venerdì 12 novembre 2010

Recensione: Final Fantasy VII - Advent Children

FINAL FANTASY VII: ADVENT CHILDREN
Titolo originale: Final Fantasy VII - Advent Children
Regia: Tetsuya Nomura
Soggetto: (basato sul videogioco originale di Square Enix)
Sceneggiatura: Kazushige Nojima
Character Design: Tetsuya Nomura
Mechanical Design: Takayuki Takeya
Musiche: Nobuo Uematsu
Studio: Square Enix, Visual Works
Formato: OVA (durata 100 min. circa)
Anno di uscita: 2005
Disponibilità: edizione italiana in dvd & blu-ray a cura di Sony

 
Sono passati due anni da quando Cloud e compagni hanno sconfitto Sephiroth e il Lifestream ha impedito a Meteor di distruggere la Terra. Ancora in preda ai rimorsi per Zack e Aerith, Cloud fatica a instaurare un legame duraturo con Tifa, con la quale lavora come corriere. Il Geostigma però, mortale malattia cellulare legata a Jenova, sta colpendo quello che resta della popolazione terrestre, arrivando presto a contagiare anche lui. A questo si aggiunge l'apparizione di misteriosi Kadaj, Loz e Yazoo, tre potenti cloni di Sephiroth interessati a recuperare la testa della madre. Preso bisognerà tornare a combattere...

Il parere del Mistè

Tra i fan di j-rpg, e specialmente di Final Fantasy, la domanda classica non può che cornernere, immancabilmente, qual è l'episodio preferito. Gli over-30 diranno il sesto, e poi c'è quella fetta che, nata nel periodo d'oro della saga (quella che va dal quarto al nono episodio) dirà senza dubbio il capitolo VII. Final Fantasy VII è in effetti stra-cult, amatissimo all'epoca e, nel tempo, assurto a uno dei videogiochi più amati di sempre, grazie all'intricata trama adulta (con le sue sferzate di misticismo e cyberpunk), le atmosfere epiche, le musiche leggendarie, e sopratutto alcuni dei personaggi più riusciti e memorabili di ogni epoca (il freddo protagonista Cloud, la bella ma sfortunata Aerith, la cui morte rimane una delle sequenze più toccanti della Storia videoludica, Sephiroth, tra i più carismatici villain di sempre). È sopratutto grazie a Final Fantasy VII se la critica, tradizionalmente conservatrice, nel 1997 inzia seriamente a prendere in considerazione l'idea che il videogioco può a volte essere considerato una forma arte. Non c'è dunque da stupirsi come nei primi anni del 2000 Tetsuya Nomura, chara designer originale di Final Fantasy VII e suo co-creatore, dopo aver preso il posto di Hironobu Sakaguchi (creatore di FF) al timone di Square Enix, decide di dare vita al progetto Compilation of Final Fantasy VII, consistentente nel creare nuove storie ambientate nell'universo narrativo dell'episodio più amato. Advent Children ne è il primo parto: un filmone d'animazione in CG lungo 100 minuti (addirittura 125 nella versione Complete), costosissimo e girato coi massimi mezzi tecnologici possibili, rappresentante, dopo ben otto anni, il primo seguito ufficiale del mito. Il risultato, dirà la Storia, sarà spiazzante e spaccherà in due il pubblico, tra chi lo odia e chi lo ama.

