venerdì 29 ottobre 2010

Recensione: Captain Tsubasa J (Che campioni Holly e Benji!!!)

CAPTAIN TSUBASA J
Titolo originale: Captain Tsubasa J
Regia: Hiroshi Fukutomi
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Yoichi Takahashi)
Character Design: Hiroshi Kanazawa, Tadayoshi Okimura
Musiche: Michihiko Oota
Studio: Studio Comet
Formato: serie televisiva di 47 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anni di trasmissione: 1994 - 1995 


Tsubasa Ozora è un ragazzino di 7 anni con un incredibile talento calcistico come attaccante. Il suo sogno è di vincere i Mondiali di calcio e, vedendo in lui un potenziale enorme, lo aiuta a coltivare il suo sogno Roberto Hongo, ex attaccante della nazionale brasiliana. Giocando con la squadra Nankatsu il nostro eroe stringerà amicizia con diversi altri forti giocatori, arrivando così, dopo qualche anno, a guidare insieme a loro la rappresentativa nazionale giovanile, tentando di vincere i Mondiali under-20. Bisogna prima però superare il torneo di qualificazione asiatico...

Quella di Captain Tsubasa J è, purtroppo, la classica storia di mille e più trasposizioni anime che, dopo aver seguito fedelmente il fumetto di riferimento fino a un certo punto, terminano di punto in bianco lasciando la storia bruscamente interrotta, per mancanza di budget o calo di ascolti. World Youth, il manga, è il primo seguito cartaceo di Captain Tsubasa (dopo lo special autoconclusivo Holland Youth su cui è basato l'omonimo e precedente OVA), disegnato da Yoichi Takahashi sei anni dopo la prima serie. Nasce in occasione dei Mondiali Giovanili di Calcio del 1994, e narra proprio di come la nazionale nipponica under-20 guidata da Tsubasa arriva al mondiale affrontando il Brasile nella finalissima. Storia semplice e dall'esito scontato, ma resa appassionante oltre ogni limite grazie al nugolo di nuovi, fortissimi avversari che gli eroi devono affrontare, tra l'uruguayano Ryoma Hino, l'olandese Bryan Kraifort, lo svedese Stephan Levin, il cinese Shunko Sho e i due fortissimi brasiliani Carlos Santana e Natureza. Senza contare l'arrivo di squadra di un nuovo eroe giapponese, lo scatenato centrocampista Shingo Aoi, che gioca nella vera Inter milanese creando le prime contaminazioni della saga tra il calcio immaginario giocato da Tsubasa e compagni e squadre di calcio e giocatori reali. Sulla carta, le premesse per un nuovo capolavoro in animazione ci sono tutte, peccato che, come da apertura, visti gli sviluppi tronchi della sua storia J è solo una delusione che non vale la pena neanche iniziare.


Nel corso della sua durata segue, infatti, giusto i primi 7 dei 18 volumi che compongono World Youth, trovando conclusione all'inizio della seconda parte del girone di qualificazione asiatico. Traguardo raggiunto utilizzando 33 episodi su 47 per rinarrare buona parte della prima serie animata sotto forma di un riuscito, ma futilissimo remake.

Ora, sprecare quasi tutto il budget in un rifacimento del passato lasciando poi incompleta la parte inedita è un crimine che non va perdonato e il voto è assolutamente politico e punitivo in questo. Rimane comunque un peccato capitale, perchè se completo J avrebbe tranquillamente potuto raggiungere una votazione molto alta: non fosse per la sua natura tronca, infatti, raggiungerebbe tranquillamente il livello dello Shin. Passato il timone da Animate Film a Studio Comet (e, come budget, da quello MOVIC/Sony a quello Nippon Animation), la mitologica creatura di Takahashi scopre un altro dei suoi momenti migliori: tutto, partendo dal character design, passando per le musiche e per infine arrivare alle animazioni, è di ottimo livello se si considera che si parla di una serie televisiva. I match sono brevi, frenetici e accattivanti grazie ad animazioni energiche; i personaggi umanizzati rispetto alle macchiette del manga, con accorgimenti di caratterizzazione che li rende più profondi; i disegni molto fedeli al tratto di Yoichi Takahashi, la soundtrack sempre suggestiva... Un grande passo in avanti rispetto al low budget della classica serie televisiva, e se già prima le avventure calcistiche di Tsubasa e co. erano coinvolgenti, qui si superano di diverse grandezze, con partite estremamente spettacolari come quella tra Giappone e Thailandia. Purtroppo tutto questo non può non venire ridimensionato dalla conclusione finale: così, con oltre metà serie sprecata in un rifacimento (per quanto validissimo) del passato e l'altra parte a costituire un'ottimale trasposizione della semplice parte iniziale del World Youth, ci si ritrova 47 episodi tecnicamente e narrativamente ben fatti, ma dall'utilità pari a zero. Una serie che si guarda e apprezza con gusto dall'inizio alla fine, ma arrivati alla conclusione la domanda sorge spontanea: "E quindi?". Da recuperare imperativamente il manga, edito in Italia da Star Comics, e maledire Group TAC e Mad House, futuri animatori e produttori del seguito Road to 2002, che invece di concludere la storia la rinarrano con un NUOVO remake della prima serie saltando DI NUOVO la parte del Mondiale giovanile.

 

Nota: come nel caso di quasi tutti i prodotti animati legati a Captain Tsubasa, fuori dal Giappone non esistono edizioni ufficiali adattate in modo fedele. In Italia come in altri Paesi del mondo bisogna sorbirsi il fuorviante adattamento internazionale, comprensivo di nomi di calciatori e squadre ridicolarmente americanizzati, qui intitolato Che campioni Holly & Benji!!.

Voto: 5 su 10

PREQUEL
Captain Tsubasa (1983-1986; tv)
New Captain Tsubasa (1989-1990; ova)
Captain Tsubasa: The Most Powerful Opponent! Holland Youth (1994; ova)

SEQUEL
Captain Tsubasa: Road to 2002 (2001-2002; tv)

mercoledì 27 ottobre 2010

Recensione: Captain Tsubasa - The Most Powerful Opponent! Holland Youth

CAPTAIN TSUBASA: THE MOST POWERFUL OPPONENT! HOLLAND YOUTH
Titolo originale: Captain Tsubasa: Saikyu no Tenki! Holland Youth
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Yoichi Takahashi)
Character Design: Nobuhiro Okaseko
Formato: OVA (durata 45 min. circa)
Studio: J.C. Staff
Anno di uscita: 1994

 
Qualche anno dopo la vittoria del Giappone al torneo parigino juniores, la federcalcio nipponica organizza tre amichevoli con la rappresentativa giovanile olandese, per sondare il valore del suo collettivo in riferimento al vicino Mondiale Giovanile. Il Total Soccer dell'Olanda però, che già ha sconfitto la rappresentativa giovanile tedesca di Schneider e quella italiana di Hernandez, sembra invincibile. Gli olandesi annientano due volte il Giappone, ma nella terza partita finalmente entra a giocare anche Tsubasa, in trasferta dal Brasile dove gioca nel San Paolo...

Sesta e ultima produzione non televisiva dedicata al mondo calcistico di Yoichi Takahashi, e dopo i quattro special tv finalmente nel 1994 viene realizzato un episodio che si incastona nella storia ufficiale. Holland Youth è l'adattamento animato dell'omonimo volume speciale del 1993, un prologo al primo seguito ufficiale cartaceo di Captain Tsubasa, la serie di 18 volumi World Youth che  mostra gli eroi del Giappone affrontare nuove nazionali calcistiche nel mondiale under-19. Tankobon che spiega, nella sua pur breve durata, da cosa è originata l'iniziale rivalità tra le due squadre. E ancora una volta, rispetto allo scarso budget della serie televisiva, Holland Youth ne trova, come lo Shin prima di lui, uno ottimo, che permette di dimenticare nuovamente animazioni riciclate, inquadrature statiche e rallenty esasperati: i giocatori si muovono in modo continuativo e fluido sui verdi campi da gioco, facendo assumere contorni (ma solo quelli ovviamente) più realistici al match. Ottime animazioni non rintracciabili solo nelle partite, ma anche negli intermezzi di vita privata dei personaggi.

Purtroppo la moneta non presenta la stessa faccia anche in altri aspetti, sopratutto sotto il profilo narrativo: risulta in questo caso inspiegabile l'inibizione della partita Nankatsu-Toho, disegnata nelle prime pagine del volume e importante ai fini di trama per spiegare come mai Misaki ha perso fiducia in se stesso e gioca in modo mediocre contro l'Olanda. Ma sopratutto irrita vedere che, pur infedele dove gli pare, l'OVA segue invece minuziosamente gli aspetti più ridicoli del fumetto, quelli che avrebbero necessitato di qualche modifica per non sembrare nuovamente grotteschi. Parlo dei risultati dei vari match tra Giappone-Olanda e della ridicola trovata, frutto dell'ignoranza in materia dell'autore, di mettere in eventualità che il portiere Wakabayashi possa scegliere di naturalizzarsi tedesco e giocare con la nazionale crauta quando già in passato ha vestito la maglia nipponica.


