lunedì 30 novembre 2009

Recensione: Death Note

DEATH NOTE
Titolo originale: Death Note
Regia: Tetsuro Araki
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Tsugumi Ohba & Takeshi Obata)
Sceneggiatura: Toshiki Inoue
Character Design: Masaru Kitao
Musiche: Hideki Taniuchi, Yoshihisa Hirano
Studio: Mad House
Formato: serie televisiva di 37 episodi (durata ep. 23 min. circa)
Anni di trasmissione: 2006 - 2007
Disponibilità: edizione italiana in DVD & Blu-ray a cura di Dynit



Light Yagami è uno studente modello: eccelle in ogni disciplina scolastica, ha successo con le donne, è brillante in ogni sua attività ed è dotato di un'intelligenza fuori dal comune. Trova un giorno per terra un misterioso quadernetto, il Death Note, che, a leggere le istruzioni riportate al suo interno, sembra abbia il potere di uccidere le persone semplicemente scrivendoci sopra il nome. Eliminato un teppistello lì vicino come prova, e incontrato poi lo shinigami (una delle divinità della morte) che ha perso il libretto, si rende conto con entusiasmo che è tutto vero: invece di provare rimorso per ciò che ha fatto, in preda a un delirio di onnipotenza inizia a compiere un massacro su scala mondiale di qualsiasi malvivente del globo, in modo da creare una società, nella sua mente distorta, in cui tutte le persone rette e oneste possano vivere felici. A mettersi sulle tracce di Kira (così viene soprannominato il misterioso sterminatore di criminali, pronuncia giapponese di "Killer") è l'Interpol, con la speciale consulenza del misterioso L, giovane super-detective prodigio. Presto L inizierà a sospettare proprio di Light e, deciso a smascherarlo, lo affronterà faccia a faccia. Il cupo antieroe avrà il suo da fare per sviare il suo avversario e continuare al contempo a uccidere criminali...

Il parere del Mistè

Nel 2004 l'affermato mangaka Takeshi Obata inizia a disegnare, su sceneggiatura della misteriosa Tsugumi Ohba (pseudonimo di un autore o autrice che tutt'ora non ha ancora rivelato la propria identità, di cui si sa solo che nelle interviste parla al femminile1), Death Note. Al di là della macabra e ingegnosa idea del "quadernetto della morte", forse rubata al semi-sconosciuto racconto horror a fumetti The Miracolous Notebook (1973, di Shigeru "Kitaro dei cimiteri" Mizuki)2, forse no (mai citato tra le ispirazioni3), il manga ottiene istantaneamente, nei suoi quattro anni di serializzazione, un successo clamoroso, segnalandosi come una delle più significative hit dell'ultima decade: 30 milioni di copie vendute in Giappone4 (ma la cifra sicuramente si è alzata nel tempo, dal momento che la fonte è del 2015), nell'arco di poco più di un decennio e con "solo" 12 volumi totali all'attivo, zittiscono tutti. Del resto, leggendo l'opera, è facile capire come la sinergia di tanti elementi di qualità non poteva che portare a quel fantasmagorico best seller che ancora oggi fa parlare di sè (mentre scrivo, nel 2016 è uscito un terzo live-action giapponese e nei prossimi anni ne avremo anche uno hollywoodiano). In Death Note troviamo una trama tenebrosa, violenta e originale, disegni realistici e "fighettosi" particolarmente attraenti, due personaggi (Light ed L) dal carisma trascinante e soprattutto un coinvolgimento inaspettatamente altissimo, considerando un intreccio che si dipana attraverso fittissime e lunghe sessioni dialogiche date dai cervellotici duelli "mentali" - a colpi di deduzioni e ragionamenti logici per prevedere le mosse dell'altro - a cui si lasciano andare i due "eroi", l'uno contro l'altro,  per nascondere o svelare l'identità di Kira. Non mancano certo "furberie" degne di un qualsiasi shounen (i power up sono dati, in questo caso, dalle numerose "regole" del Death Note da seguire che continuano a essere svelate ogni volta che serve un artificio per salvare Light in extremis prima che venga "smascherato" da L) ma, in generale, Death Note, riuscendo a essere così genuinamente avvincente fin dal primo capitolo, attesta perfettamente la grande abilità di sceneggiatrice della Ohba, abilità di cui concederà il bis nella sua opera successiva, Bakuman (2008), ancora una volta fatta disegnare a Obata e ancora una volta strabordante di dialoghi e al contempo coinvolgentissima. Tuttavia, è innegabile che l'elemento davvero primario di successo che ha reso così famoso, affascinante e discusso questo moderno noir non possono che essere le sue implicazioni psicologiche, le stimolanti riflessioni (assolutamente, è bene metterlo in chiaro, non volute dall'autrice, interessata solo a scrivere una buona storia di intrattenimento5) che sorgono spontanee su quale dei due super-geni ha il pensiero o l'ideale più condivisibile dal lettore, tra chi è a favore dello sterminio sistematico dei criminali e chi il combattere l'uccisore di delinquenti. Basti solo pensare a quante numerosissime polemiche avverranno in svariati Paesi del mondo (Cina6, Taiwan7, USA8, Russia9, Belgio10, Australia11, oltre ovviamente al Giappone12) quando salteranno fuori studenti che a casa o a scuola compilano un personale "quadernetto della morte", tentativi da parte delle autorità di far cessare la circolazione del manga,  accuse di istigazione al suicidio o di "turbamento di coscienze", professori che minacciano studenti delle elementari di scriverci sopra il loro nome, reali assassini che si firmano "Kira", etc. Sia quel che sia, con buona pace dei detrattori, Death Note vende come il pane, piace un po' a tutti e il suo successo è testimoniato dalla nascita di romanzi spin off, film (i primi due due, usciti nel 2006, incassano 8 miliardi di yen13), videogiochi e sopratutto l'affermatissima trasposizione animata presa in esame, altro successo strepitoso di pubblico14 che è anche premiato al Tokyo Anime Fair del 200715.