Se Square Enix doveva imparare qualcosa, dall'orribile seguito home video di Final Fantasy V, dal costosissimo flop di The Spirits Within e dalla brutta serie televisiva FF Unlimited, è che il fan che spende soldi in un prodotto animato legato alla Fantasia Finale esige una trama che si colleghi a episodi videoludici specifici senza girarci intorno, e se non ampliandoli quantomeno omaggiandoli con cura e amore. Sotto questo punto di vista Advent Children adempie alle promesse, senza se e ma. Con una cura tecnica impressionante, data da ambientazioni e personaggi in CG talmente fotorealistici da ingannare l'occhio, manda in brodo di giuggiole l'appassionato, facendogli rivivere tutte le emozioni incancellabili di Final Fantasy VII. La formula "only for fan" è glorificata al limite estremo: trama banale ma satura di riferimenti alla storia originale, tanto da essere incomprensibile per chi non ha mai preso in mano il joypad per quelle straordinarie 60 ore di gioco; una masnada di personaggi, alcuni importanti e altri in veste di camei, a rievocare ricordi; ulteriori strizzatine d'occhio nei dettagli a prima vista più insignificanti (cosa sono quelle ampolle di energia che ci si inserisce nel braccio? Perché i mostri si distruggono in mille pezzi quando colpiti mortalmente? Perché Cloud ha un fiocco attorno al braccio?) e addirittura un incredibile ritorno del villain più amato, anche se sotto forma di proiezione illusoria. E sopratutto, il compositore storico Nobuo Uematsu alla soundtrack, a creare nuovi brani calzanti e reintepretare quelli più immortali del gioco in chiave heavy (quello di A Winged Angel sarà un ricordo che qualsiasi appassionato degno di tal nome si porterà alla tomba). Chi si è arrabbiato, commosso o ha riso con Final Fantasy VII (si sarà capito, anche chi scrive appartiene a questa categoria), troverà brividi ed emozioni anche solo nel vedere umanizzati, con volti adulti e movenze motion-captured, quegli idoli che già nella versione originale, in chiave super-deformed e composti da quattro poligoni in croce, hanno stregato la sua adolescenza. Agli altri, invece, Advent Children esprimerà neanche la metà del potenziale, e si domanderanno senza risposta chi sono i personaggi dei frequenti flashback, cos'è stato il Meteor, cos'è la Reunion, chi era Sephiroth e chi sono i vari compagni di Cloud.

Gli stessi fan del gioco, poi, potrebbero sentirsi notevolmente indispettiti dalla storia orchestrata da Kazushige Nojima, che scrive una storiella riempitiva puramente asservita all'azione fine a se stessa, e in questo esige anche vengano accettate "correzioni" operate all'inteccio originale del gioco, ad esempio Rufus, presidente della Shinra, che non è morto nell'attacco di Diamond Weapon. Lo sviluppo della storia risulta poi in alcuni frangenti confusionario e numerosi sono i punti che rimangono oscuri a fine visione, anche se la Director's Cut, intitolata Complete, mette molte pezze (approfondendo meglio i nodi di trama più oscuri, dando più spazio ai comprimari di Cloud e aumentando la spettacolarità dei combattimenti). Resta, al di là di tutti questi dubbi, che l'esperimento di realizzare un primo seguito di Final Fantasy VII, nell'ottica di un riempitivo ignorante ma realizzato con il solo scopo di regalare altri sogni, è da premiare. Le emozioni che risveglia al fan sono sincere, e nonostante il soggetto abbastanza basico che non ha particolari ripercussioni nell'economia della storyline, quello di Square Enix rimane per loro, davvero, un bel regalo.


Nota: degni di menzione, in tutte le versioni home video circolanti del film (dvd e blu-ray), gli extra. Si segnalano Reminiscence of Final Fantasy VII, recap del gioco originale narrato attraverso momenti salienti di gameplay (molto confuso purtroppo, bisogna dirlo, e sopratutto, nella versione italiana, devastato da una traduzione spaventosamente letterale); On the Way to a Smile - Episodio Danzel, OVA animato, abbastanza banale, ispirato al romanzo On the Way to a Smile scritto dallo stesso sceneggiatore Kazushige Nojima, illustrante il "dopo-Meteor" dal punto di vista di un orfano apparso su Advent Children; e Last Order. Quest'ultimo OVA, animato da Mad House, diretto da Morio Asaka con l'aiuto regia dello stesso Nomura e lungo 25 minuti, per i fan della saga rappresenta un goiellino. Si tratta infatti della trasposizione animata (comprensiva però, di un paio di incongruenze), di un famoso intermezzo del gioco originale, ossia gli ultimi momenti insieme di Cloud e Zack. Occasione, questa, per rievocare la storia dei due, sopratutto nei tragici fatti che porteranno Sephiroth a distruggere Nibelheim e alla sua momentanea sparizione nel reattore Mako. Produzione lineare e ottimamente animata, che nelle luci, nel chara ombroso e nei volti realistici dei personaggi denota i soliti punti di forza delle produzioni Mad House. Certo incomprensibile, ovviamente, per chi non ha giocato a Final Fantasy VII (e i personaggi-macchietta non aiutano in questo senso), ma i fan apprezzeranno molto il suo spettacolare aspetto visivo, sopratutto la possibilità di vedere in animazione i loro idoli. Extra di tutto rispetto che aggiunge ulteriore carisma ad Advent Children, e sopratutto per questo la sua assenza da qualsiasi versione italiana del film rimane un crimine.