Non è ancora finita, perché lo sceneggiatore dell'OVA (il cui nome è purtroppo irreperibile, come buona parte dello staff) riesce anche a mettere vagamente in dubbio la continuity dell'opera con la successiva serie televisiva Captain Tsubasa J e con lo stesso World Youth, inventandosi l'idiozia, assente in originale, di Tsubasa che deve tornare in Brasile per giocare un'amichevole contro la rappresentativa nazionale brasiliana guidata da Carlos Santana, cosa che non può succedere visto che lo conoscerà solo nella finale della Coppa del Brasile. Pollice verso anche per la colonna sonora poco ispirata: incredibile, se si pensa che è stata uno dei più noti punti di forza delle incarnazioni animate di Captain Tsubasa, col ruolo fondamentale di rendere epiche le battaglie calcistiche.

Tolte queste omissioni e aggiunte francamente evitabili, e dimenticandoci per un attimo che il super capitano olandese presentato nel finale, Bryan Kraifort, non lo vedremo mai giocare in animazione (in quanto Captain Tsubasa J non arriverà a trasporre quella parte di World Youth), il prodotto risulta comunque sufficientemente curato e avvincente da risultare un must per gli appassionati del calcio genuinamente spettacolare di Captain Tsubasa. Opera attualmente inedita in Italia, mai trasmessa neppure coi soliti, pessimi adattamenti Mediaset.

Voto: 7 su 10

PREQUEL
Captain Tsubasa (1983-1986; tv)
New Captain Tsubasa (1989-1990; ova)

SEQUEL
Captain Tsubasa J (1994-1995; tv)
Captain Tsubasa: Road to 2002 (2001-2002; tv)

martedì 26 ottobre 2010

Recensione: Captain Tsubasa - World Battle! Jr. World Cup!

CAPTAIN TSUBASA: WORLD BATTLE! JR. WORLD CUP!
Titolo originale: Captain Tsubasa - Seikai Daikessen!! Jr. World Cup!
Regia: Tatsuya Okamoto
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Yoichi Takahashi)
Sceneggiatura: Yoshiyuki Suga
Character Design: Nobuhiro Okaseko
Musiche: Hiromoto Tobisawa
Studio: Tsuchida Pro
Formato: mediometraggio cinematografico (durata 57 min. circa)
Anno di uscita: 1986

 

Cogliendo tutti di sorpresa, la FIFA abolisce il terzo confronto amichevole Giappone-Europa, rimpiazzandolo con un vero e proprio torneo mondiale juniores dove far confrontare, oltre a Giappone ed Europa, anche la rappresentativa continentale del Sud America e la nazionale statunitense che ospita l'evento. Battuti gli americani capitanati dal forte Sylvester Luke, Tsubasa e compagni trovano ovviamente in finale il potentissimo Sud America, forte del portiere Gonzales, della triade di attaccanti Diaz-Victorino-Santana, e dell'allenatore Roberto Hongo...

Siamo nel 1986, il Captain Tsubasa cartaceo di Yoichi Takahashi è appena giunto al volume 21, e devono ancora delinarsi i futuri sviluppi "internazionali" della saga, tra tornei parigini e Mondiali di calcio under-20. Per il quarto special cinematografico lo studio Tsuchida Pro si rimangia l'idea del terzo incontro Giappone-Europa pronosticato nel precedente (e dimenticabile, vista la sua natura di recap) Dash for Tomorrow!, e crea nuove, improbabili amichevoli nippo-centriche dove la nazionale giapponese deve affrontare inedite rappresentative continentali. È l'occasione per lo storico "battesimo" di alcuni dei più significanti rivali calcistici di Tsubasa, che appaiono la prima volta nel film ispirando poi lo stesso autore originale a usarli anche nel manga. È in Junior World Cup! che si fanno conoscere il regista argentino Juan Diaz, il velocissimo attaccante uruguayano Ramon Victorino e sopratutto il bomber brasiliano Carlos Santana, allenato personalmente da Roberto Hongo. Giocatori fortissimi che nel fumetto saranno a capo delle loro nazionali rappresentando nemici temibili, mentre nello special giusto abozzati, non avendo ovviamente tutto l'approfondimento e lo spazio che gli riserverà il mangaka. Ma nonostante questo, pur a fronte di un torneo improbabile tra continenti dal raro senso di ridicolo, il quarto e conclusivo film celebrativo si rivela il migliore della saga, rappresentando il degno epitaffio dello studio che dichiara bancarotta giusto tre giorni prima1.

Nell'arco di poco meno di un'ora il regista Tatsuya Okamoto racconta tre partite piacevoli e interessanti, nonostante un minutaggio non certo eclatante che impedisce di dilungarsi troppo e rende un po' troppo sintetico uno dei match-clou, quello tra Europa e Sud America (con tutte le star in campo ci vorrebbe come minimo mezz'ora in più per dare loro gli giusti spazi). Gli incontri Giappone-USA e sopratutto Giappone-Sud America in compenso sono ben raccontati, coinvolgenti, combattutissimi e dalla lunghezza più che sufficiente per permetter loro di svilupparsi con la dovuta spettacolarità. Qualche giocatore meriterebbe molto più spazio (incredibilmente assurde e al limite della macchietta le figure di Jun Misugi e Kojiro Hyuga, di solito importantissime ma in questo caso evanescenti), ma pretendere risultati eccellenti da un film della durata di un'oretta scarsa forse è effettivamente esagerato.


Non era invece utopistico sperare in un profilo tecnico migliore (animazioni spesso statiche o riciclate, anche se non agli scadenti livelli del secondo film) e in una maggior coerenza nei riguardi delle caratterizzazioni originali dei personaggi, qui, come in passato, al limite dello snaturamento (Genzo Wakabayashi chiede di essere sostituito per aver subito un gol?!). Tirando le somme, però, ci si sa comunque divertire, e, al di fuori delle considerazioni personali sulla folle idea di un torneo mezzo continentale e mezzo nazionale, e sulle solite licenze narrative idiote prese dallo sceneggiatore Yoshiyuki Suga, il quarto film dedicato a Tsubasa è l'unico che valga realmente la pena vedere.

Come nel caso dei primi due film, è impossibile consigliare l'acquisto del dvd box italiano a cura di Yamato Video per vedere Jr. World Cup!. Tale edizione non contempla i sottotitoli fedeli al giapponese, lasciando lo spettatore col solo adattamento italiano mediaset inventato da zero, con nomi cambiati e numerose frasi inventate che cercano inutilmente di collegare l'opera alla continuity televisiva.

Voto: 7,5 su 10

PREQUEL
Captain Tsubasa: The Great European Showdown (1985; film)
Captain Tsubasa: Dash for Tomorrow! (1986; film)


FONTI
1 Francesco Prandoni, "Anime al cinema", Yamato Video, 1999, pag.130

venerdì 22 ottobre 2010

Recensione: Captain Tsubasa - The Nippon Jr. Selection is in Danger! (Holly & Benji - La selezione giovanile del Giappone)

CAPTAIN TSUBASA: THE NIPPON JR. SELECTION IS IN DANGER!
Titolo originale: Captain Tsubasa - Ayaushi! Zen Nippon Jr.
Regia: Norio Yazawa
Soggetto & sceneggiatura: Yoshiyuki Suga
Character Design: Nobuhiro Okaseko
Musiche: Hiromoto Tobisawa
Studio: Tsuchida Pro
Formato: mediometraggio cinematografico (durata 60 min. circa)
Anno di uscita: 1985


La nazionale juniores nipponica è in pericolo! Un anno dopo la sua vittoria contro la rappresentativa europea, quest'ultima, dopo numerosi allenamenti, è pronta a prendersi una memorabile rivincita, volando lei stavolta fino in Giappone. Schneider, Pierre, Hefner e Steve sono più forti che mai, rappresentano una minaccia non da poco per un gruppo orfano di Taro Misaki, Kojiro Hyuga e addirittura Genzo Wakabayashi...