A opera di Mad House, Death Note anime segue fedelmente il manga in ogni aspetto. Senza cambiare di una virgola lo script originario e senza dilungarsi in alcun modo in riempitivi (non c'è n'è bisogno, l'adattamento non necessita di filler in quanto inizia a fumetto bello che concluso), lo sceneggiatore Toshiki Inoue replica in tutti e 37 gli episodi gli stessi pregi e difetti dell'originale, raccontando nuovamente un noir fantastico, teso e ipnotizzante, in cui lo spaventoso antieroe Light epura il mondo dalla delinquenza cercando allo stesso tempo di mantenere segreta la sua identità al perspicace L. Come su carta, l'incredibile cinismo e mancanza di scrupoli del cupo protagonista (non solo assassino di massa ma anche abile manipolatore e approfittatore di persone e sentimenti), il bizzarro carisma della sua nemesi, i loro scontri cervellotici e i numerosissimi colpi di scena che si susseguono con ritmo serrato, tengono col fiato sospeso in una storia stracolma di tensione che invoglia a divorare puntate su puntate. E, proprio come nel fumetto, seguono un drastico calo di idee e credibilità nella pietosa saga del dopo-L (corrispondente alle ultime dieci puntate televisive), pasticcio di spiegoni eccessivi, nuovi personaggi infinitamente meno interessanti e mal gestiti, comportamenti e sviluppi troppo tirati per i capelli per far combaciare gli indizi su Kira e una generale, eccessiva riproposizione degli stessi schemi precedenti privi però della stessa freschezza, capaci di generare solo la sensazione - nonostante la conclusione tutto sommato soddisfacente - di brodo allungato di cui non si sentiva il bisogno (cosa che effettivamente è, come confermato indirettamente dalla Ohba16, non posso però dire andare nei dettagli senza fare grosse anticipazioni su uno dei colpi di scena cardine della storia). Sicuramente, in questo caso sarebbe stata apprezzabile qualche modifica all'intreccio originale, ma purtroppo Mad House opta per la mera copia carbone, apportando come unico cambiamento un addolcimento, del tutto commerciale e incivile, del drammatico finale cartaceo (e curiosamente sceglie anche di non trasporre il piccolo epilogo, che aggiungeva rivelazioni finali di un certo interesse).


