lunedì 2 novembre 2009

Recensione: BECK - Mongolian Chop Squad

BECK: MONGOLIAN CHOP SQUAD
Titolo originale: BECK
Regia: Osamu Kobayashi
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Harold Sakuishi)
Sceneggiatura: Osamu Kobayashi
Character Design: Osamu Kobayashi, Motonobu Hori
Musiche: Yukio Nagasaki
Studio: Mad House
Formato: serie televisiva di 26 episodi (durata ep. 25 min. circa)
Anni di trasmissione: 2004-2005
Disponibilità: edizione italiana in DVD a cura di Dynit

 

Yukio Tanaka è un quattordicenne che trascorre una vita pacata e piuttosto noiosa. Un giorno salva dall'attacco di alcuni ragazzini un cane dall'aspetto bizzarro e lo riconduce dal suo padrone, Ryusuke Minami, un giovane appena tornato dall'America, dove ha suonato, come chitarrista, nei popolarissimi Dying Breed. Diventati amici, i due iniziano presto a condividere la loro passione per il rock, già vigorosa in Ryusuke e pronta a esplodere in Yukio. In poco tempo, aiutati da Taira, Chiba e Yuji, mettono in piedi una band...

Usanza piuttosto tradizionale, nella cultura animata nipponica, è la trasposizione dei manga prima ancora che essi siano giunti a conclusione. Idea sciagurata (Berserk, 1997) o base di partenza per intriganti sconfinamenti fantasiosi (PlanetEs, 2003, giusto per citare due anime giunti in Italia), ma BECK, pur con certi, molti aspetti positivi e affettivi, diventa necessario farlo rientrare nella prima, forse inutile, categoria. Trasposizione piuttosto fedele, ma semplificata, dei primi 11 volumi originali, a fronte dei 34 complessivi che, chiaramente, nel 2004/05 sono ancora in fase di realizzazione, è un prodotto dal budget limitatissimo, ostacolo che più di una volta, complici anche certe carenze prettamente tecniche (una regia piatta, moscia, orfana anche del minimo contributo visivamente ingegnoso), impedisce una visione omogenea, fluida e relativamente coinvolgente.

Non deve infatti trarre in inganno la magnifica, davvero invitante, impressione iniziale, bellissimo ma falso biglietto d’ingresso. La sigla d'apertura è infatti un eccellente connubio di imagini (animate in maniera strepitosa) e musica, e questa melodia punk rock composta dai Beat Crusaders (Hit in the USA) è uno shackerante invito a battere il piede, a tenere il ritmo con le dita, a canticchiare il ritornello in ogni dove e quando. È impatto traumatico, quindi, sbattere contro la vera faccia dell'opera e constatare come la frenesia, la gioia e, semplicemente, il genuino rock'n'roll che esplode nell'opening, siano sostituiti da ritmi elenfantiaci, soporiferi e angosciamente ripetitivi. La storia, pur presentando idee coinvolgenti, che catturano e incuriosiscono, si trascina in avanti, apparendo tra un'inutile parentesi psicologica e l'altra, deviando continuamente con lungaggini devastanti (l'ambiguo bagno notturno di Yukio e Maho che, con i suoi dieci minuti di nulla, rappresenta il punto più basso dell’intera opera).


L'ostacolo del budget risibile è macigno duro da sopportare, e inventare, creare, stupire sono concetti che spariscono per permettere alla serie, nel suo globale, di sopravvivere dignitosamente. E, infatti, sarebbe orribile ricriminare sui disegni, sempre in bilico tra il mediocre e il terribile, e sulle animazioni, disgraziatamente traballanti (basta un veloce sguardo a una semplice camminata per rendersi conto dell’infimo livello), perché se la gestione dell’opera è tale - vuoi per il controllo dei dialoghi, vuoi per la caratterizzazione dei protagonisti - da far passare in secondo simili mancanze, sarebbe per primo chi scrive a essere ampiamente soddisfatto. Ma Osamu Kobayashi, pur tentando di percorrere questa strada, aggrappandosi a speranzose soluzioni di sceneggiatura, non sempre è in grado di mantenere il giusto piglio e la necessaria omogeneità, scivolando troppe, troppe volte in territori minati, che infastidiscono per la frequente natura tappabuchi di molte, moltissime sequenze.

Impossibile, di conseguenza, non provare una certa amarezza, perché BECK, nella sua visione complessiva, sfodera ben più di un momento in cui protagonisti e spettatori possono modellarsi in una sintonia affettiva innegabile. L’esuberanza di certi personaggi, il carisma di altri, e poi ancora la tenera ingenuità di Yukio, il suo avvicinarsi alla galassia rock di accordo in accordo, l’amore adolescenziale e titubante verso Maho, e questo sogno, questo desiderio musicale covato da tutti quanti, è trasposizione animata di qualsiasi meta umana, nella quale solo l’insensibilità impedirebbe di immedesimarsi. Discorso finale per le canzoni originali, una manciata di brani che oscillano tra il grunge e un certo crossover rappato, anthem genuini che fungono da straordinaria testimonianza sonora (la ballata Face su tutte) di una serie ahimé povera e trascurabile, che nonostante tutto ho visto anche con piacere, ma che non saprei, in tutta sincerità, se consigliare o meno. Decisamente incolore il doppiaggio italiano, pallida sequenza di voci sbiadite, distanti e poco affiatate, che tocca più volte il ridicolo nei momenti in cui alcuni personaggi bilingue devono parlare in inglese.

Voto: 5 su 10

2 commenti:

El Barto ha detto...

Vorrei segnalare che la compositrice Michiru Oshima non ha mai lavorato a BECK. L'info presente su ANN con tutta probabilità si riferisce ad un'omonima. La wiki giapponese, che ritengo più affidabile, non ne parla ;)

Jacopo Mistè ha detto...

Davvero gentilissimo :)
Grazie mille, ho provveduto a eliminare la tag ;)

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