Visto l'evidente successo di The Great European Showdown (1985), sul finire dello stesso anno Tsuchida Pro e Group TAC decidono già di dargli un seguito, a soli cinque mesi di distanza dalla sua proiezione e a quattro da quella del suo remake (il segmento di episodi televisivi n.98-104 della serie animata di Captain Tsubasa). Al nuovo Toei Manga Masuri arriva The Nippon Jr. Selection is in Danger!, e anche stavolta sono giusto dieci minuti quelli che intercorrono tra l'inizio del film e il match di riferimento, giusto il tempo di esaurire i convenevoli tra i capitani ("quest'anno ce la pagherete, vi gonfieremo di gol!") e far imparare a Hyuga, in ritiro/eremitaggio chissà dove, un nuovo super-tiro, appreso dopo aver preso a pallonate un povero aquilotto volante. Ormai assuefatto all'assunto ridicolo di un fattibile match tra la nazionale giapponese e la "continentale" europea, lo spettatore deve nuovamente sospendere l'incredulità in merito, questa volta, anche al motivo per cui Genzo Wakabayashi non può partecipare all'incontro: gli sponsor non gli permettono di farlo perché è sotto contratto da professionista (a 14 anni?) con una squadra di club estera (??). Sono svarioni che fanno ben capire quale fosse, a quei tempi, il livello di cultura dei giapponesi sul gioco del calcio. Appare in compenso nel team nipponico Jun Misugi, assente nel film precedente per un periodo di cure di riabilitazione per il cuore, mentre al contempo sparisce Taro Misaki, disperso in Francia e neanche minimamente cercato dalla Federcalcio nipponica (perché Wakabayashi sì?).

Ridicolaggini e assurdità a parte, The Nippon Jr. Selection is in Danger! è ancora una volta il classico filmetto per fan realizzato con zero idee e anche pochi soldi (animazioni, se possibile, addirittura peggiorate), ma che, come da tradizione, nella lunga durata della partita è sufficientemente appagante per il suo pubblico. Con il suo minutaggio, superiore di venti minuti al predecessore, riesce finalmente a dare il giusto spazio ai super avversari Pierre, Steve ed Hefner (non più solo macchiette per far risaltare la superiorità di Schneider), permettendo di caratterizzare l'incontro con un maggior numero di azioni, parate e gol (di cui uno, sulla conclusione, che rappresenta un discreto colpo di scena per la modalità con cui avviene). La resa più spettacolare del match deve però fare a pugni con una notevole deficienza narrativa: la riproposizione, tale e quale, della trovata di far colpire il portiere Yuzo Morisaki al volto da una cannonata, incutendogli paura del pallone e portando questo alle ovvie conseguenze che ne derivano (idea riciclata senza vergogna dalla prima partita tra Nankatsu e Meiwa, nel torneo delle scuole elementari).


Per il resto, oltre alla partita che racconta, The Nippon Jr. Selection is in Danger! trova il maggior stimolo alla visione in virtù delle improbabili, ridicole invenzioni dello sceneggiatore Yoshiyuki Suga, che permettono di vedere e sentire cose del tutto fuori contesto nell'opera originale di Yoichi Takahashi. Pur proiettato nella stessa settimana in cui si conclude, nella serie TV, l'epica partita tra Nankatsu e Toho del terzo torneo delle scuole medie (si conoscono, quindi, i poteri e le tecniche dei giocatori), il film, ambientato qualche anno prima, mostra un giovane Hyuga apprendere, dopo un duro allenamento, nientemeno che un avveniristico Eagle Shot, lo stesso di cui si impossessa Hikaru Matsuyama nella continuity ufficiale. Apprendiamo in seguito anche che lo stesso ragazzo, in spregio verso le condizioni disagiate della sua famiglia, rinunci alla sua borsa di studio e abbandoni l'istituto Toho per la sola colpa di aver perso contro la Nankatsu (!). Ancora, vediamo Karl Hein Schneider utilizzare un super tiro improbabile e abbastanza ridicolo, il "magico" Desert Mirage Shot, che provoca allucinazioni visive allo sventurato portiere (!), vediamo il portiere Morisaki compiere prodezze particolarmente out of character dal suo ruolo di schiappa, e dobbiamo infine sobirci la terribile idea - già citata, ma è bene rimarcare - del Super Great Goal Keeper che non può partecipare al match perché inviso agli sponsor, perché gioca come professionista all'estero. Si tratta di cumuli di invenzioni demenziali che comunque poco tolgono all'epicità del match, l'unico vero protagonista della "storia" e unico motivo di visione per gli appassionati. Esso, nonostante il low budget, è ben fatto e dalla buona durata, appassionante come al solito, e consente al film di guadagnare la sufficienza necessaria a consigliarlo agli appassionati del mondo calcistico di Yoichi Takahashi.

Del tutto trascurabile (e per questo non verrà commentato) il terzo atto della saga filmica, Dash for Tomorrow!, realizzato ancora una volta a una distanza brevissima dal secondo - giusto tre mesi! - e che, in attesa del quarto, dove il Giappone deve affrontare per l'ennesima volta l'Europa in amichevole (ma il soggetto verrà cambiato all'ultimo momento diventando un ancor più impossibile torneo continentale), mostra i ragazzi allenarsi in attesa di quel momento, ciascuno rievocando mentalmente il suo cammino come giocatore. Insomma, un modo fuorviante per spacciare come film 35 inutili minuti di recap, con svariati flashback, uno a giocatore, che rammentano il valore degli ex avversari di Tsubasa.


Come nel caso del primo film, è impossibile consigliare l'acquisto del DVD Box italiano a cura di Yamato Video per vedere The Nippon Jr. Selection is in Danger!. Tale edizione non contempla i sottotitoli fedeli al giapponese, lasciando lo spettatore col solo adattamento italiano operato da Mediaset, con nomi cambiati e tantissime frasi inventate di sana pianta che cercano inutilmente di collegare l'opera alla continuity televisiva.

Voto: 6,5 su 10

RIFERIMENTO
Captain Tsubasa (1983-1986; TV)

PREQUEL
Captain Tsubasa: The Great European Showdown (1985; film)

SEQUEL
Captain Tsubasa: Dash for Tomorrow! (1986; film)
Captain Tsubasa: World Battle! Jr. World Cup! (1986; film)

giovedì 21 ottobre 2010

Recensione: Captain Tsubasa - The Great European Showdown (Holly & Benji - La grande sfida europea)

CAPTAIN TSUBASA: THE GREAT EUROPEAN SHOWDOWN
Titolo originale: Captain Tsubasa - Europe Daikessen
Regia: Tatsuya Okamoto
Soggetto & sceneggiatura: Yoshiyuki Suga
Character Design: Nobuhiro Okaseko
Musiche: Hiromoto Tobisawa
Studio: Tsuchida Pro
Formato: mediometraggio cinematografico (durata 41 min. circa)
Anno di uscita: 1985


Scontato, che nel 1985 il gran successo di Captain Tsubasa (1983) avrebbe trovato ulteriore sbocco nei classici film celebrativi proiettati al Toei Manga Matsuri; meno, che per l'occasione Toei Animation, produttore della serie, non avrebbe dato alla Tsuchida Pro un budget adatto all'occasione, probabilmente pensando di ottenere il massimo risultato col minimo sforzo. Escono così, nell'arco di appena due anni, ben quattro special cinematografici sugli eroi calcistici di Yoichi Takahashi, tutti complessivamente piacevoli da vedere ma al contempo tecnicamente altalenanti, adagiati sul solito medio/low budget televisivo: destino immeritato per opere che, nonostante le misere aspirazioni artistiche, dovevano esaltare la popolarità del loro franchise! La prima di esse, The Great European Showdown, trasmessa nel luglio '85, è tra le migliori. Ambientata ipoteticamente dopo la fine del torneo nazionale delle scuole elementari (prima che Genzo Wakabayashi e Taro Misaki si rechino a vivere all'estero), racconta di come i migliori giocatori del torneo di Yomiuri Land trovino posto in una rappresentativa nazionale giovanile di calcio. Il team nipponico è quindi invitato a volare a Parigi, ad affrontare in un'amichevole la fortissima rappresentativa giovanile dell'Europa.

Nonostante il ridicolo, ilare presupposto di un match di calcio tra un team nazionale e uno continentale (?!), non si può rinfacciare all'opera di mancare di ritmo. Tolti gli elementi di contorno, giustamente relegati ai soli dieci minuti di presentazione (dove gli immancabili gaijin razzisti giurano agli immacolati eroi di sommergerli di gol), l'intero film si compone unicamente della spettacolare partita. Lo spettatore può godere così di trenta minuti di azione totale in cui non viene mai a mancare la filosofia tsubasiana: parate impossibili, azioni improbabili, rovesciamenti di posizione, gol che si susseguono da una parte e dall'altra, attaccanti e portieri che sono i veri protagonisti del match (e difensori, centrocampisti e CT che è come se non esistessero), buonismo a piene mani  e, ovviamente, i classici, esaltanti motivetti musicali di Hiromoto Tobisawa, che si permettono addirittura due insert song. I tratti più tipici e amati della serie sono rispettati a sufficienza per divertirsi spensieratamente nella pur breve visione dell'opera (40 minuti totali, neanche l'equivalente di due episodi televisivi). Peccato per le animazioni, non troppo dissimili da quelle della serie animata, così come per la qualità analoga raggiunta dal chara design, nuovamente di una semplicità tale da sembrare troppo infantile: sono queste le considerazioni da fare nel rimpiangere la destinazione televisiva della storia.