Scontato, quindi, confermare che chi ha già letto il manga può saltare a piè pari l'adattamento animato: in esso non troverà nulla di nuovo. Chi non l'ha fatto può, invece, tranquillamente guardare come alternativa una trasposizione più o meno perfetta. La serie può contare su un'esaltante colonna sonora rock (non disdegna neanche azzeccati inserti orchestrali gregoriani per dare enfasi all' autoproclamata "onnipotenza divina" di Light), un eccellente character design (rispecchia perfettamente le inquietanti ombreggiature e l'estetica dark del fumetto), due esaltanti sigle di apertura di aggressivo metalcore e, ancora, una regia di alto livello che segna nel migliore dei modi il debutto in questa mansione di Tetsuro Araki, futura "star" degli anime action animati da Mad House. Il suo gusto estetico e ricercato per le inquadrature tese e claustrofobiche, usate in tutte le sequenze di dialogo (l'85% abbondante dell'intera storia), portano rapidamente alla considerazione che il virtuosismo registico è uno dei maggiori elementi di successo del Death Note televisivo. Il budget assolutamente medio dell'opera è completamente mascherato dagli splendidi disegni e dalle riprese vertiginose, che con mille artifizi (tra tonnellate di split screen, ossessivi primi piani, splendidi connubi musica-immagine) inchiodano alla visione e fanno passare in secondo piano il fatto che si stanno guardando le classiche schermate statiche di persone immobili che parlano o pensano. Bisogna dare atto che Araki riesce da solo, con la sua bravura, a dare alla storia il ritmo coinvolgente di un thriller anche se il tutto si basa su dialoghi. Tanto di cappello.

L'unico vero difetto di cui a mio avviso si può parlare, escludendo il citato secondo arco narrativo mediocre (ma sbagliato "in origine"), è forse la pretesa di rendere fruibile al pubblico televisivo una serie totalmente giocata su lunghi ragionamenti logici e deduzioni holmesiane, caratteristiche che impediscono una visione completamente rilassata come quella del fumetto. Death Note ha, a mio parere, un suo perchè nel supporto cartaceo, forte della rileggibilità e delle frequenti pause di assimilazione (stiamo parlando alla fin fine di un giallo, in cui conta moltissimo l'attenzione ai dialoghi per capire il senso e la finalità delle strategie mentali di Light e avversari), mentre, riportando le stesse vicende su una serie televisiva, tedia più volte assistere a spiegazioni complicate e condotte con veloci ritmi televisivi, col rischio di perdere importanti dettagli (presumibilmente quelli che portano alle rivelazioni del contortissimo "scontro finale"). La cosa, tuttavia, poco toglie al coinvolgimento e, in generale, all'ottima impressione che ancora giustamente dà una vicenda così insolita, oscura e accattivante, che per tematiche e idee giustamente merita, nonostante i difetti, tutto lo scalpore e il carisma che ancora riscuote. Che sia in TV o su carta, ritengo Death Note sia una storia di qualità che vada assaporata almeno una volta nella vita (se si sceglie la prima consiglio la visione in lingua originale con sottotitoli, non tanto per l'adattamento dei testi quanto per le pessime voci italiane, mai così distanti da quelle giapponesi).

Inutili ma godibili gli speciali televisivi realizzati nel 2007 e nel 2008 da Mad House, i due Death Note Rewrite. Di lunga durata, sintetizzano discretamente bene la storia portante, inserendovi sequenze inedite di fanservice a tema horror (il più celebre dei quali è Light che ride satanicamente sulla tomba di...) e altre registicamente spettacolari (la nuova presentazione del personaggio di Near). Oltre a questo, migliorano anche sensibilmente l'intreccio del secondo arco narrativo, sbrogliandolo dalle lungaggini peggiori e rendendolo più agevole e meno inutilmente complesso. Qualche difetto c'è e anche non trascurabile (non viene data alcuna spiegazione al perchè un certo personaggio sospetti immediatamente di Light, al collegamento tra Kira e Teru Mikami e del perché un altro ancora si ritrovi il viso mezzo ustionato, dal momento che quell'avvenimento è eliminato dal rimontaggio), ma rimangono, una volta tanto, delle buone produzioni.

