SPACE DANDY SEASON 2
Titolo originale: Space Dandy Season 2
Regia: Shinichiro Watanabe
Soggetto: BONES
Sceneggiatura: Kimiko Ueno (ep.1-7-10), Keiko Nobumoto (ep.2-6-9), Masaaki Yuasa (ep.3), Hayashi Mori (ep.4), Kiyotaka Oshiyama (ep.5), Shinichiro Watanabe (ep.8-13), Toh Enjoe (ep.11), Dai Sato (ep.12)
Sceneggiatura: Kimiko Ueno (ep.1-7-10), Keiko Nobumoto (ep.2-6-9), Masaaki Yuasa (ep.3), Hayashi Mori (ep.4), Kiyotaka Oshiyama (ep.5), Shinichiro Watanabe (ep.8-13), Toh Enjoe (ep.11), Dai Sato (ep.12)
Character Design: Yoshiyuki Ito
Mechanical Design: SATELIGHT (Thomas Romain)
Musiche: Space Dandy Band
Studio: BONES
Formato: serie televisiva di 13 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2014
Anno di trasmissione: 2014
Eroe pieno di sé, pessimo pilota, orgoglioso maschilista
e spinto da un discutibile senso dell’umorismo, Dandy è il prototipo del
tamarro senza freni, troppo stupido per capire dove sbaglia ma incredibile
trascinatore e dotato di un carisma straripante. Per quanto la sci-fi in cui
viene calato non sia soltanto un bonario frullare di colori e deformità aliene
che ci si potrebbe attendere da un prodotto comico, bensì un lussurioso
scenario ricco di inventiva e trovate visive, la concezione demenziale idealizza il
buon Dandy in pilastro assoluto, tutto gira attorno alle sue scelte idiote
confermandolo come un catalizzatore di simpatici disastri, spesso talmente
vasti da comportare la morte sua e dei due soci con cui viaggia da un pianeta
all’altro in cerca di razze ancora sconosciute.
Space Dandy (2014) ricomincia laddove era finito, Shinichiro Watanabe
ripropone la stessa, inarrestabile colata di avventure strampalate e
autoconclusive dal ritmo martellante, e se è confermata la mancanza di una
qualche trama orizzontale è palpabile invece il tentativo di cambiamento, un
minimo differenziarsi da una soluzione narrativa che era comunque vincente e di
grande impatto ma che, quando ci sono di mezzo grandi nomi come Dai Sato,
Keiko Nobumoto e Masaaki Yuasa, non è mai abbastanza. Difficile comprendere cosa i vari sceneggiatori abbiano realmente progettato, se si tratti di necessario alleggerimento,
di voglia di qualcos’altro o se di semplice difficoltà nella gestione del
materiale, rimane tuttavia una pellicola di dispiacere nel percepire il
mutamento come una sperimentazione sì molto libera e visionaria, ma che spesso
si limita a uno strato visivo che annulla la bontà narrativa della serie
precedente.
A contraddistinguere Space Dandy dalle altre tamarrate spaziali che lo hanno preceduto,
c’era un non comune spessore narrativo che esplodeva tanto negli episodi più
dementi quanto, e soprattutto, nei momenti di maggior riflessione e intimismo,
donando alla serie una marcia psicologica e per certi versi anche drammatica
che nessun altro prodotto simile poteva vantare. Space Dandy Season 2 non
modifica certo la sua forza espressiva (episodi sregolati e imbottiti di idee
come quello iniziale, dove Dandy si confronta con i suoi sé di altri universi, si
riconfermano brillanti e magnetici), ma è proprio laddove l’originale si scostava un
po’ mostrando una personalità superiore, che gli sceneggiatori ridefiniscono lo script per caricare eccessivamente un cannone visivo che, purtroppo,
pare invece sparare a salve. Con continue modifiche nello stile grafico, spesso
più grossolano, a volte più lavorato e dipinto, e una regia che si alterna tra
desolazioni esistenziali colme di silenzi a fratture tachicardiche e
inflessioni da videoclip, le puntate meditative del passato sono sostituite
adesso da furie visive di grande effetto ma di poca sostanza, tanto che anche
nei momenti musicali la Season 2 perde quella sua caratteristica predominante,
marchio di fabbrica che da sempre inquadra lo stile di Watanabe. Tra una
pochezza di idee sconfortante (il fiume spaziale che si ripresenta
concettualmente in più puntate, replicandosi sbadatamente), una triste mancanza
di umorismo e di intelligenza citazionista (il terribile episodio sulla dance
music), la Season 2 precipita in una parentesi centrale anestetica, dove
tutto soffoca nel tentativo di aggrapparsi a nuove soluzioni, purtroppo poco
interessanti.
Ciò non toglie meravigliosi alti a una serie che
sembrava immune ai bassi, e infatti botte come il vagabondaggio forsennato tra universi
alternativi o la mitragliata rock di quando Dandy mette su una band assieme al
comandante dell’esercito imperiale, o ancora la raffinata esposizione dialogica
nella puntata processuale, l’inevitabile omaggio al 2d videoludico o il mindfuck
epocale sulle dimensioni parallele, per non parlare dello straordinario
epilogo, in grado di tirare i fili dei concetti e delle tematiche trattate con
una logica inarrivabile, lasciano soddisfatti – seppur non del tutto sazi.
Non era forse giusto chiedere di più, è comprensibile come
il pensiero dietro a questa seconda serie fosse motivato da risultati
incredibili già raggiunti, il trio delle meraviglie ha mescolato il dramma e la
filosofia in un’opera demenziale ed era lecito si orientassero verso altro. Ciò
che ne esce è purtroppo qualcosa di mediocre che forse funziona solo per il
carisma incontenibile di un personaggio e un’ambientazione resi memorabili nella
prima stagione, ma a questo punto, dato l’interrogativo con cui si chiude il
circo, concedetemi almeno di sperare in un futuro ritorno di Dandy.
Voto: 7,5 su 10
PREQUEL
PREQUEL
Space Dandy (2014; TV)
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