Tutto sommato, però, il titolo vale davvero la pena di vederlo per gli appassionati, addirittura più per alcune sue curiosità e retroscena che per altro. Proiettato dopo che la serie TV ha appena concluso il primo arco narrativo e il manga è in pieno svolgimento del secondo (il terzo torneo nazionale delle scuole medie), The Great European Showdown svela in anteprima i futuri rivali che la nazionale giapponese affronterà nelle fasi avanzate del fumetto: la prova, palese, o dell'apporto nello staff televisivo dell'autore originale Yoichi Takahashi, che fornisce nomi e indicazioni sulle nuove caratterizzazioni, o del fatto che lui stesso sarà così convinto da quei personaggi inventati in animazione da usarli poi nel suo manga. Quale che sia la verità, nel film trovano i natali El Cid Pierre, capitano della nazionale giovanile francese (anche se qui chiamato solo Pierre e dai capelli castani invece che biondi), il "kaiser tedesco" Karl Heinz Schneider, capitano della Germania Ovest, una versione embrionale del portiere tedesco Deuter Muller (il capellone Hefner) e anche un inedito, possente attaccante inglese, Steve. Quattro star che, da come sono inizialmente presentate, sembrerebbero essere temibili rivali, ma a cui la breve durata del film dà troppo poco spazio per mostrare le proprie capacità, con la conseguenza  che è il solo kaiser tedesco a risaltare, mentre gli altri vengono lasciati a fare da tapezzeria.

Con queste premesse, com'è ovvio, The Great European Showdown si configura come storia del tutto avulsa dalla continuity ufficiale, visto che, come poi si apprenderà dalla trasposizione animata del terzo arco narrativo del manga (New Captain Tsubasa, 1989), non c'è mai stato alcuno scontro tra le due rappresentative, così come non esistono Steve, Hefman e neanche la manager Rika Osawa (embrione di Azumi Hayakawa). Allo stesso modo, sono palesemente out of character i comportamenti che vengono assunti in questo film da alcuni dei giocatori giapponesi, come i fratelli Tachibana che fanno gioco individuale creando problemi alla squadra, o Ken Wakashimazu che accetta tranquillamente l' "onta" di fare da riserva al Super Great Goal Keeper Genzo Wakayabashi - discrepanze ancora accettabili in quest'occasione, ma che aumentano in quantità funesta già nel successivo film,  The Nippon Jr. Selection is in Danger!. È almeno curioso e divertente constatare che, in questo universo alternativo, il CT della nazionale nipponica (Tadashi Shiroyama, in un avanzamento di carriera clamoroso visto che il suo incarico precedente era di allenatore di una squadretta di calcio delle scuole elementari) designa giustamente come secondo portiere riserva il grassissimo e abile Taichi Nakanishi invece dello scarso Yuzo Morisaki, ques'ultimo (Yuzo) sempre preferito, nel manga, per sole ragioni estetiche. The Great European Showdown rimane alla fine un piacevole passatempo per i fan, che hanno modo di divertirsi guardando una partita inedita, spettacolare e, proprio perché creata non dall'autore originale ma da esterni, stravagante nei nuovi personaggi e in curiose situazioni che non si sono mai viste nella storia originale.

Mi piacerebbe consigliare l'acquisto del DVD Box Yamato Video che raccoglie tutti e quattro i film di Captain Tsubasa, ma purtroppo, come spesso accade, alla casa distributrice milanese non è sembrato doveroso inserire sottotitoli fedeli che rendessero giustizia ai dialoghi originali, stuprati dal consueto adattamento nostrano che ha cambiato il nome di luoghi, persone e tiri e, non contento, ha inventato frasi e battute di sana pianta (non mancano impossibili riferimenti alla vittoria del torneo parigino da parte del Giappone, peccato che nel periodo di ambientazione del film questo avvenimento debba ancora accadere).


Curiosità: visto il (probabile) buon successo di questa pellicola, giusto un mese dopo viene inventato nella serie televisiva un riempitivo (il segmento di episodi n.98-104) che, di fatto, si pone come remake del film, ripresentando da capo i suoi personaggi e ipotizzando stavolta, in modo più realistico, che Pierre, Schneider e Steve siano stati conosciuti in un torneo tradizionale tra nazionali e non in un match tra Giappone ed Europa. Nonostante questo rifacimento più sensato, lo staff Tsuchida Pro non rinuncerà comunque, coi successivi mediometraggi, a fornire svariati seguiti alla "prima versione".

Voto: 7 su 10

RIFERIMENTO
Captain Tsubasa (1983-1986; TV)

SEQUEL
Captain Tsubasa: The Nippon Jr. Selection is in Danger! (1985; film)
Captain Tsubasa: Dash for Tomorrow! (1986; film)
Captain Tsubasa: World Battle! Jr. World Cup! (1986; film)

mercoledì 20 ottobre 2010

Recensione: New Captain Tsubasa (Shin Captain Tsubasa)

NEW CAPTAIN TSUBASA
Titolo originale: Shin Captain Tsubasa
Regia: Osamu Sekita
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Yoichi Takahashi)
Sceneggiatura: Satoshi Namiki
Character Design: Nobuhiro Okaseko
Musiche: Osamu Totsuka
Studio: Animate Film
Formato: serie OVA di 13 episodi (durata ep. 30 min. circa)
Anni di uscita: 1989 - 1990

 

La nuova generazione calcistica uscita dagli ultimi quattro anni di tornei nazionali giovanili è pronta ai primi, timidi passi nel palcoscenico del calcio internazionale. Creata una rappresentativa nipponica under 18 con capitano Tsubasa Ozora, l'allenatore Mikami e la Federcalcio giapponese la iscrivono al primo torneo nazionale parigino giovanile, ove parteciperanno anche squadroni del livello di Germania Ovest, Francia, Argentina, Uruguay e Italia. Qui Tsubasa e compagni possono anche finalmente reincontrare e giocare coi loro vecchi amici Genzo Wakabayashi e Taro Misaki, da anni trasferitisi in Europa...

Con le innumerevoli saghe a fumetti di Captain Tsubasa Yoichi Takahashi apre un vero e proprio Vaso di Pandora dalle infinite possibilità creative. La sua creatura, nata con un immenso colpo di genio nel 1981, tra i suoi 37 tankobon e la lunga traposizione animata dei primi 25 porta, nel volgere di pochi anni, a un successo strepitoso di pubblico, rappresentando i primi embrioni della futura riscoperta giapponese di interesse per il calcio che culminerà, anni dopo, addirittura con la nascita della J-League. Un trionfo di proporzioni indelebili derivato sopratutto dalla fortuna dell'adattamento animato, che mostra le peripezie della squadra di Tsubasa in appassionanti, inesistenti tornei nazionali. Cosa succederebbe se questi calciatori venissero messi a confronto col grande calcio europeo? Come si potrebbe sopperire all'ovvia debolezza del calcio giapponese rispetto a quello estero? Risposta che viene data negli undici volumi non trasposti, dove una nazionale giovanile nipponica fortemente ridimensionata affronta alcune delle più forti squadre del mondo in un improbabile torneo parigino. I lettori giapponesi assistono così alle più apocalittiche battaglie calcistiche dell'opera, dove per mantenere la coerenza tsubasiana i portieri imbattibili, i super tiri esplosivi, le azioni impossibili e i giocatori dai poteri quasi magici diventano non più una rarità ma routine assoluta, pronti a rendere ogni match uno scenario di guerra. Spettacolo, però, prerogativa solo di chi ha letto il manga. Si arriva finalmente al 1989, tre anni dopo la serie tv e i film fuori continuity, il momento in cui si decide finalmente di trasporre questo ben di Dio. Finita in bancarotta la Tsuchida Pro, Shueisha, casa editrice originale del manga, designa alle animazioni Animate Film, legandosi produttivamente a MOVIC e Sony. È il momento di New Captain Tsubasa, serie OVA di soli 13 episodi, ma di azione e adrenalina alla massima potenza. 


La sua grandezza, come la versione cartacea, risiede nella capacità di tenere incollata l'attenzione con match pieni di gol e colpi di scena, coadiuvati in questo caso da un eccellente comparto tecnico. Se per ovvi motivi la vicenda portante non può che essere estremamente lineare, è molto ben scritta, preparando con estrema cura e pathos tutte le partite che Tsubasa e compagni devono affrontare. Ci si arriva con un'eccellente cura in tutte le fasi di contorno, sopratutto con la lenta, progressiva e ottimale presentazione dei vari super-rivali che la nazionale nipponica incontrerà nel suo cammino (tutti, ovviamente, capitani delle proprie rappresentative). Se l'ottima preparazione dei match convergesse in partite ancorate ai trascorsi low budget del passato il risultato ne risentirebbe non poco, ma qui brilla l'ennesimo elemento di novità: tenicamente le partite di New Captain Tsubasa sono una meraviglia. Rimossi finalmente i campi di gioco lunghi km, le animazioni riciclate all'infinito e i mille spezzettamenti dell'azione, nella dimensione dell'home video Captain Tsubasa scopre partite veloci, fedeli al ritmo trascinante del fumetto (di cui ogni episodio copre quasi un intero volume), conditi da una rinnovata OST potente e trascinante. Ottime animazioni e un chara fedelissimo a quello del manga, molto più di quello Tsuchida Pro (e il disegnatore Nobuhiro Okaseko è pure lo stesso), fanno dimenticare del tutto la vecchia serie tv, regalando le partite tsubasiane più appassionanti e spettacolari. New Captain Tsubasa è semplicemente la migliore serie animata tratta dal manga culto di Yoichi Takahashi.