Voto: 8 su 10

Il parere del Corà

Sarebbe successo, prima o poi, la Square non poteva certo dimenticarsi del suo titolo più amato. Chiaro che, al giorno d’oggi, bombardati come sono di tridimensionalità e fotorealismi, i giovani/nuovi videogiocatori difficilmente potranno riscoprire uno dei pochi, veri capolavori dell’era videoludica tutta, ma Final Fantasy VII, anno di grazia 1997, è una storia, prima di tutto, che chiunque dovrebbe assaporare, gustare, vivere. L’estrema complessità narrativa, la profondità psicologica dei personaggi e il loro carisma inarrivabile, la delicata sensibilità contrapposta alla grintosa vena combattiva, la grande varietà di generi che tocca il cyberpunk, la sci-fi, l’horror, il misticismo creando una sorta di fantasy avanzato e tecnologico, sono aspetti che raramente si vedono al giorno d’oggi, perlomeno trattati con tale tatto e inventiva, e che la Square stessa, pur inseguendoli disperatamente, non è mai più riuscita a raggiungere (se si esclude, forse, il misconosciuto Xenogears). Un film in CG che fungesse da vero e proprio seguito alle avventure di Cloud, Barrett, Tifa e soci era un desiderio che si realizzava, perché ogni personaggio di FF VII è rimasto nel cuore di chiunque vi abbia giocato, e la sola idea di rivederli in azione fa piangere di commozione. Poter rivivere emozioni indelebili come la tristezza per il fato di Aerith, e la pazienza, il dolore, la frenesia dei combattimenti che convogliavano nella rabbia verso Sephiroth, era biglietto da prendere al volo, subito, senza pensare alla responsabilità che ricadeva su questo Advent Children. Che, ahimè, si rivela un’enorme delusione.

Totalmente strutturato su una componente action incessante, Advent Children si dimentica per strada trama e personaggi, e a poco serve ritrovare quegli indimenticabili protagonisti con una resa grafica da infarto, a poco serve immergersi di nuovo in quei luoghi in cui abbiamo corso per ore e ore, a poco servono i camei dei vari comprimari, a poco servono tutta questa sfarzosità e queste strizzate d’occhio se poi viene a mancare il vero punto di forza di Final Fantasy VII: la storia. Banale e mal scritto, oltre che leggermente incongruente con l’originale vista la presenza di Rufus, il confuso e irrisolto intreccio messo in piedi è poco più di una scusante per rimettere letteralmente in moto Cloud e compari. Capiamoci, non ci sarebbe niente di male, in questo. Advent Children è un progetto only for fan, chi non ha giocato al settimo capitolo non capirebbe assolutamente nulla, personaggi e situazioni che si legano all’originale non hanno alcuna spiegazione, ma è giusto che sia così. E in fondo a me bastava, a tutti noi bastava, un qualunque pretesto pur di rivedere, rivederli perché ci mancavano, Barrett e il suo braccio-mitra, Cid e le sue parolacce e tutti gli altri. Mi sbagliavo.


A dirla tutta, Advent Children è una goduria: frizzante, velocissimo, coinvolgente, con grafica e animazioni straordinarie, combattimenti al cardiopalma, esplosioni roboanti, un vero e proprio vortice che ti risucchia e ti accompagna con la magnifica OST di Nobuo Uematsu, che rielabora le musiche originali in cazzutissime versioni metal. Ma il suo vero problema è la mancanza di mordente: non c’è sostanza in questi 100 minuti, e di tutte le emozioni provate con il settimo capitolo della saga, che si sperava fossero quanto meno sfiorate nel sequel, non rimane nulla. L’epicità del gioco? Non c’è. La drammaticità? Non c’è. La commozione? Non c’è. La rabbia? Non c’è (e con tre villain così ridicoli come poteva mai esserci?). Advent Children è vuoto. Advent Children è solo sparatorie e inseguimenti. Non propriamente un brutto film, data la sua natura fracassona e muscolosa si può soprassedere su molti aspetti lacunosi, ma Advent Children non è Final Fantasy VII, ed è forse questo, alla fine, che fa più male.

Voto: 5 su 10

 

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