Voto: 7,5 su 10

Il parere del Corà

Non è difficile spiegare lo smisurato successo che l’Italia ha riservato a Death Note. Tra sterminate esposizioni pubblicitarie, che ne hanno impresso il caratteristico logo in ogni fumetteria e negozio specializzato in materiale dagli occhi a mandorla, e l’agevolazione ottenuta con la messa in onda su MTV, il marchio (manga, anime e relativi gadget e cotillon assortiti) si è infatti trasformato in una sorta di piccolo fenomeno di massa - ovviamente circoscritto entro determinati limiti - che sta lasciando il segno. Death Note si immerge in temi seri e adulti come la strumentalizzazione del potere e la storpiatura odierna di un termine come ‘pace’, ed è stato così visto come un’incredibile ventata d’aria fresca in un mondo, quello occidentale, che dimostra sempre di più di non avere una cultura in fatto di animazione, continuando infatti a catalogarla come infantile prodotto per bambini. Abbiamo i Simpson, certo, e i Griffin e American Dad e soprattutto South Park, ma al di fuori di un contesto cinicamente ironico cosa rimane? Death Note, appunto. Poco altro.

Ciò che più piace della creatura di Tsuguma Ohba e Takeshi Obata (i creatori del manga a cui l’anime è fedelmente ispirato) è il lasciarsi gradevolmente trasportare dalla singolarità con cui vengono strutturati gli episodi. Light e L si sfidano infatti in un continuo duello di strategie mentali con cui cercano di anticiparsi e prevedere le rispettive mosse, e si arriva, in poche puntate, a ragionamenti complicatissimi e, per quanto assurdi, consolidati da una logica innegabilmente di ferro. È una progressione di masturbazioni cerebrali che spesso lascia basiti per la quantità di variabili tenute da conto e per le numerevoli strategie di risoluzione applicate per sgambettare l’avversario. La serie subisce però un brusco calo narrativo con l’innesto di Misa, un personaggio che dovrebbe alimentare una sdrammatizzazione ironica, ma che in realtà fallisce negli intenti, scatenando soltanto sbadigli per una manciata di puntate di transizione in cui Death Note si adagia, quasi indeciso su quale direzione prendere. La vicenda viene diluita e boccheggia di sterilità narrativa che blocca, quasi di colpo, l’inarrestabile macchinazione mnemonica dei primi dieci episodi. La storia ritrova comunque una certa agilità stilistica alla conclusione di quello che può considerarsi il primo arco narrativo (episodio 25), dove tensione e palpabile eccitazione vengono frullati con inaspettati simbolismi e duri colpi allo stomaco.


La serie sfocia quindi in una sorta di seguito, ambientato alcuni anni dopo, che però si mostra incerto e traballante, visto che, in dodici episodi, viene inserita una quantità esagerata di personaggi senza saperne tenere le redini. La storia ora si annacqua ora si fa troppo tesa e complessa, e i ragionamenti mentali perdono la freschezza degli esordi in quanto confinati in lunghissimi spiegoni che riassumono lunghe sequenze di comportamenti bizzarri e apparentemente incomprensibili. Vengono così a mancare scaltrezza e freschezza, per colpa di una sceneggiatura eccessivamente contorta, che mostra numerosi segni di cedimento sotto forma di momenti poco chiari e improbabili. Resta comunque una trama avvincente ed eccentrica, che termina con un ultimo episodio magistrale per connubio di epicità, pathos, animazioni, dialoghi e interpretazioni vocali, agevolato tra l’altro da una prestigiosa colonna sonora che mescola indimenticabili melodie post-rock e porzioni sinfoniche di indubbio fascino. Evidenti alti e bassi quindi distruggono in parte le ottime basi di partenza della serie, ma non intaccano comunque il legame affettivo che si crea con personaggi ben caratterizzati e carismatici. Gli indistruttibili e spietati ideali di Light contrapposti alla bizzarra genialità di L, passando per la goliardica rappresentazione dello Shinigami Ryuk, l’ingenuità di Matsuda, la caparbietà degli agenti di polizia, o anche solo per l’isterismo riscontrabile in una manciata di comprimari, sono elementi che rimangono impressi. A serie conclusa, infatti, si prova un genuino senso dispiacere come per ogni cosa che volge al termine e, complice sicuramente l’impareggiabile soundtrack, che sfrutta un tema portante di grande atmosfera, si soffre di un inevitabile smarrimento post-ending.