Curiosamente, l'opera non copre l'ultimo volume del manga - inutile, focalizzato nel chiudere la risibile storiella sentimentale tra Tsubasa e Sanae -, preferendo fermarsi al termine del torneo parigino. Saggia scelta. Viste le successive, incomplete produzioni animate che trasporranno solo una parte dei vari seguiti del manga, il consiglio è di chiudere qui la visione del Captain Tsubasa animato e recuperarli questi ultimi solo nella versione originale cartacea.

 

Nota: nel caso di quasi tutti i prodotti animati legati a Captain Tsubasa, fuori dal Giappone non esistono edizioni ufficiali adattate in modo fedele. In Italia come in altri Paesi del mondo bisogna sorbirsi il fuorviante adattamento internazionale, comprensivo di nomi di calciatori e squadre ridicolarmente americanizzati, qui intitolato Holly & Benji: Sfida al mondo. L'assenza di alternative ci porta purtroppo a consigliarne ugualmente la visione, usando come riferimento il manga, adattato invece fedelmente, uscito sotto etichetta Star Comics.

Voto: 8 su 10

PREQUEL
Captain Tsubasa (1983-1986; tv)

SEQUEL
Captain Tsubasa: The Most Powerful Opponent! Holland Youth (1994; ova)
Captain Tsubasa J (1994-1995; tv)
Captain Tsubasa: Road to 2002 (2001-2002; tv)

lunedì 18 ottobre 2010

Recensione: Captain Tsubasa (Holly e Benji, due fuoriclasse)

CAPTAIN TSUBASA
Titolo originale: Captain Tsubasa
Regia: Hiroyoshi Mitsunome
Soggetto: (basato sul fumetto originale di Yoichi Takahashi)
Sceneggiatura: Naoko Miyake, Yoshiyuki Suga, Yasushi Hirano, Hideki Sonoda
Character Design: Nobuhiro Okaseko
Musiche: Hiromoto Tobisawa
Studio: Tsuchida Pro
Formato: serie televisiva di 128 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anni di trasmissione: 1983 - 1986



Tsubasa Ozora è un vivace ragazzino di 7 anni con un incredibile talento calcistico come attaccante, il cui sogno è ovviamente quello di far vincere per la prima volta i Mondiali di calcio al Giappone, diventando il più grande calciatore del mondo. Percependo in lui un potenziale enorme, lo aiuta a coltivare la sua ambizione Roberto Hongo, ex attaccante della nazionale brasiliana. Giocando con la squadra Nankatsu della prefettura di Shizuoka, il nostro eroe stringerà amicizia con diversi altri giocatori, tentando con loro di conquistare il torneo nazionale studentesco: la strada sarà dura, gremita di rivali apparentemente imbattibili. Nessuno di tutti questi calciatori immagina che, in futuro, il loro ruolo sarà di rappresentare una grande generazione d'oro del calcio nipponico.

Commentare Captain Tsubasa significa recensire quello che a conti fatti è, insieme a Ufo Robot Grendizer (1975), il più importante simbolo della memoria collettiva italiana in fatto di animazione, e non solo. Parliamo di una delle poche produzioni animate di oltre un ventennio fa capaci ancora di stregare intere generazioni di spettatori, facendoli innamorare del calcio (come asserito da certi individui che di cognome fanno Del Piero, Coco, Zidane, Messi, Nakata e Torres1); un incantesimo che, in madrepatria, insieme all'altrettanto famoso manga originale su cui è basato (serializzato in contemporanea e iniziato nel 1981), arriverà a vantare addirittura un ruolo fondamentale nell'accrescimento di popolarità e qualità della suddetta disciplina sportiva2, permettendo alla misconosciuta nazionale di calcio giapponese dell'epoca di diventare quella che è oggi la più forte rappresentante calcistica dell'intera Asia, in grado di dare qualche grattacapo alle più blasonate nazionali europee e americane.

Il segreto di tanta grandezza, frutto di un unico, immenso lampo di genio dell'altrimenti mangaka di serie B Yoichi Takahashi, è tipico del genere spokon: presentare lo sport con un approccio semi-fantastico, tratteggiandolo come una epica battaglia tra ragazzini-divinità che si contendono il risultato con azioni sportive che travalicano i limiti di fisica, gravità e fantasia; match devastanti dove ogni giocatore ricorre regolarmente a tutte le sue forze, anche a costo della propria vita, pur di poter vincere. Quelle di Captain Tsubasa sono partite fuori da ogni realtà, un mondo idealistico dove non esistono arbitri venduti, calcioscommesse, offside o gioco pericoloso, dove trionfano cameratismo e amicizia, dove il giocatore più falloso si ravvede come un agnellino, moralizzato dall'immancabile protagonista buonista e perfettino, o una finale di torneo può addirittura terminare con la vittoria di entrambe le squadre (prova tangibile che anche l'autore originale non ha grande dimestichezza con le regole dello sport, come del resto dimostrerà più e più volte, ma evitiamo di aprire questa parentesi)... Captain Tsubasa è Evasione, nel suo senso più nobile: pura catarsi e isolamento da ogni noia. Le sue lunghe e magiche partite, con vagonate di gol e tiri dalle mille acrobazie, si rivelano un concentrato incalzante di pathos, emozioni e idee geniali, catalizzatrici supreme dell'attenzione del lettore, e non deve perciò stupire come l'autore stesso sarà così affezionato al suo manga da continuare a disegnarlo ininterrottamente fino ad oggi, dandogli numerosissimi seguiti (considerando anche loro, per ora la saga ha venduto 65 milioni di tankobon nel solo Giappone!3) che concentreranno l'attenzione sulle carriere calcistiche dei suoi personaggi, prima confinate nei campi "anni '80" di un Giappone dove non esisteva ancora la J-League, e ora nei verdi prati della Serie A, della Liga Spagnola, della Champions League...

Come da prassi di quei tempi, lo shounen di successo di Yoichi Takahashi conoscerà quindi un adattamento animato, realizzato dallo studio Tsuchida Pro due anni dopo il suo inizio. Pur con un budget decisamente mediocre, anche in animazione Captain Tsubasa troverà il megasuccesso dell'originale, arricchendosi di enorme popolarità sia in madrepatria che all'estero (principalmente in Italia, Francia e nei paesi sudamericani, tutti e tre per ovvie ragioni legate alla loro cultura sportiva, nonostante la serie arriverà in altre 50 Paesi del mondo): merito della riproposizione di tutti gli elementi vincenti del fumetto e della fedeltà alla trama, a cui si aggiunge una colonna sonora piena di motivetti epici e indimenticabili e una regia che, con largo uso di split screen, rende ancora più spettacolari i match.


Dove non esistono regole o attinenza con la realtà, l'anime come il manga scorre incalzante, la fantasia è sempre sfrenata: i giocatori sembrano correre chilometri e chilometri (da immaginario collettivo il campo da gioco così lungo che neanche se ne riesce a vedere il fondo), sparano tiri capaci di divellere il terreno, dribblano metà squadra avversaria con facilità disarmante, non disdegnano duelli aerei in rovesciata, affrontano autentici portieri-saracinesca che usano i pali della porta come trampolino per balzi... Non c'è davvero limite alle inverosimili quanto gratificanti battaglie tsubasiane, talmente avvincenti da far dimenticare i piatti elementi narrativi messi lì sullo sfondo a cercare vanamente di dare profondità ai personaggi, fondati su melense storielle sentimentali e risibile retorica su sport e amicizia. Lo scarso budget indispettisce (impossibili da contare i ricicli di animazioni e fondali, o i secondi/minuti che scorrono infiniti negli ampi intervalli impiegati dai giocatori per dribblare, passare o tirare, insomma le classiche astuzie per sprecare il tempo e rallentare il ritmo, per ritardare il momento in cui si raggiungerà l'attuale punto del fumetto), ma non toglie un filo di carisma all'esperienza, che è vorace e trascinante - 128 episodi che volano via in un attimo e se ne vorrebbero ancora di più.

