demon City Shinjuku rovinati dall'eccesso di sesso o sbrigatività nello script. Finalmente un manifesto riuscito della sua arte.

Trama come sempre ridotta ai minimi termini e talmente fuori dalle righe da ricordare un Duke Nukem ante-litteram (anche solo per il completo truzzo indossato dal protagonista, una giacca aperta aderentissima e dalle maniche corte - !?), ma adorabile nella sua follia: Goku può in qualsiasi momento connettersi a un newtork mondiale e per questo utilizzare a suo piacimento satelliti, armi militari e anche bombe atomiche contro i suoi nemici, e dispone di un bastone metallico allungabile a piacimento per interi km (altra rilettura, stavolta hard-boiled, della leggenda di Saiyuki). Elementi che fanno ben comprendere la portata del livello trash, ma il risultato finale è così weird da rappresentare la fonte di un certo interesse per gli appassionati.


I due OVA di Goku sono infatti piacevoli e gustosi, sopratutto quando iniziano a sconfinare nel bizzarro: non manca il consueto gusto di Kawajiri per sangue e scene di nudo, ma stavolta passa in secondo piano per privilegiare il ritmo del racconto, basato su combattimenti impossibili, mercanti di schiave equipaggiati con rollerblade a razzi propulsori, automobili volanti, donne nude vestite da pavoni che ipnotizzano e costringono al suicidio e ogni altro parto di una mente folle ed eccessiva come quella di Terasawa. Rispetto ai lavori precedenti di Kawajiri ci si diverte un mondo per merito del brio dell'azione, al punto che poco importa se a volte il regista cerca di prendersi inutilmente sul serio, se i protagonisti sono più o meno macchiette e le due storielle risibili: non è in questo che va analizzata l'"animegrafia" di Kawajiri, bensì nella sua capacità di intrattenere con barzellette ricche di spunti registici e atmosfere raffinate.

A questo aggiungiamo una martellante colonna sonora dance anni 80, un realistico chara design e discrete animazioni e troviamo, in Goku, un simpatico intrattenimento che vale il biglietto, la prima opera di Kawajiri godibile per meriti anche extra-registici.

Voto: 6,5 su 10

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