Ingiudicabile il doppiaggio italiano, al quale sono sopravvissuto non più di dieci secondi, visto il modo in cui la grottesca parlata di Ryuk viene trasformata in un rantolo gutturale, o l’assoluto anonimato di L, sviscerato del buffo e incerto tono vocale originario. Perlomeno, come da tradizione MTV, sono rimaste inalterate le sigle: qua da noi si scrivono appositamente cazzate danzerecce da classifica, mentre in Giappone inseriscono tranquillamente due cazzutissimi pezzi metalcore (di quello rabbioso e frenetico, non cose emo e mielose à la Killswitch Engage, eh). Insomma, differenze culturali che non potranno mai essere equilibrate. Death Note non merita il successo che ha raccolto e continua a raccogliere, perché sono troppe le incertezze e le lacune che feriscono la qualità generale dell’opera, abbondantemente sopravvalutata. Ma tutto sommato è un buon punto di partenza per dirigersi verso il cuore dell’animazione nipponica, e sia mai la buona volta che MTV, una volta tanto, è stata utile nel diffondere il verbo degli anime.

Voto: 7 su 10

ALTERNATE RETELLING
Death Note Rewrite: The Visualizing God (2007; Special TV)
Death Note Rewrite 2: L's Successors (2008; Special TV)


FONTI
1 Death Note n. 13: "Guida alla lettura", "Lunga intervista a Tsugumi Ohba", Planet Manga, pag. 58
2 Sito internet, "ComiPress", "The Origin of Death Note?", https://comipress.com/article/2007/01/08/1287.html
3 Vedere intervista del punto 1
4 Sito web (giapponese), "MantanWeb", http://mantan-web.jp/2015/04/20/20150419dog00m200024000c.html
5 Vedere punto 1, a pag. 69
6 Sito internet, "Anime News Network", http://www.animenewsnetwork.com/news/2005-02-06/death-note-stirs-controversy-in-china
7 Come sopra, alla pagina web http://www.animenewsnetwork.com/news/2007-10-12/taiwanese-county-warns-of-death-note-others-defend-it
8 Come sopra, alla pagina web http://www.animenewsnetwork.com/news/2010-05-10/death-note-ban-in-albuquerque-high-schools-fails-vote
9 Sito internet, "Japan Today", https://www.japantoday.com/category/entertainment/view/parents-in-russia-request-ban-on-death-note
10 Vedere punto 6, alla pagina web http://www.animenewsnetwork.com/news/2007-11-27/police-reach-dead-end-in-belgian-manga-murder-case
11 Sito internet, "The Daily Telegraph", http://www.dailytelegraph.com.au/dark-clouds-of-merntal-illness-trouble-young-children/news-story/c3bdc6eafd4b162062ccb565ee6ad4b2
12 Sito internet, "Animclick", http://www.animeclick.it/news/61898-un-death-note-per-minacciare-gli-alunni-accusato-insegnante-giapponese
13 Guido Tavassi, "Storia dell'animazione giapponese, Tunuè, 2012, pag. 445
14 Come sopra
15 Come sopra
16 Vedere punto 1

2 commenti:

stefano ha detto...

più concorde con il parere del corà. il calo qualitativo non è tanto da riscontrarsi nella seconda parte, bensì nella pessima scelta di inserire in una storia così cupa e tesa un personaggio come misa (anche perchè a stemperare il tono bastava ryuk).

Elfoscuro ha detto...

Il teases trailer della serie Netflix: https://youtu.be/kXBbXc1s-xA

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