Quello che davvero fa guadagnare lo status di "mito" a Captain Tsubasa, simboleggiando uno dei suoi più grandi elementi vincenti, è il suo pantheon di eroi: come in altre storie (Ken il guerriero, Ranma ½), il protagonista banale e saputello è un semplice artificio per far risaltare le caratterizzazioni, ben più interessanti e carismatiche, dei suoi numerosi avversari/comprimari, sempre presentati con grande cura (e, belli e virili, popolarissimi presso il pubblico femminile4, tanto che si parla per davvero dell'anno di nascita ufficiale delle storie incentrate su gruppi di bei ragazzi, o bishounen, e delle fujoshi, ossia le fan femminili che si eccitano fantasticando su inesistenti rapporti omosessuali del cast5), suscitando febbrile attesa per la partita che li vedrà scendere in campo. Con "la tigre" Kojiro Hyuga, "l'artista del campo" Taro Misaki, il "campione di vetro" Jun Misugi, il "Super Great Goal Keeper" Genzo Wakabayashi e moltissimi altri "supereroi sportivi", Yoichi Takahashi traccia personalità indimenticabili, forti di caratterizzazioni tanto parossistiche quanto radicali, al punto da far assumere alle partite i contorni di una moderna Iliade sportiva dove sono di scena scontri tra divinità immortali del calcio, che da sole bombardano le reti di gol quasi uccidendo il concetto di "sport di squadra". Il risultato di quest'amalgama di genio è una serie televiva che trascende i suoi disegni minimali (qualcuno direbbe infantili) e l'irritante comparto tecnico: è pura magia, magia nel creare un universo alternativo dove il calcio, per quanto in antitesi con quello vero, incarna la forma che gli dovrebbe essere più congeniale, quella di uno sport avvincente, sempre combattuto intensamente fino all'ultimo secondo, dove i giocatori danno sempre il massimo facendo assurgere la partita a vero spettacolo e divertimento, con azioni e reti che rendono imprevedibile ogni partita.

Tenendo conto del profondo solco lasciato su generazioni di giovani spettatori (la serie raggiungerà lo share massimo del 21.2%6) e forte dell'immensa influenza che avrà anche in veri ambiti sportivi, Captain Tsubasa, sia manga che anime, non può venire giudicato solamente in base alla storiella di sottofondo e al mediocre aspetto tecnico (in animazione): è in primis un'esperienza da vivere col batticuore, la quintessenza del divertimento e della spettacolarità. Si tratta di una serie estremamente coinvolgente che ha l'unico problema, in animazione, di concludersi dopo aver trasposto i primi 25 volumi del manga: la restante parte arriva qualche anno dopo con New Captain Tsubasa (1989), realizzato da uno studio diverso per effetto del fallimento economico di Tsuchida Pro. Deficitaria anche l'unica parte filler dell'opera, un "sogno" di Tsubasa (il segmento di episodi 98-104) che reinterpreta alcuni avvenimenti e personaggi apparsi nel primo film cinematografico (1985). Suddetti film e rifacimento, come si apprenderà dagli accennati avvenimenti ufficiali che avverranno in seguito, raccontano partite che si scoprirà non possono mai essere avvenute.


Nota: nel caso di quasi tutti i prodotti animati legati a Captain Tsubasa, fuori dal Giappone non esistono edizioni ufficiali adattate in modo fedele. In Italia come in altri Paesi del mondo bisogna sorbirsi il fuorviante adattamento internazionale, comprensivo di nomi di calciatori e squadre ridicolamente americanizzati, qui intitolato Holly & Benji, i due fuoriclasse. L'assenza di alternative (i DVD Yamato Video sono sprovvisti di sottotitoli fedeli) ci porta purtroppo a consigliarne ugualmente la visione, usando come riferimento il manga, adattato invece fedelmente, uscito sotto etichetta Star Comics.

Voto: 9 su 10

SEQUEL
New Captain Tsubasa (1989-1990; serie OVA)
Captain Tsubasa: Holland Youth (1994; OVA)
Captain Tsubasa J (1994-1995; TV)
Captain Tsubasa: Road to 2002 (2001-2002; TV)

ALTRO
Captain Tsubasa: The Great European Showdown (1985; film)
Captain Tsubasa: The Nippon Jr. Selection is in Danger! (1985; film)
Captain Tsubasa: Dash for Tomorrow! (1986; film)
Captain Tsubasa: World Battle! Jr. World Cup! (1986; film)


FONTI
1 Riportato in vari articoli apparsi in diversi siti web. Link principali: http://www.nippon.com/en/views/b00103/, http://www.dailymail.co.uk/sport/football/article-2245925/Fernando-Torres-I-took-football-Captain-Tsubasa.html, http://www.tofugu.com/2013/12/18/captain-tsubasa-and-the-rise-of-japanese-soccer/
2 Pagina web, http://www.tofugu.com/2013/12/18/captain-tsubasa-and-the-rise-of-japanese-soccer/
3 Sito web (giapponese), "Mangazenkan", http://www.mangazenkan.com/ranking/books-circulation.html
4 Francesco Prandoni, "Anime al cinema", Yamato Video, 1999, pag. 124
5 Consulenza di Garion-Oh (Cristian Giorgi, traduttore GP Publishing/J-Pop/Magic Press e articolista Dynit)
6 Wikipedia giapponese di "Captain Tsubasa"

domenica 17 ottobre 2010

Otanjoobi omedetoo gozaimasu!!

Anime Asteroid nasceva esattamente un anno fa, un progetto per la conquista del mondo dell’animazione covato da tempo dal signor Mistè ma che trovava la via del Web soltanto nell’ottobre 2009, con l’aiuto del signor Corà. Un blog spartano ma funzionale, post lunghissimi e immagini enormi, totale inesperienza internettiana, ma, lo speriamo, buona conoscenza della materia trattata.

Le mire sono le stesse di 365 giorni fa, nulla è cambiato, se non il desiderio di proporre recensioni ancora più approfondite e dettagliate, nel nostro addentrarci nella Storia dell’animazione nipponica, quella tanto bistrattata in Italia o quella totalmente dimenticata, e nel seguire i nuovi autori, quelli che la Storia la scriveranno nel prossimo futuro.


Partiti faticosamente in sordina, pochissimi agganci ma tanta voglia di fare, siamo riusciti a mantenere quasi sempre un ritmo di tre aggiornamenti settimanali, e dalle mortificanti dieci visite giornaliere di quei primi tempi siamo passati, in soli dodici mesi, ad averne una media di centoventi/centotrenta, con una crescita costante e velocissima per un blog ancora di modeste dimensioni, di cui noi stessi ci siamo stupiti ben più di una volta.

E se non potremmo mai ringraziare abbastanza i lettori abituali, chi commenta e chi anche solo sbircia ogni tanto (senza di voi, prima di tutto, non avremmo alcun senso), è una grande sorpresa notare come il 70% degli accessi provenga dai motori di ricerca: la maggior parte delle nostre recensioni sono ben visibili nelle pagine iniziali di google, si trovano facilmente e sono cliccate ben più di ogni nostra più rosea previsione. A questo puntavamo, questo stiamo ottenendo, ora non ci ferma più nessuno.

Siamo piccoli e ambiziosi, certo, ma vogliamo fare del nostro meglio, e dare il nostro umile contributo. Così come siamo ben consci di non poter raggiungere mai chissà quale pubblico, d’altronde Anime Asteroid è uno spazio per nerd fatto da nerd, ma così ci piace che sia.

Anime Asteroid è tutt’ora in ristrutturazione, portate pazienza se vedete spuntare gadget nuovi un giorno per poi non trovarli più il giorno successivo, ma, come si suol dire, stiamo lavorando per voi. Nei prossimi mesi non possiamo che migliorare ancora di più, e superare il nostro meglio.

Seguiteci, feedatevi, parlate di noi: grazie ancora a tutti, yatta!

venerdì 15 ottobre 2010

Recensione: Genesis Climber Mospeada (Robotech)

GENESIS CLIMBER MOSPEADA
Titolo originale: Kiko Soseiki Mospeada
Regia: Katsuhisa Yamada
Soggetto: Shinji Aramaki, Hideki Kakinuma
Sceneggiatura: Kenji Terada, Ryo Yasumura, Satoshi Namiki, Sukehiro Tomita
Character Design: Yoshitaka Amano
Mechanical Design: Hideki Kakinuma, Shinji Aramaki
Musiche: Joe Hisaishi, Hiroshi Ogasawara
Studio: Artmic
Formato: serie televisiva di 25 episodi (durata ep. 23 min. circa)
Anni di trasmissione: 1983 - 1984


In un lontano anno 2050 la Terra è invasa da una crudele razza di alieni insettiformi chiamata Inbit. L'umanità non si è però ancora arresa e, sul pianeta Marte, addestra i militari all'uso delle Mospeada, futuristiche moto da corsa all'occorrenza trasformabili in potenti esoscheletri meccanici. Durante una missione di ricognizione intorno alla Terra, una flotta militare umana è distrutta dagli alieni: Stick Bernard è l'unico superstite e, atterrato fortuitamente sul pianeta, inizia un lungo viaggio che lo porterà verso il Reflex Point, la base dei mostruosi alieni da far attaccare ai suoi compagni. Equipaggiato con un solo Mospeada, nella sua odissea incontrerà diversi alleati che si uniranno alla sua spedizione.

Genesis Climber Mospeada
(1983) è un anime dimenticato un po' in ogni angolo del mondo, anche se arrivato in più di un Paese, Italia compresa, come parte dell'insulso Robotech (rimontaggio farlocco, made in USA, di tre anime televisivi robotici di inizio anni '80 senza alcun legame tra loro, Fortezza Super Dimensionale Macross, Mospeada appunto, e Super Dimension Cavalry Southern Cross). Una serie mai commentata da nessuno, che oltretutto può fregiarsi del chara design di Yoshitaka Amano e delle musiche di un ancora sconosciuto Joe Hisaishi (futuro, celebratissimo compositore di quasi tutti i più grandi film Ghibli), solletica facilmente la curiosità: peccato Mospeada sia un orrore. Trattasi, senza dubbi, di una delle serie animate più brutte e involontariamente comiche mai realizzate, in cui convergono, vistose e in numero spropositato, tutte le più grossolane ingenuità dell'epoca. Il risultato, chiaramente fallimentare vista la sua chiusura anticipata in patria per bassi ascolti1, è ancora più trash se si tiene conto dei tanti soldi in esso riversati dal produttore Tatsunoko Productions, alla vana ricerca di un erede spirituale di Macross (1982) capace di bissarne il successo2.

In concreto, Genesis Climber Mospeada è, esclusi il primo episodio introduttivo e le ultime tre puntate, un memorabile susseguirsi di riempitivi di ridicola fattura. Ogni puntata inizia e finisce nello stesso modo: il gruppetto di eroi capeggiato da Stick si trova in qualche luogo imprecisato (ora foreste, ora montagne rocciose, ora villaggi), è attaccato dagli Inbit e fugge; poi, per qualche strano motivo, una volta trovato un riparo cazzeggia per i fatti suoi prima di essere ritrovato dai perfidi alieni, e a quel punto decide di combattere, indossa i Mospeada e vince in un secondo. La trama principale (se davvero si può definire in questi termini, visto che si parla di cinque scemi che non fanno altro che avanzare verso il dungeon finale) è come non pervenuta: oltre 3/4 della serie si compongono di storielle assurde senza la benché minima finalità se non allungare il brodo, la base per alcuni dei riempitivi più demenziali che si siano mai visti. Si può citare ad esempio quello in cui gli eroi, inseguiti nella foresta dai soliti Inbit, dopo aver trovato un rifugio temporaneo stanno tutto il pomeriggio a pescare allegramente (!), trovando anche il tempo di sparare a un povero grizzly innocente che passava da quelle parti (vigliacchi); o quella in cui finiscono per sbaglio in anfratti della Terra abitati da dinosauri riportati in vita dai pestiferi alieni (!); o addirittura quando sognano (SOGNANO) di affrontare un drago sputafuoco vestiti da cavalieri medievali.


Se i riempitivi sono sceneggiati da ubriachi, la caratterizzazione degli eroi e le loro azioni sono quanto di più demenziale a cui si sia potuto assistere in quarant'anni di animazione. Degli elementi del cast che compongono il gruppo, ben quattro non hanno reale motivo per rischiare la vita in quest'odissea, conoscono Stick e per chissà che motivo si uniscono a lui: i nostri beniamini rischiano sempre di morire in ogni episodio e non si capisce cosa li spinga a farlo, addirittura si portano appresso una povera bambina di 12 anni, Mint, infischiandosene dei pericoli che può correre, solo perché mette loro allegria. Tra di loro meritano menzione per idiozia Yellow Belmont e Ray: a dispetto del nome, Yellow si veste complemente di viola ed è così effeminato che nei villaggi si spaccia per una cantante, utilizzando una voce femminile nelle sue canzoni folk (che poi è volgare pop!), salvo tornare a parlare con quella maschile, talvolta per errori di doppiaggio (!); il secondo è uno scapestrato nullafacente che segue il gruppo apparentemente solo per provarci con la bionda Hoquet. Momento topico: lei rifiuta le sue avances con cattiveria e i due stanno a riderci sopra insieme.

Ci sarebbe molto altro da aggiungere, ad esempio parlare di quando Yellow precipita nudo in una cascata e ne esce vestito, di Stick che prende lezioni di nuoto coi vestiti addosso, di Haquet che si ferisce a una gamba e la benda gliela avvolgono intorno ai pantaloni... Se si è avvezzi a un certo spirito goliardico per giudicare un'opera, c'è da divertirsi. Con una strana ricorrenza, poi, quando metà gruppo combatte contro gli Inbit (sempre nell'ultimo minuto della puntata, remember?), gli altri spesso e volentieri si stanno a divertire per i fatti loro; addirittura in un episodio ne approfittano per fare scoppiare i fuochi d'artificio (?!) brindando al nuovo anno mentre vedono i compagni combattere. Da non dimenticare poi che il tostissimo cast possiede una resistenza notevole a qualsiasi temperatura (rimangono in canottiera nelle montagne innevate e seduti con tranquillità sotto un acquazzone), un senso dell'umorismo a livello di quello delle scimmie, una pronuncia inglese eccezionale e un'etica alquanto opinabile (capaci, come sono, di piangere come un eroe quello che fino a un minuto prima era un recidivo assassino, o di reputare vigliacco un povero soldato che fa il suo lavoro di ricognizione). Le regole della ragione, ma anche della biologia e della fisica, sono puntualmente riscritte, puntata dopo puntata, dalla sceneggiatura di Sukehiro Tomita, e la sovversione del creato sembra colpire anche le ambientazioni geografiche, con un continente americano che è composto UNICAMENTE da deserti infuocati e montagne innevate. Certi scenari, poi, come il villaggio/supermercato dentro i ghiacci, addirittura sembrano scavare dall'immaginario fantasy (Yoshitaka Amano sceneggiatore non accreditato?). Meritano infine menzione, ai sensi del "So Bad It's Good", gli ultimi tre risolutivi episodi, cioè quando dopo venti puntate di NULLA fiocca un impressionante marasma di avvenimenti (nuovi personaggi, nascita di più storie d'amore, la riorganizzazione di un intero esercito DA ZERO, un super attacco in larga scala, etc.) che un qualsiasi sceneggiatore degno di tal nome avrebbe snocciolato, coi giusti tempi, in almeno una decina di episodi. Per finire, le sigle, coerenti con la tradizione trash dell'opera, riescono a ben sintetizzarne il contenuto: l'opening funestata da un ridicolo canto in falsetto, la ending una canzoncina rurale da sagra del villaggio.


In tutta questa spazzatura, da salvare c'è giusto il tratto colorato di Amano, semplice, definito e colorato, seppur adagiato sullo stile tradizionale delle sue origini (dimentichiamo, insomma, la sua arte fiorita nel mondo delle illustrazioni, nei romanzi di Vampire Hunter D); le musiche (per quanto si parli di quattro brani discreti ripetuti ad nauseam fino a diventare anch'essi elemento di ilarità); e le decenti animazioni. Mospeada è, poi, pienamente figlio di Macross nel mecha design (il Legioss è praticamente identico a un qualsiasi Valkyrie, mentre gli Inbit ricordano molto gli scarafaggi volanti di Aura Battler Dunbine, uscito otto mesi prima), nell'aspetto visivo e soprattutto nel numero, davvero eccessivo a livelli insopportabili, di brani j-pop ripetuti anche quattro volte a episodio (tutti di qualità orripilante!). Mospeada è una serie che il cuore di chi scrive, più che robotico, vorrebbe segnare come genere comico. Vederlo in quest'ottica, infatti, garantisce notevoli soddisfazioni, al punto che è sempre più forte la tentazione, dopo questo precedente, di creare anche un voto squisitamente Trash per simili visioni. Realisticamente parlando: un'opera che si spera, in definitiva, continui a rimanere confinata all'oblio che si conviene alle porcate. L'OVA conclusivo Love, Live, Alive, del 1985, vanta due primati: è il primo Music Video della Storia dell'animazione (un concerto di Yellow che ricorda i momenti salienti della trama, accompagnandoli con il riascolto di tutti i brani musicali della serie), e anche il primo OVA basato su un anime televisivo dal pessimo esito commerciale a riscuotere autonomamente un ottimo incasso3.

Voto: 3 su 10

SEQUEL
Genesis Climber Mospeada: Love, Live, Alive (1985; ova)


FONTI
1 Mangazine n. 22, Granata Press, 1993, pag. 42-43
2 Come sopra
3 Mangazine n. 3, Granata Press, 1991, pag. 38

mercoledì 13 ottobre 2010

Recensione: Tokyo Godfathers

TOKYO GODFATHERS
Titolo originale: Tokyo Godfathers
Regia: Satoshi Kon
Soggetto: (basato sul romanzo originale di Peter B. Kyne)
Sceneggiatura: Keiko Nobumoto, Satoshi Kon
Character Design: Kenichi Konishi, Satoshi Kon
Musiche: Keiichi Suzuki
Studio: Mad House
Formato: film cinematografico (durata 92 min. circa)
Anno di uscita: 2003
Disponibilità: edizione italiana in dvd a cura di Sony


È impossibile rimanere indifferenti all'affresco di umanità rappresentato da Tokyo Godfathers, terzo film di Satoshi Kon che ne attesta definitivamente la grandezza artistica con uno stuolo di premi e riconoscimenti internazionali. Per chi scrive, ciò che colpisce maggiomente del compianto autore è la fiducia incrollabile che ha fino alla fine nella vita e nelle virtù morali dell'uomo: nelle sue storie la società industriale, sia essa opprimente (Perfect Blue) o intollerante (La Stirpe della Sirena, Millennium Actress), non riesce mai a estirpare i sentimenti più nobili dell'essere umano, che ne sia un ingranaggio o addirittura schiavo. E Tokyo Godfathers, pur film di degrado, di sporcizia, di intolleranza, e di tutti quei tratti che caratterizzano l'altra facciata della moderna società del consumo, è film sulla speranza, sull'amore, sul cameratismo, sulla fiducia nei sentimenti virtuosi.

Settimo adattamento filmico - il primo nipponico - del famoso romanzo The Three Godfathers di Peter B. Kyne, Tokyo Godfathers è la storia di tre straccioni: Gin, barbone acolizzato, padre di famiglia decaduto; Hana, travestito emarginato; e Miyuki, ragazzina ribelle fuggita di casa. Tre malandati individui che hanno perso tutto e vivono di espedienti per arrivare al giorno dopo, dormendo tra rifiuti e litigando con altri reietti per il possesso di cibo. La notte di Natale trovano una neonata abbandonata nella spazzatura. Decidono insieme di cercare i suoi genitori, esplorando l'immensa metropoli di Tokyo. La loro odissea, seppur scandita da amara ironia, sarà un viaggio nel lato più nascosto della moderna civiltà: alle prese con yakuza, bar di travestitismo, teppisti violenti, e, sopratutto, il disgusto e l'intolleranza del borghese medio. Eppure, alla fine, la violenza e i pregiudizi che li colpiscono non li portano mai a desistere dal loro proposito, e in un trionfo di umanità continuano la loro apparentemente impossibile impresa. Più che una storia, Tokyo Godfathers è la glorificazione della nobiltà d'animo dell'essere umano: nessuno costringe Gin, Hana e Miyuki a cercare i genitori della piccola Kiyoko (nome provvisorio dato alla piccola), ma pur non avendo niente da guadagnarci e neanche da perdere, decidono di compiere un'azione valorosa affinché anche la loro miserevole esistenza abbia un perché, riuscendo a ritagliarsi il ruolo di eroi e a fare finalmente i conti con il proprio passato.


Un film drammatico nel suo background, ma scritto coi toni della commedia, brioso e in più punti divertentissimo grazie alla simpatia degli eroi, ai loro battibecchi e alla fantastica pantomina. Un altro lungometraggio, come quello precedente, che ha il pregio, enorme, di raccontare una storia d'effetto che fa ridere, commuove e rende felici senza inventarsi chissà che vicende improbabili o sensazionalistiche, ma premendo il pedale sulla forza del racconto, sul sense of wonder, sui sentimenti, sulle caratterizzazioni. Contenutisticamente è il lavoro filmico più in sintonia con l'ottimismo e la buffa ironia del Satoshi Kon mangaka (basti vedere il tenore dei racconti che formano il volume L'eredità dei sogni, pubblicato in Italia da Planet Manga), seppur distantissimo, dal punto di vista formale, da Perfect Blue e Millennium Acress. Rispetto loro Tokyo Godfathers è diretto in modo più tradizionale e, pur non abbandonando abituali tecniche cinematografiche, abbandona del tutto le famose sequenze visionarie marchio del regista, forse per permettere maggior immediatezza nella trama o anche solo per mire più internazionali del film.

Rimane una gemma, che con i classici disegni meravigliosi di Kon, la splendida fotografia e le animazioni magistrali di Mad House si erge facilmente a miglior lungometraggio d'animazione nipponico del 2003. Insieme a Millennium Actress, il must see per eccellenza di Satoshi Kon.

Voto: 9 su 10

lunedì 11 ottobre 2010

Recensione: xxxHOLiC

xxxHOLiC
Titolo originale: xxxHOLiC
Regia: Tsutomu Mizushima
Soggetto: (basato sul fumetto originale delle CLAMP)
Sceneggiatura: Ageha Ohkawa, Michiko Yokote
Character Design: Kazuchika Kise
Musiche: S.E.N.S.
Studio: Production I.G
Formato: serie televisiva di 24 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno di trasmissione: 2006

 
Kimihiro Watanuki non è un ragazzo come gli altri: possiede un odiato potere che gli permette di vedere gli spiriti, creature che solitamente strisciano invisibili tra gli umani. Conosciuta la strega Yuki, tanto affascinante quanto bizzarra, Watanuki scopre di non essere l’unico a disporre di un simile potere/condanna. La donna gestisce infatti una singolare bottega dove si esaudiscono i desideri in cambio di un prezzo equo. Watanuki comincia così a lavorare per lei per potersi permettere la "guarigione" e, tra una missione soprannaturale e l’altra, sarà costretto a soddisfare le voglie culinarie, mai sazie, di lei...

Spiriti nipponici, negozi occulti, un protagonista sfigato che si ritrova suo malgrado dotato di una vista ultraterrena, l'amato/odiato chara sproporzionato delle CLAMP… Gli spunti di partenza di xxxHOLiC non sono certo materiale accattivante per il navigato consumatore d’horror, argomenti troppo inflazionati, poco curiosi (uno sfruttamento del soprannaturale alquanto scontato). Se a questo aggiungiamo una versione animata più edulcorata rispetto al manga originale del 2003 – via i momenti più tetri e le sequenze più cattive, via anche i riferimenti ad altre opere CLAMP come Card Captor Sakura (2006) e il manga gemello Tsubasa RESERVoir CHRoNiCLE (2003)–, l’opera di Tsutomu Mizushima, successiva a un film film tutto sommato fedele alle atmosfere del fumetto (xxxHOLiC Il Film - Sogno di una notte di mezza estate, 2005), si mostra già in partenza deficitaria e relativamente interessante.

Diamo però atto al papà di Bludgeoning Angel Dokuro-chan (2005) di aver comunque confezionato un prodotto capace di nascondere la latente qualità per mezzo di un buon lavoro sui personaggi: la permalosità di Watanuki che sconfina spesso nell’isterismo rabbioso, il suo essere piegato al buffo sfruttamento culinario/lavorativo da parte di Yuki, le continue battaglie contro l’irremovibile rivale Domeki per il cuore della bella Himawari, lo rendono figura di piacevole compagnia, leader di un simpatico quartetto a cui è davvero facile affezionarsi. Si respira una pregevole aria di quotidianità, in xxxHOLiC, fattore che, nonostante l’insistente struttura episodica e la ripetitività delle storie, rende le atmosfere dell’opera molto vicine allo spettatore: il tempo che passa, la crescita dei personaggi, il rafforzarsi dei loro rapporti è egregiamente rappresentato, ora in maniera ironica ora più concreto e realistico, diventando di fatto unico, vero punto qualitativo dell’anime. Il resto è una serie di storielle non troppo invitanti di spiriti, fantasmi e mostri, che sanno farsi piacere soltanto nella prima metà dell’opera perché, pur nella loro semplicità, mostrano una buona organizzazione, un discreto intervento del soprannaturale e una felice risoluzione della faccenda, elementi che invece diminuiranno con il prosieguo della serie a causa di un uso eccessivo di cliché soprannaturali, creature ectoplasmatiche e una generale mancanza di mordente, necessaria al fine di aggrapparsi all’opera e sorbirsela sino alla fine senza sbadigliare.


L’allungamento fisico dei personaggi tipico delle CLAMP sforma i protagonisti di xxxHOLiC dando le assurde impressioni che siano alti almeno tre metri, e non sempre questa scelta stilistica si rivela vincente: il consiglio, a questo punto, anche per smorzare l’impatto visivo, è di guardarsi il primo, buon episodio ma, prima di proseguire, tenere a mente che gli altri 23 saranno tutti uguali.

Voto: 5,5 su 10

SEQUEL
xxxHOLiC Kei (2008; TV)
xxxHOLiC Shunmuki (2009; serie OVA)
xxxHOLiC Rō (2010; OVA)
xxxHOLiC Rō Adayume (2011; OVA)

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